Un’aggressione al giorno leva il medico di torno

giovedì 10 gennaio 2019


Il 5 maggio 1860 Giuseppe Garibaldi decise di porsi al comando dei mille volontari, di salpare da Genova Quarto in direzione della Sicilia, con l’obiettivo di liberare il meridione e giungere all’Unità d’Italia. Con la proclamazione del Regno d’Italia, Vittorio Emanuele II assunse il titolo di Re d’Italia. Dopo averla unita territorialmente, restava tuttavia il problema di unificare l’Italia dal punto di vista amministrativo, economico e politico. Questo era sì un problema, ma forse non veniva ritenuto il principale. Tanto che che Massimo D’Azeglio pronunciò la famosa frase “fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”, anche a significare che per quanto geograficamente e politicamente nel 1861 risultasse unita, nel Paese avrebbero continuato a regnare culture e tradizioni variegate e ben differenti tra loro. Oltre all’unità politica, altrettanto importante era la necessità di realizzare tra gli italiani uno spirito civico e una coscienza nazionale, un’autentica unità nel sentire e nell’agire.

Bene, oggi nel 2019 possiamo affermare, senza alcun orgoglio, che il vaticinio di D’Azeglio è stato realizzato. L’Italia è unita, dalle Alpi alle Madonie, isole comprese, in un comune sentire ed agire: le aggressioni al personale sanitario.

- Aprile 2018, ospedale Civico di Palermo: infermiere aggredito due volte nello stesso turno;
- Maggio 2018, ospedale San Gerardo di Monza: aggressione a medici ed infermieri in pronto soccorso;
- Luglio 2018, ospedale di Cinisello: aggrediti un medico e quattro infermieri;
- Luglio 2018, ospedale di Catania: aggrediti medici e distrutte, con il lancio di una barella, le apparecchiature;
- Luglio 2018, ospedale di Capri: aggressione a medico ed a due infermieri;
- Luglio 2018, Jesolo: aggressione ad un medico del pronto soccorso;
- Agosto 2018: Crotone, aggressione a medico ed infermieri;
- Agosto 2018: Messina, aggressione a medici ed infermieri;
- Settembre 2018: Sanremo, medico legale accoltellato e ucciso;
- Settembre 2018, ospedale di Como, aggressione a medici ed infermieri, poi vengono picchiati i poliziotti intervenuti (interessante variante sul tema);
- Ottobre 2018, ospedale Molinette a Torino, nuova aggressione a medici ed infermieri;
- Novembre 2018, Ferrara: insulti, minacce ed aggressione a medici ed infermieri;
- Novembre 2018, ospedale di Tivoli: aggressione al personale del Pronto Soccorso;
- Dicembre 2018, Crotone: dottoressa aggredita e accoltellata nel parcheggio dell'ospedale:
- Dicembre 2018, Napoli: padre di un paziente minaccia di uccidere infermieri e medici;
- Gennaio 2019, Bisceglie: aggressione in pronto Soccorso contro infermieri e medico.

Alla povera cronista si perdonerà se, per motivi di spazio editoriale ma soprattutto per motivo di autentico disagio e sofferenza nello scrivere queste parole, la lista risulterà fortemente incompleta, rappresentando solo una minima parte di quello che sta accadendo nel Paese senza che la politica intraprenda azioni concrete, rapide, incisive, dure, per stroncare questi continui atti di criminalità.

La latitanza ed il silenzio della politica sulla questione delle aggressioni al personale sanitario rischia di essere, ovviamente solo da un punto di vista morale, l’equivalente del concorso nella commissione di un reato. Solo poche voci, fra cui quella della Cisl Medici, si è sentita andare nella direzione giusta, per stimolare comportamenti virtuosi a questo governo che ha avuto in affidamento un patrimonio professionale che dovrebbe tutelare, su cui dovrebbe vigilare meglio, piuttosto che lasciarlo solo a se stesso.

Ovviamente in questo caso non si determina quanto espresso dall’art. 110 del Codice Penale: certo sarebbe interessante approfondire se il silenzio della politica possa contribuire in qualche modo a stimolare l’impulso psicologico alla realizzazione di un reato che materialmente viene commesso da altre persone.

Risuona una strofa tra le meno conosciute dell’inno di Mameli: “Noi siamo da secoli calpesti, derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi”. Ecco ora non siamo più divisi perché almeno un tema ci accomuna: dal nord al sud le aggressioni al personale sanitario non hanno distinzione di luogo e di dialetti. Corriamo il rischio di assuefarci alla notizia di questi criminali comportamenti che si ripetono ormai con una frequenza quotidiana. Senza renderci conto che siamo di fronte ad una vera, drammatica emergenza sociale.

@vanessaseffer


di Vanessa Seffer