Corsera, la guerra di Cairo per Palazzo Solferino

lunedì 11 febbraio 2019


Riaperto il caso della vendita del Palazzo di via Solferino, sede storica per 109 anni del Corriere della Sera. La novità è rappresentata dalla promozione a Milano da parte del gruppo Rcs (il cui azionista di maggioranza al 60% è l’imprenditore Urbano Cairo) di un arbitrato per rendere nulla la vendita al Fondo americano Blackstone.

La cessione nel 2013 fu oggetto di molte contestazioni e i giornalisti del massimo quotidiano italiano (221mila copie di media al giorno nel 2018) e della Gazzetta dello Sport protestarono fortemente, facendo presente che era un grave errore d’immagine ed economico.

Un doppio danno perché il palazzo veniva venduto ad un prezzo troppo basso e per restare in via Solferino il gruppo Rcs doveva pagare un canone d’affitto di circa 10,3 milioni annui.

All’epoca il gruppo versava in non buone condizioni economiche, appesantito da debiti e onerosi mutui con le banche (l’indebitamento accumulato negli anni era arrivato al picco di 800 milioni). Contemporaneamente al palazzo dovette vendere la società Rizzoli libri, un altro pezzo storico dell’editoria milanese.

Quando nel 2016 al gruppo di soci che controllavano Rcs subentrò Urbano Cairo la situazione economica finanziaria presentava elementi di sofferenza. Attraverso un piano di risanamento volto soprattutto a bloccare il piano inclinato dei debiti Rcs ha risalito la china e quindi ha ripensato alla clausola arbitrale contenuta nei contratti di vendita, regolati dalla legge italiana, degli immobili di via Solferino, via Balzan e via San Marco.

Alle intenzioni manifestate dal presidente Cairo la società americana Blackstone, che aveva rilevato gli immobili per 120 milioni di euro, ha iniziato una causa presso la Corte di New York per avere via libera alla vendita al colosso Allianz. Il contenzioso è duplice: il gruppo Rcs, tornato alla redditività, invoca la legge italiana che tutela “chi cede beni a prezzi inferiori al mercato essendo in condizioni di evidente necessità, conosciuta dall’acquirente”. A questo primo aspetto di fondo si aggiunge il fatto che la società Blackstone non ha titolo per instaurare una causa a New York perché l’unica sede competente dell’arbitrato è l’Italia.

La questione è complessa ed è in mano agli avvocati delle sue società. La vicenda si trascina da 5 anni da quando i soci del “patto di sindacato” Agnelli, Pirelli, Della Valle, Pesenti, Conti, Mediobanca, Unipolsai decisero di vendere per dare vita ad un’operazione che rientrava nel più vasto progetto di ristrutturazione che prevedeva l’accordo con le banche e l’aumento del capitale definito a metà 2014.

Gli americani si presero per 120 milioni a fronte di un affitto di oltre ben 34 mila metri quadrati al centro di Milano. L’allarme è scattato quando a metà del 2018 sono corse voci di una trattativa gestita dalla sede londinese di Blackstone per vedere gli immobili per 250 milioni al colosso delle assicurazioni Allianz. La società americana si avvaleva di una clausola secondo cui poteva vendere solo dopo un anno dall’acquisto. Di fronte a questi movimenti Urbano Cairo non è rimasto a guardare ed ha rispolverato la clausola arbitrale mentre la Gazzetta dello Sport si è trasferita nel quartiere generale di via Rizzoli.

Sarà possibile riportare il complesso immobiliare e in particolare la sede del Corriere della Sera alla sua secolare destinazione? Cairo ne è convinto. Intanto volano le carte bollate.


di Sergio Menicucci