Bordin outline

“E mo’, io che faccio?”. Voglio dire, come inizierò la mia mattinata senza ascoltare almeno la lettura delle prime pagine della “Rassegna stampa di Radio Radicale” condotta da quell’affilato signore che era Massimo Bordin? L’unico forse che, per smentire o sconfessare qualche suo incauto e impreparato interlocutore, era capace di andare a ritrovare ricordi, fatti, dichiarazioni e un bagaglio quasi illimitato di citazioni letterali (che costituiscono il giacimento documentale della memoria moderna di cui fin troppo numerosi nostri colleghi non hanno più cura), ripescandoli a sorpresa nel fondo del barile della memoria perduta di questo politicamente ed eticamente assai disastrato Paese. Perché, poi, Lui la trovava sempre l’obiezione fondata! Oh se la trovava! Bordin è stato il solo in grado di arrestare l’effluvio sproloquiante di Marco Pannella, per cui non si capiva mai chi facesse da spalla all’altro. Un tipo, Massimo, che non si faceva scrupolo della massima antipatia per tutto ciò che violava la sua personalissima “Bordin outline”, una sorta di perimetro bordato di rosso trotskista avvolto da una fitta e densa nuvola di fumo di tabacco (vedi la gara sconsiderata con lo stesso Pannella per chi tra loro due tirasse prima le cuoia tentando di fumarsi l’intero monopolio dello stato!), al cui interno convivevano libertarismo, giacobinismo e cosmopolitismo.

Leggeva sempre tutto ciò che gli era gradito come il suo esatto opposto: in questo caso però con incisi perfidi e sottolineature dolorose, intrusive e secche come un bisturi sulla piaga. Terminata poi la lettura sgradita, passava poi oltre, con un.. “e vabbè...”. Qualche volta mi trovavo a imprecare nemmeno tanto educatamente contro quei suoi continui colpi di tosse (“Oh, ma insomma, curati!”) che interrompevano anche per alcuni minuti il filo di un discorso giornalistico. Perché il suo ascolto necessitava sempre di grande attenzione e rispetto per le opinioni altrui, elementi questi ultimi che la sua voce roca teneva sempre attivi grazie a una straordinaria capacità di sintesi che consentiva a lui, e quindi anche a noi che lo seguivamo, di non smarrire lungo la strada i passaggi fondamentali di editoriali e interventi anche piuttosto lunghi. Quando lo sentivo tossire in quel modo mi prefiguravo gli scenari peggiori, avendo avuto un lungo e affollato calvario di famiglia a proposito di lutti avvenuti dopo lunghe e dolorose malattie di grandi fumatori, come mio padre e i suoi fratelli. Ma loro erano i figli sopravvissuti della guerra peggiore e più atroce che abbia attraversato la storia dell’uomo.

Quel modo compulsivo di mostrarsi sempre in pubblico e in privato con la sigaretta perennemente accesa tra le dita sapeva di trincea infinita, dove il mondo di fuori è sempre più cattivo di ciò che si immagina. Massimo era una canonica sconsacrata in cui si celebrava ogni mattina il rito laico della libertà di espressione e di opinione. Partigiano sì, certo, avendo fatto una volta per tutti la sua scelta di campo. Ma era un convinto volteriano per cui esistevano solo avversari e mai nemici politici da abbattere con la violenza. C’è infatti chi si.. fuma la vita e chi il cervello. Lui aveva scelto con razionalissima incoscienza la prima strada. Quella che non ha bivio e termina con un segnale a “T”. I suoi avversari non si sono mai risvegliati con l’incubo della persecuzione intellettuale e politica ma, semmai, hanno potuto liberamente inalberarsi dinanzi alla sua imperturbabile non-challenge mentre li colpiva al cuore con parole fredde e rauche! Stando alla Bordin Outline, in politica ci si infuria ma si continua a discutere perché non è mai un bene la scomparsa del contraddittore o dell’oppositore. Non si hanno idee sbagliate ma “diverse”: alcune che non sono in alcun modo condivisibili, altre più in linea con le proprie convinzioni. Il male semmai sta nel non sapere o volere spiegare le posizioni per le quali si rivendica la proprietà o la condivisione. Massimo invece era un perfetto “spiegatore” di sintesi: quasi un farmaco, insomma per la cura della bulimia dell’intolleranza e dell’affabulazione di cui questa epoca più di tutte le altre si è profondamente ammalorata. Con Massimo si è avverata e affermata una particolare dittatura della minoranza, quella cioè che si rifiuta di restare.. senza pensiero! Come non ricordare quei suoi frequenti incisi, inciampo della lettura, a volte urticanti ma sempre disarmanti come tanti caschi blu messi là a presidiare i confini immaginari del pensiero libero?

Ciao, Massimo! Mi mancherai moltissimo!

Aggiornato il 18 aprile 2019 alle ore 14:56