I primi pullman turistici erano nazisti

Il 16 ottobre 1943, un sabato, Roma conobbe il dolore e la vergogna più grandi di tutta la Seconda guerra mondiale: la deportazione dell’intero ghetto ebraico da parte dei nazisti con l’attiva collaborazione dei fascisti repubblichini e di tanti “italiani brava gente” che si comportarono da sciacalli e da complici degli assassini tedeschi.

Una decisione presa da Herbert Kappler su input diretto di Adolf Hitler per dare un segnale di ferocia ulteriore – caso mai ce ne fosse stato bisogno – anche agli italiani non ebrei dopo il tradimento dell’8 settembre. Lo scorso 13 ottobre la Rai ha mandato in onda uno speciale di Alberto Angela, una puntata di “Ulisse” ad hoc, dal titolo significativo e drammatico: “Viaggio senza ritorno”. Una cosa di una bellezza e di un’intelligenza mai vista prima, si intende almeno per la professionalità e l’onestà intellettuale media del servizio pubblico. E per le notizie inedite. Tra queste ultime anche alcune macabre per la loro potenzialità grottesca: i tedeschi che dovevano portare i 1200 ebrei romani con i pullman alla stazione Tiburtina per metterli nei vagoni piombati - che passando da Milano li avrebbero spediti ad Auschwitz - tardarono non poco sulle consegne per la traduzione allo scalo della Tiburtina. Come mai? Perché gli autisti e i soldati profittarono dell’occasione per compiere veri e propri giri turistici nella Capitale. Con tanto di esclamazioni di “Wunderbar”, meraviglioso, riferiti poi dopo la fine della guerra dai pochi superstiti. Poche decine a Roma.

Andarono al Colosseo, al Vaticano, videro i monumenti di Roma. Brevettando così – senza saperlo – un’istituzione ancora oggi molesta e in taluni casi mortale (per gli incidenti provocati a getto continuo e per l’indisciplina nel comportamento stradale): i bus turistici.

Insomma, se si vuole sintetizzare la cosa in un titolo, a Roma i primi bus turistici furono nazisti e dentro portavano gli ebrei al macello, mentre gli aguzzini guardavano le meraviglie della Città eterna come se niente fosse. Il cinismo di un’ideologia e di un intero popolo che la seguì – lo stesso tipo di popolo cui sembrano rivolgersi alcuni odierni movimenti “sovranisti” – si misura anche da questi aneddoti.

Aggiornato il 17 ottobre 2018 alle ore 10:38