La medicina e il sogno di una notte di mezzo autunno

Autunno: una volta cascavano le foglie mentre oggi cascano direttamente gli alberi. Roma ne è piena, di foglie e anche di alberi caduti. In questi giorni passeggiando per le vie della Città Eterna, schivando l’immobile fiume di automobili, lo sguardo va ai tombini pieni di aghi di pino, sterpi e fogliame che marcisce indisturbato. Tombini ormai esausti e saturi, incapaci di accogliere ulteriori residui e liquami. Una pioggia, una ulteriore seppur lieve pioggerella comporterebbe l’intasarsi delle fognature e la trasformazione della città in una laguna.

Occorrerebbe intervenire, adottare un programma di manutenzione straordinaria delle strade, un grande progetto per una grande emergenza. E allora perché non i neo laureati in medicina a pulire le strade? Magari sotto l’auspicio del “ce lo chiede l’Europa”. Il ragionamento è semplice: ci sono troppi giovani medici neolaureati che non riescono ad entrare nelle scuole di specializzazione perché le borse di studio sono in numero inferiore sia ai laureati sia alle esigenze di una programmazione sbagliata. E non si possono mettere ulteriori borse di studio o adottare altri meccanismi di compensazione (formazione ospedaliera? Accesso in sovrannumero?) perché non si può fare, “ce lo chiede l’Europa”. E allora i nostri giovani laureati in medicina, in attesa di vincere un concorso di specialità, di fare il medico di medicina generale, andassero a togliere le foglie che ostruiscono i tombini. Così il nostro Paese potrà continuare ad accogliere flussi continui di immigrati, cui daremo vitto e alloggio e magari l’argent de poche cui li abbiamo abituati e saranno liberi di stazionare nelle nostre strade, finalmente pulite, di usare i loro telefonini per chiamare i loro congiunti in Paesi lontani e magari soffrire di meno per la lontananza.

Non come i nostri giovani laureati in medicina, disoccupati e senza serie prospettive future, che invece la sera possono tornarsene nelle loro comode casette e continuare a vivere coi propri genitori. Basta con questi privilegi: attendiamo fiduciosi la prossima invasione di ortopedici, pediatri, anestesisti, chirurghi, ginecologi immigrati, li importeremo da chissà dove, con chissà che preparazione. Loro si che sono le risorse del nostro Paese, i nostri giovani medici saranno le risorse di altri Paesi, che ci ringrazieranno solo per averli formati come si deve e a spese nostre, per poi regalarli a loro.

“Buongiorno, facciamo colazione?”. Ma allora era solo un sogno! I tombini non sono ostruiti, gli immigrati sono occupati in attività socialmente utili, i nostri giovani laureati in medicina possono tutti accedere alle scuole di specializzazione e tamponare la voragine di personale ormai aperta nel Servizio sanitario nazionale. E nell’immediato futuro non mancheranno specialisti nei nostri ospedali. Magari mancheranno i malati, ma questo è un altro sogno.

@vanessaseffer

Aggiornato il 02 novembre 2018 alle ore 12:40