Pescatore, “sceriffo” e commercialista

Col parco, la piscina e il suo aspetto romantico, l’hotel è impeccabile e col suo mare e le sue scogliere, il posto è la bella isola d’Elba, dove sono in vacanza. All’alba del terzo giorno, mentre tutti dormono, vado a fare un giro in auto. Una quindicina di chilometri ed eccomi sulla banchina di Porto Azzurro. Le barche dei pescatori sono via. Penso che sono partite, invece scruto il mare e le vedo di ritorno; sono poche e arrivano poco affossate nell’acqua, per l’esiguo carico di pesce.

«Buongiorno - dico a un pescatore - vorrei...»

«Devo correre al mercato - risponde - può seguirmi?»

«Certo».

Saliti su una vecchia “Ape”, raggiungiamo il mercato in pochi minuti e lì, centoventitré chili di pesce, pagati qualche decina di euro. Tornando indietro, ecco l’immancabile vigile urbano. Siamo in due, non si può; quasi cento euro di multa.

«Porto il pesce su questa strada da più di vent’anni - dice il pescatore».

Cerca comprensione, ma lo “sceriffo” ha già staccato il verbale. Ovviamente pago io, ma m’interrogo sull’esosità della multa. È la norma, certo, ma la norma è fatta dagli uomini e non è Dio. Giunti alla banchina, il pescatore molla di nuovo gli ormeggi della piccola barca che lo porta via.

«Dove va?»

«A Forte Focardo - dice - a tirare su le reti che ho gettato ieri pomeriggio»

«E quando va a dormire?»

«Mai»

«Posso venire a pescare con lei?»

«Certo - risponde - questa sera alle nove o questa notte alle tre».

Riprendo l’automobile e mi avvio all’hotel, sapendo che ritornerò. Alle ventuno, io, lui e la barca a motore che rimorchia una piccola lampara, siamo per mare. Dopo un paio di miglia, messo in folle il motore, tira la cima della lampara al traino, vi salta dentro, accende un piccolo motore e la luce, di colpo, rende trasparente l’acqua intorno. Poi cala l’ancora della lampara che rimane accesa ad attrarre il pesce, mentre noi risaliamo sulla barca a motore e ci allontaniamo. Alle ventidue e quaranta siamo in banchina.

«Vada a dormire un po’ - gli dico - ci vediamo alle tre».

Ripartiamo e alle tre e mezza gettiamo le reti intorno alla lampara che abbiamo raggiunto di nuovo: poi, qualche tempo a disposizione, ci permette di “sfamarci” con un panino.

«Mi racconti qualcosa, dico».

Poteva parlarmi di qualunque cosa, ma il pensiero corre allo “sceriffo”.

«Ne hanno sempre una, anche in mare; ci portano via intere giornate di lavoro. Per i quattro pesci che prendo, devo tenere anche il commercialista. Ho cinquantasei anni e mi hanno stancato».

Alle cinque e mezza, mentre lui va al mercato e io all’hotel, sento un’angoscia che mi rattrista; un altro esempio di serenità e di libertà uccise.

Aggiornato il 18 aprile 2019 alle ore 13:45