Radiazioni e rischi per la salute

giovedì 21 febbraio 2019


Difficilmente ci soffermiamo a riflettere su quante siano le occasioni in cui, durante la nostra giornata, entriamo in contatto con diversi tipi di radiazioni e questo perché il contatto con esse non provoca per noi nell’immediato alcun tipo di effetto degno di nota. Ma questo in realtà non significa che l’esposizione a questo tipo di particelle non possa in realtà rivelarsi dannosa per il nostro organismo nei casi in cui il contatto non sia sporadico e occasionale ma piuttosto prolungato e reiterato nel tempo. Cerchiamo di capire meglio.

Intanto bisogna distinguere tra due tipi di radiazioni: quelle ionizzanti, che hanno abbastanza energia per separare violentemente gli elettroni da un atomo creando gli ioni e che sono potenzialmente pericolose per gli esseri umani, e le radiazioni non ionizzanti, come ad esempio le microonde o le onde radio, che invece non provocano lesioni al nostro organismo.

L’unità di misura utilizzata per quantificare il danno delle radiazioni sul corpo umano è il millisievert (mSv) ed è stato calcolato dagli esperti che l’esposizione globale media alle radiazioni naturali è di circa 2,4 mSv per anno; dosi molto elevate o superiori a 100 mSv hanno un effetto dannoso comprovato: questo perché sono in grado di indurre lo sviluppo di quasi ogni forma di tumore anche a distanza di molti anni dall'esposizione alle radiazioni.

Come abbiamo accennato, tra le radiazioni che non arrecano danno biologico per gli esseri umani vi sono i raggi a microonde e le onde radio: questo perché hanno sufficiente energia per muovere o far vibrare gli atomi in una molecola, ma non abbastanza per rimuovere particelle ed essere quindi pericolose.

Vi sono poi delle tipologie di radiazioni che pur essendo potenzialmente dannose per la nostra salute, vengono in contatto con noi solo in alcune occasioni specifiche o solitamente molto rare.

Ad esempio nel caso delle radiazioni cosmiche, cioè delle particelle ad alta energia presenti nello spazio, tra i quali anche i raggi ultravioletti propagati dal sole, che hanno la capacità di danneggiare i tessuti biologici ma dalle quali siamo ben protetti quando siamo con i piedi per terra poiché la magnetosfera terrestre ne blocca la maggior parte prima che raggiungano il suolo. È durante i voli aerei, quindi, che il rischio di assorbire tali radiazioni può aumentare poiché sono più intense ad altitudini elevate: per farci un’idea, durante una tratta intercontinentale, a 45mila piedi di altezza, in 5 ore di viaggio si assorbe una dose di radiazioni pari a quella di una radiografia dentale. In questo caso, quindi, i rischi riguardano solo chi viaggia a ritmi molto sostenuti o chi lavora nell’equipaggio degli aerei poiché il contatto con tali radiazioni è quasi il doppio di chi resta a terra o vola molto di rado. Anche nel caso dell’esposizione ai raggi solari nei mesi estivi, è sempre necessario ricorrere ad occhiali da sole e creme solari con il filtro Uv per scongiurare i danni dei raggi ultravioletti.

Anche nel caso delle radiazioni utilizzate in campo medico molta differenza è determinata dal tipo e dalla frequenza di trattamento a cui si è sottoposti. Nel caso della diagnostica per immagini, la quantità di radiazioni resta bassa: può variare in base allo specifico accertamento (lastra, mammografia o Tac) ma l’esposizione resta nella maggior parte dei casi compresa tra 1 e 4 mSv. Nel caso invece di terapie specifiche, come ad esempio la radioterapia utilizzata in oncologia, le dosi ovviamente salgono molto in base al tumore che si intende distruggere e possono superare i 40 mSv concentrate sulla zona colpita dal carcinoma: la loro azione porta all’annientamento delle cellule tumorali ma contemporaneamente causa danno alle cellule sane circostanti, che però sono in grado di riparare autonomamente il danno subito nel giro di pochi mesi terminata la terapia.

Grandissima attenzione deve essere prestata nell’ambito della produzione di energia nucleare poiché la radioattività impiegata presuppone la concentrazione di grandi quantitativi di radiazioni ionizzanti che, se disperse per errore nell’ambiente, si rivelano fortemente dannose e, nella maggior parte dei casi mortali, per chiunque vi entri in contatto. Basti pensare che stando solo 10 minuti vicino al reattore di Chernobyl dopo l’esplosione dell’aprile 1986 si sarebbe ricevuta una dose di 50 mila mSv.

E tra le sostanze radioattive altamente dannose non possiamo non annoverare il Radon, un gas di origine naturale non percepibile dai nostri sensi e perciò difficile da individuare che si trova principalmente nei locali a diretto contatto con il suolo, come cantine, scantinati, taverne, garage: il pericolo maggiore legato a questo gas è correlato all’inalazione poiché se inspirato in grandi quantitativi e per periodi prolungati, può provocare trasformazioni cellulari nell’apparato respiratorio; recentemente è stato qualificato come seconda causa di rischio per l’insorgenza di un tumore del polmone dopo il fumo.

Chiudiamo questa rassegna sulle fonti di radiazioni con i tanto discussi telefoni cellulari: in realtà non esiste ancora alcuna evidenza scientifica che dimostri inequivocabilmente che questi apparecchi siano più dannosi rispetto ad altri.

Quello che si sa fino ad oggi è che le onde a radiofrequenza utilizzate da questi dispositivi non sono ionizzanti e quindi incapaci di indurre mutazioni cancerogene, ma allo stesso tempo, con un uso intenso, possono surriscaldare i tessuti più immediatamente in contatto con il cellulare, ed è proprio su questo aspetto potenzialmente pericoloso che si sta concentrando l’attenzione dei ricercatori.

Nel dubbio, meglio utilizzare sempre degli auricolari e limitare il più possibile l’uso del dispositivo.


di Chiara Gulienetti