La Rai va Piano

venerdì 8 marzo 2019


Ai vertici della Federazione nazionale della stampa e del sindacato Rai non piace il piano industriale approvato con 5 voti favorevoli, e i due contrari di Rita Borioni e Riccardo Laganà, il consigliere eletto dai dipendenti.

Vale anche la pena di ricordare quando nel novembre del 2015 il consigliere Arturo Diaconale bocciò la candidatura di Carlo Verdelli come direttore editoriale per l’offerta informativa dell’azienda di viale Mazzini.

Il confronto tra il sindacato Usigrai e l’amministratore delegato Fabrizio Salini si preannuncia aspro. Il problema di fondo sollevato è la mancanza di certezze in ordine alle risorse e in secondo luogo l’ipotesi di accorpamenti come la Direzione unica di approfondimenti quando, osservano i sindacati, è ancora “in vigore la legge Renzi che ha posto sotto il governo il controllo della Rai come ha dimostrato l’inquietante incontro dell’ad e del Presidente Rai con il Ministro dell’Interno”.

In verità all’epoca anche Renzi da premier di Palazzo Chigi incontrava l’allora direttore generale Antonio Campo dall’Orto. Fa comunque bene l’Usigrai a dichiarare che “senza il confronto con redazioni e sindacato non potrà esserci nessuna novità nel settore delle news”.

Va ricordato, infatti, che i precedenti piani predisposti da Gubitosi e da Verdelli non ebbero esito positivo. In questi giorni l’umore dei lavoratori dell’azienda è “pessimo”, stando a quanto si dice nei lunghi palazzoni di Saxa Rubra. Si osserva che ancora una volta si vara un piano industriale non tenendo conto delle risorse umane.

Nelle bacheche sindacali si fa osservare che centinaia di persone lavorano con finti contratti atipici e con contratti che non corrispondono al lavoro che fanno. Continua la piaga degli appalti, delle produzioni esterne “chiavi in mano” come appare evidente in quasi tutte le trasmissioni di Rete, le telecamere e i mezzi presi in affitto per le riprese. Il piano Marcello Foa-Fabrizio Salini è atteso a molte prove prima di tutto a quella delle nomine dei 9 direttori delle mega-direzioni orizzontali che dipenderanno da una direzione distribuzione. I vertici di Fnsi e Usigrai dopo aver portato avanti aspre battaglie contro la legge Gasparri finirono per subire la legge di revisione di Matteo Renzi che oggi considerano “scellerata e da cambiare”.

Le vicende di viale Mazzini sono raccontate nel libro “Roma non perdona, come la politica si è ripresa la Rai” di Carlo Verdelli, attuale direttore de “la Repubblica”. Nell’azienda di 13mila dipendenti, 1729 giornalisti, 10 testate giornalistiche, 13 canali televisivi, 10 radiofonici, 9 centri di produzione tv, 5 radio, 11 sedi di corrispondenza all’estero e 21 sedi regionali, Verdelli proponeva una riduzione delle edizioni, il varo di Newsroom, il trasferimento del Tg2 a Milano, l’accorpamento delle sedi regionali, il varo di Tgsud. Bocciato.

Nel recensire il libro, l’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli scrive “Verdelli si accorge di avere una vasta opposizione interna. I pregiudizi abbondano. L’Usigrai non gradisce. I rapporti con la presidente Monica Maggioni sono pessimi. Per non parlare del Cda con l’eccezione del renziano Guelfo Guelfi”.

Arturo Diaconale è l’unico consigliere che vota contro la sua nomina. Perché? Lo ricorda De Bortoli: “Sostiene che venendo dal Corriere e avendo collaborato con Repubblica Verdelli è espressione di un certo tipo di rapporti con due lobby, la Fiat e De Benedetti che sono i due puntelli principali del premier”.

Che all’epoca era Matteo Renzi. La politica si era già ripresa la Rai, prima ancora di Matteo Salvini e Luigi Di Maio.


di Sergio Menicucci