Libera di vivere

Sonia, come tante ragazze, sogna un amore. Finalmente incontra il suo “lui”, si frequentano, ma quando la mamma leggendo il diario viene a sapere del suo primo rapporto sessuale anche in quella circostanza non consenziente, la manda fuori casa senza nemmeno un vestito: potrà rientrare solo dopo che lui l’avrà sposata. In fretta fanno i documenti, viene fissata la data delle nozze e la mamma la fa rientrare, ma non sa che quell’essere diventerà il peggior incubo della figlia.

Purtroppo, fino a qualche decennio fa c’erano ancora genitori che pur di non vedere la figlia “disonorata” avrebbero venduto l’anima al diavolo. Ho chiesto più volte per quale motivo non avesse chiesto l’aiuto dei familiari, e lei mi ha risposto che non aveva il coraggio di confessare i maltrattamenti, che la mamma non le avrebbe teso la mano e che il padre era succube di quest’ultima, “sono riuscita persino a perdonarla in punto di morte, perché mi ha chiesto scusa...”, mi confessa.

E se ci fosse stata Sonia in quel letto destinata a morire, a lei, chi avrebbe chiesto scusa? Nessuno. Tutti con la testa sotto la sabbia pur di non vedere né sentire, ecco la nostra società, e lei inizia a raccontarsi cosi: “Dopo ventisei anni di soprusi, violenze carnali, fisiche e psicologiche, se ne può uscire, basta volerlo. Ci vuole coraggio: quando ti minaccia giornalmente, quando sei sola con un figlio e non sai dove andare, non hai amici, non hai nessuno, perché lui ti ha isolato da tutti. Devi difendere anche il tuo pargolo, non hai altra scelta che avere come amica la paura. Avevo la convinzione che sarei uscita morta da quella casa. Ho pensato di porre fine alla mia vita, però il pensiero del mio bimbo mi fermava, lo avrei lasciato da solo, indifeso davanti a un “Orco” che dal libro delle favole era arrivato in carne e ossa da noi. Un giorno ho preso coraggio ed ho detto: devo provare a ribellarmi. La causa scatenante: ho trovato nel suo giacchetto tre cartucce di fucile, rammentando che mio suocero era un cacciatore, sono andata a fare l’esposto presso le autorità competenti per i maltrattamenti e per la paura di essere uccisa. Dopo la perquisizione, rinvengono nella casa paterna due fucili, il terzo lo troveranno ‘nascosto’ tempo dopo in una macchina, pronto e pulito per essere usato.  È dal 2011 che sto denunciando, ho pregato che qualche donna me lo portasse via, ero diventata enorme per non farmi toccare sia fisicamente che sessualmente, ma anche con un corpo sformato lui non demordeva, le violenze erano giornaliere. Purtroppo mi aveva plasmato, voleva che nessuno posasse gli occhi su di me. Mi ha rubato l’identità, per tutti questi lunghissimi anni. In macchina mi girava il viso se guardavo dal finestrino e non dal lunotto anteriore, mi diceva di sorridere, perché tutti dovevano vedere che ero felice, che mi trattava bene, tutti lo stimavano. Spesso, i vicini mi sentivano urlare perché la sofferenza era molta ed il dolore subito per le violenze mi lasciava solo uno sfogo: le urla. Passavo per pazza, tutti si chiedevano cosa io avessi nella testa, tutti mi giudicavano come una persona instabile e compativano il mio carnefice che se la rideva, sornione, sotto i baffi, perché lui sapeva bene il motivo delle grida. Nessuno si era mai accorto della mia atroce sofferenza”.

Poi, continua : “Mio figlio è seguito da dottori specializzati perché soffre di attacchi di panico, sono già tredici anni che è in cura. Ricordo quando i giudici lo volevano sentire in tribunale ed io mi opponevo con tutte le mie forze per proteggerlo, aveva solo sedici anni e già aveva visto e sentito troppo, sebbene io cercassi sempre di subire per non fargli scoprire una realtà ancor più dura di quella che stava vivendo. Scoprii invece che sapeva molto, forse troppo”.

Sonia non riesce a farsi aiutare da psicologi, lei racconta e scrive la sua vita, il suo calvario, ancora piange nel ricordo, la ferita è troppo viva, andrebbe troppo nello specifico con i dottori e lei vuole che si sappia solo una parte delle violenze subite, non potrebbe rivivere tali shock. Vuole gioire e sentirsi libera ora, incontrare se possibile una persona che la sappia valorizzare come donna, non sa cosa significhi fare l’amore con qualcuno.

