Radio Radicale e la decapitazione della libertà

Voler chiudere Radio Radicale è doloroso anche per chi vive in un Paese democratico ed è abituato a veder sbattere in faccia porte chiuse e siluri di varia natura, solo perché ha una visione altra per la sua terra natia, l’Iran. Doloroso e va al di là di ogni sopportazione sentire l’annuncio sbrigativo di un sottosegretario, che trasuda cinismo rivendicativo, di voler porre termine ad un’emittente completamente libera, forse per questo non priva di difetti. Questo per dire che errare è umano, ma perseverare ad essere liberi è sacro; una sacralità di cui Marco Pannella era il suo laico profeta. L’Europa, l’Italia, non vivono certo un buon momento democratico. L’Italia è fragile, lo è anche per la sua stampa che quando non diffonde il mainstream o il gossip, è troppo attenta ai cosiddetti poteri forti.

Ma Radio Radicale non guarda in faccia a nessuno, anzi mi correggo, guarda spesso e volentieri la faccia di chi non ha voce. Presta orecchio alle lingue tagliate o ignorate. Se la grande stampa persegue il suo obiettivo, il progetto di Radio Radicale è dar voce a tutti, perché tutti hanno il diritto di essere quel che sono e di non essere ignorati. L’indifferenza che contraddistingue l’Italia che conta non abita in Radio Radicale. Se i mass media guardano i senza voci dall’alto, quando li guardano, Radio Radicale li guarda negli occhi, così come fa con gli abitanti dei Palazzi, questo non poco. Certo si può ammazzare Radio Radicale come hanno ammazzato Pier Paolo Pasolini, solo che così s’impedisce ad una nazione di diventare adulta e far rimanere fanciulla e quando va bene eterna adolescente. Se ora l’antipolitica va di moda, questa pannelliana emittente è Politica eccome. S’appassiona ma non s’infatua. Detesta ma non odia. Sa di bucato e geneticamente incapace di corruzione. Lo dice la sua storia, che in questi giorni è stata raccontata in lungo e largo, e qui non stiamo a ripetere. Radio Radicale è un rompi coglioni nazionale, come lo era Marco Pannella; d'altronde, come dovrebbe essere un organo di informazione, se vuole essere il Quarto potere e non la quinta colonna? Diceva Confucio che quando le parole perdono il loro significato gli uomini perdono la loro libertà, ma quando tolgono del tutto la parola, cosa succederà agli uomini?

La piccola e preziosa esistenza di Radio Radicale è davvero il banco di prova del Governo sulla libertà d’espressione, non ci sono dubbi. Da molto tempo l’Occidente non brilla per i suoi politici, ma assassinare la piccola e ineguagliabile Radio Radicale supera ogni malefica immaginazione. Soprattutto se si considera il finanziamento ad essa concesso di fronte al fiume di denaro dei contribuenti che intasca dal canone la mamma Rai, che per noi è stata solo una matrigna che ci ha sempre ignorato, quando non ci ha travisato. Mentre siamo sollecitati a procedere a fari spenti, Radio Radicale, può non essere un faro, ma almeno una torcia lo è di sicuro.

Ecco bisogna fermarci qui. Tuttora è difficile credere che il Governo possa arrivare a tanto, ma se dovesse decidere di chiudere la bocca a Radio Radicale, bisogna trovare un altro modo per tenerla viva. Sostenerla con i nostri contributi, diffusi e popolari. Ci saranno alcune migliaia di cittadini che sapranno comprendere il ruolo incomparabile della piccola emittente di via Principe Amedeo n. 2? Forse sì.

Al termine di scrivere queste righe arriva la notizia della morte di Massimo Bordin, in disaccordo totale con lui sull’Iran, ma lascia un voto e ci mancherà a tutti.

Aggiornato il 18 aprile 2019 alle ore 09:08