Le qualità personali oltre le competenze

La discussione politica è il sale di una democrazia liberale. Anzi, il dialogo e il contraddittorio rappresentano il primo connotato per la formazione di una politica liberale. Ecco perché m’inserisco nel dibattito aperto dallo stimolante l’articolo di Donato Bonanni del 16 ottobre scorso e intitolato “Lavoro e giovani: la centralità delle competenze”. Inutile ribadire tutti i punti toccati da Bonanni e con cui sono in sintonia. Anche perché si tratta di quasi tutto il suo stimolante intervento. Vorrei, invece, aggiungere soltanto un aspetto che, a mio parere, può completare il discorso affrontato nell’articolo sulle competenze nel mondo del lavoro. Vorrei, cioè, sottolineare quanto le discipline scientifiche e quelle umanistiche siano unite da porte e da ponti, incredibilmente unite, complementari, legate da punti e luoghi d’incontro. La Scienza e la Matematica sono in continuo dialogo con la Filosofia, con la Storia, con la Letteratura, con la Narrativa, con l’Arte.

È questo che rende affascinante il viaggio di noi Corsari nell’Oceano incerto della vita: la libertà e la responsabilità, quindi l’incontro e l’abbraccio fraterno tra cultura scientifica e cultura umanistica. A tal proposito, Martha Nussbaum , eminente accademica statunitense, ha ricordato spesso come la nostra società, quella del Terzo Millennio, sbagliando, tenda ancora a creare contrasto e divisione tra il mondo scientifico e il mondo umanistico. Peggio: si pretende di valorizzare la scienza, la tecnica, l’informatica a discapito delle materie umanistiche. Quindi, è lei stessa a correre in soccorso dell’umanesimo affermando che “non c’è nulla da obiettare su una buona istruzione tecnico-scientifica”, in particolare quella basata sulle “competenze” come viatico per la modernità, ma resta il timore che tale approccio utilitaristico possa provocare danni perché rischia seriamente di inibire “altre capacità altrettanto importanti”, che appartengono all’essere umano, alla sua intelligenza e alla sua sensibilità. Insomma, secondo la filosofa statunitense, esiste il concreto pericolo che tali qualità umane possano “scomparire nel vortice della concorrenza: capacità essenziali per la salute di qualsiasi democrazia al suo interno e per la creazione di una cultura mondiale in grado di affrontare con competenza i più urgenti problemi del pianeta”.

Infatti, tali capacità – aggiunge Martha Nussbaum – “sono associate agli studi umanistici e artistici: la capacità di pensare criticamente, la capacità di trascendere i localismi e di affrontare i problemi mondiali come “cittadini del mondo”; e, infine, la capacità di raffigurarsi simpateticamente la categoria dell’altro”. Ecco: l’alterità. Da qui, deriva l’essenziale della visione dei Corsari della Libertà, cioè l’importanza fondamentale dello studio – per esempio – di materie come l’Italiano e la Storia. Discipline indispensabili alla formazione culturale di tutti gli studenti e che hanno lo scopo di offrire ciò che è necessario all’essere umano e di rendere ciascun ragazzo un cittadino consapevole e autonomo, il cittadino di domani: curioso, desideroso di conoscenza, libero, cosciente, responsabile, autonomo e capace di pensiero libero.

“Ciononostante – scrive la Nussbaum – gli Studi umanistici, l’Arte e persino la Storia vengono eliminati”, basti pensare alla cancellazione della traccia di Storia dallo scritto d’Italiano agli Esami di Stato, per lasciar spazio alle “competenze”, ormai appartenenti a un approccio vecchio di oltre vent’anni e già in fase di superamento anche negli Stati Uniti d’America. Le competenze, secondo la Nussbaum, se trasformate in un feticcio o in un totem, “producono profitti che mirano a vantaggi a breve termine”. Il problema è che tale constatazione dovrebbe suonare nelle scuole come un campanello d’allarme. Infatti, la filosofa statunitense aggiunge che, “quando ciò avviene, le stesse attività economiche ne risentono perché una sana cultura economica ha bisogno di creatività e di pensiero critico, come autorevoli economisti hanno sottolineato”.

Tra questi economisti, ci sono anche due premi Nobel: l’indiano Amartya Sen e Edmund S. Phelps. Quest’ultimo ha dichiarato senza mezzi termini: “Le economie oggi mancano di spirito di innovazione. I mercati del lavoro non hanno solo bisogno di maggiori competenze tecniche, ma richiedono sempre più soft skills”. Con la definizione “soft skills” si descrivono le caratteristiche personali, l’atteggiamento o il comportamento in ambito lavorativo e le modalità relazionali che ci caratterizzano come individui e attraverso le quali interagiamo negli ambienti lavorativi. Sviluppare queste qualità (al di là delle competenze tecniche) è importantissimo, soprattutto nelle fasi di ricerca del lavoro, quando è essenziale far comprendere le proprie qualità personali, oltre che le capacità informatiche e specialistiche possedute. Ad esempio, può essere molto utile dimostrare le qualità di analisi e di sintesi, oppure di essere originali e non scontati nel trovare un’idea, oppure di saper collaborare con gli altri e cooperare in sinergia, ecc. In altre parole, scrive la Nussbaum, oggi, nel mondo del lavoro, sono richieste alcune qualità che la scienza non può dare come, ad esempio, dice lei, “la capacità di pensare in modo fantasioso, di elaborare soluzioni creative per risolvere problemi complessi, di adattarsi a circostanze mutevoli e a vincoli nuovi”. Essere creativi.

Ed ecco, allora, che – da docente di Lettere – insisto nel rimarcare quanto sia necessario rafforzare – con un nuovo spirito – le materie umanistiche e la creatività sia nei Licei che negli Istituti superiori di qualsivoglia indirizzo: dal professionale al tecnico, dall’informatico all’amministrativo, finanza e marketing. Non a caso, a tal proposito, l’economista Phelps scrive: “Studiare Letteratura, Filosofia e Storia sarà d’ispirazione agli studenti che aspirano a una vita ricca, una vita che permetta loro di offrire dei contributi creativi, innovativi alla società”. La scuola è vita.

Aggiornato il 18 ottobre 2018 alle ore 13:31