“Sono stata sempre violentata, ma credo nell’amore e negli uomini, perché non sono tutti uguali”. Sonia ha un grande cuore, un grande coraggio, non odia il suo ex marito, durante la prima notte di detenzione pensava a lui, aveva paura avesse freddo, aveva paura non mangiasse... Viene condannato a più di sette anni di reclusione, ed a moltissimi euro di risarcimento danni, che ovviamente non sta scontando. La detenzione è stata abbreviata a soli due mesi, non sta pagando quanto stabilito come risarcimento danni a Sonia, sebbene percepisca anche un affitto. Sonia una sera mentre passeggiava vede il suo aguzzino, nessuno le aveva detto che sarebbe stato scarcerato, lo ha scoperto da sola. Gli avevano concesso gli arresti domiciliari, evidentemente non rispettati.

Sonia mi racconta che l’uomo le mandava fiori, cioccolatini, si fermava a parlare con la mamma e la suocera, come se niente fosse. Dopo i due mesi di arresti domiciliari (si fa per dire) torna libero, ma con il divieto di avvicinamento alla casa coniugale. Non rispettò questo divieto e, dopo l’ennesima denuncia da parte di Sonia, gli fu imposto di non avvicinarsi a meno di cinquecento metri dalla residenza della moglie e del figlio Roberto; paradosso, vive a duecento metri dall’abitazione dove risiede tutt’oggi. Ovviamente, impaurita, richiama i carabinieri che purtroppo non riescono a risolvere il problema… “Anche oggi quando esco mi guardo intorno, ho paura”, dice. Nel mentre finisce anche il divieto di avvicinamento e lui va a trovare la mamma che abita nello stesso stabile dell’ex moglie. A luglio ci sarà l’appello, perché dopo tutte le violenze, tutti gli abusi sessuali, ancora si deve decidere. Si andrà, sicuramente, anche in Cassazione. Mi auguro solo che non ribaltino la sentenza”.

Infine, mi dice: “In Italia ci vorrebbero leggi e pene più severe per queste persone. Mi spiace sottolineare che nessun provvedimento è stato preso dalle autorità competenti per sottoporlo ad una terapia idonea con dottori specializzati. Io non lo odio, lo ripeto, l’unica persona con la quale provo del risentimento è la mia ex suocera, dato che lei aveva il dovere di correggerlo da piccolo sottoponendolo alle giuste terapie. Se penso che dopo il pestaggio nei miei confronti e a quello di mio figlio chiamavamo l’ambulanza e lei non si affacciava mai a vedere cose fosse accaduto. Ora è passato, io e mio figlio sorridiamo alla vita, ed io sorrido anche sul passato, ma non perché sono folle ma per proteggerlo ancora, per alleviargli la sofferenza, ma solo io so cosa ho dentro. Quando penso a cosa significhi la parola casa, mi viene in mente il luogo dove risiede l’amore e vengono creati i ricordi, dove arrivano gli amici e la famiglia è per sempre, invece io e mio figlio viviamo nello stesso appartamento, ormai distrutto dalla sua ira, perché, prima di picchiare me, lui rompeva tutto, non ho termosifoni, non ho porte, da poco mi sono concessa una nuova rete per dormire, non ho grandi entrate economiche. Purtroppo non sono riuscita ad accantonare risparmi, perché per fare la spesa lui mi dava soldi contati e solo dopo aver avuto rapporti particolari. Ero la sua prostituta: mi sventolava il denaro sul viso, anche davanti a mio figlio piccolo; diceva: quanto vuoi per venire con me? Alzavo il prezzo, perché dovevo stare al suo gioco, altrimenti l’inferno si scatenava, mi chiedeva prestazioni particolari, che poi finivano in violenza carnale”.

Oggi Sonia è una donna libera, serena e felice, ringrazia e perdona la mamma che l’ha temprata facendola crescere forte, perché solo così è riuscita a vivere. Alex Britti l’ha inserita nel suo video dove canta “Perché” contro la violenza sulle donne. Sta fondando un’associazione per donne maltrattate che si chiama “Libera di Vivere”, e sta scrivendo la sua nuova vita, le sue sensazioni, ciò che ha vissuto e ciò che vive da donna libera. Da pochi giorni ha saputo che il suo aguzzino è stato condannato anche in Cassazione a sette anni e dieci mesi, ma purtroppo è ancora a piede libero, continuando ad infastidirla con regali quali latte, biscotti, cioccolata, il tutto lasciato sul portone di casa.

Solo una riflessione, ma se anche l’ultimo grado di giudizio lo ha confermato colpevole, perché ha ancora la possibilità di infastidirla così? Ha addirittura una condanna a due anni per stalking che si “dovrebbe” aggiungere; delle volte si rimane stupefatti, ma purtroppo ancora nessuno riesce a portarlo via per non nuocerle più .Se volete soddisfare la vostra curiosità ed avere maggiori dettagli della vita di questa donna coraggiosa potete trovarla su Facebook: Sonia Di Giuseppe.

 

Aggiornato il 20 giugno 2019 alle ore 15:52