La moda degli alberi che cascano

mercoledì 20 febbraio 2019


Lo ammetto, ero ancora un po’ assonnata, e lì per lì non avevo fatto caso alle parole del tassista. Alle 7,30 del mattino via Nomentana comincia ad essere un serpentone continuo di automobili. E poi, anche se erano suonate magari un po’ anomale le parole del conducente, davvero non avevo capito perché una sosta prolungata davanti al semaforo rosso, mentre il tassametro cadenzava con puntualità l’aumento della tariffa, gli avesse determinato quella uscita: “Non mi piace stare qui fermo”.

Non è mia abitudine soffermarmi nei dialoghi di circostanza, i percorsi in taxi sono una buona occasione per riordinare le idee o anche solo per godere di minuti di silenzio. “Che succede?”, mi sono trovata a dire. “Non mi piace stare fermo sotto gli alberi, cascano. Ormai è una moda, ne casca uno e cominciano a cascarne altri. Una moda”.

La suggestione si sa è un attimo, e la paura ha tempi ancora più corti. Neanche troppo furtivamente l’occhio ha cominciato ad interessarsi ai platani, ai pini, ai lecci, insomma a tutto quello che aveva un tronco imponente, dei rami importanti e delle foglie. Le foglie però solo come elemento accessorio, tanto quelle cascano, ma fanno altri tipi di danno (“La medicina ed il sogno di una notte di mezzo autunno”).

La vista della Stazione Termini è stata un sollievo. Che strano, vedere Termini col suo variegato e multiforme deposito di varia umanità e definirlo un sollievo, i misteri della mente. Biglietto, treno, carrozza e via. Ma il pensiero rimane. Gli alberi che cascano quasi a volersi imitare. Sì, un po’ come le sciagure aeree, non vengono mai sole ci avete fatto caso?

Ottobre 2018: “Maltempo, limitare spostamenti per vento forte”. È lo stringato messaggio pubblicato sull’account ufficiale Twitter del Comune, firmato dal dipartimento della Protezione civile di Roma Capitale. Una strage di alberi, un autentico bollettino di guerra. Il tweet era stato profetico, facile fare previsioni quando il vento soffia forte alla velocità di 100 chilometri all’ora, una velocità che Valentino Rossi non prende neanche in considerazione quando scende in pista. Circa trecento interventi dei vigili, la chiusura temporanea dell’area archeologica del Colosseo a tutela dell’ incolumità dei cittadini ai quali venne vietato anche l’accesso ai cimiteri e ai principali parchi della Capitale.

Polemiche successive, il teatrino della politica, Raggi sì Raggi no, vi risparmio il ricordo delle manfrine. Però qualche giorno fa di vento non c’era neanche un accenno eppure un gran bel pino è caduto in strada a Corso Trieste a Roma proprio davanti al Liceo classico Giulio Cesare. E dire che quel liceo ne ha viste tante tra occupazioni, proteste omofobe, assalti neofascisti, docenti denunciati per avere proposto la lettura di libri sui diritti degli omosessuali. Eppure ad un certo punto tunf, o tumb, o bam o come diavolo fa un albero che decide di cadere e vuole fare l’onomatopeico con buona pace dei passerotti terrorizzati ai quali a quel punto proprio non viene in mente di cinguettare. Sul posto squadre di Vigili del fuoco, strada chiusa, folla di curiosi tenuti a debita distanza di sicurezza, i proprietari di due auto parcheggiate, danneggiate e da rottamare, nel pieno degli esercizi spirituali con il calendario gregoriano come testo di riferimento.

Però adesso anche gli uccellini di Roma hanno i requisiti per richiedere il reddito di cittadinanza e li vedremo in fila nei Caf o negli uffici postali dal 6 marzo. Virginia Raggi sì, Raggi no. Stavolta è andata bene. Il treno è arrivato puntuale a Milano. Stavolta è andata davvero bene: nessuna vittima come conseguenza della caduta dell’albero. Poteva essere una strage. Possiamo continuare ad affidarci al classico colpo di… fortuna?

@vanessaseffer


di Vanessa Seffer