Auditel-Audiweb: i dati della discordia

Ci sono novità e discordie in materia di dati d’ascolto radiotelevisivi e di investimenti pubblicitari. La trasparenza e la certificazione degli ascolti dei gruppi radio e televisivi e della diffusione delle copie dei quotidiani, dei periodici e dei siti web rappresentano elementi essenziali per le decisioni operative delle aziende e per la conoscenza dello stato dell’informazione e delle comunicazioni. Le questioni sul tappeto sono molte e di vario genere. Sembrava che dopo la contesa sul numero 8 e 9 del telecomando si fosse raggiunta “una pax commerciale” sulle rilevazioni dei dati complessivi d’ascolto e delle copie vendute, calcolando anche i siti web delle varie testate.

Sembrava, ma il fuoco covava sotto la cenere. Il primo campo di scontro è stata la consistenza dei grandi big internazionali dei sistemi on-line. La pubblicità su Internet è in crescita del 12 per cento secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, superando i 2,6 miliardi di euro di fatturato. La Rete inoltre tra un paio d’anni rappresenterà in Italia oltre il 31,5 per cento della spesa pubblicitaria totale, che secondo le stime del sistema integrato della comunicazione avrebbe raggiunto una torta vicina ai 20 miliardi di euro. La fetta più rilevante è appannaggio della tv-radio per circa 8,5 miliardi, mentre l’editoria dei quotidiani e dei periodici avrebbe perso il 6 per cento (poco più di 4 miliardi) con incremento dei siti web.

I banner vanno alla grande e non si può aprire una pagina internet senza che parta subito un video pubblicitario. Ed ecco scoppiata la prima grana. Il problema è stato sollevato dal presidente dell’associazione (Utenti pubblicità associati, Upa) che riunisce le più importanti aziende industriali, commerciali e di servizi che investono in pubblicità.

Buono il 2018 dopo 3 anni positivi, ha osservato Lorenzo Sassoli de Bianchi, nel corso dell’assemblea per i 70 anni dell’associazione, ma c’è nel settore un buco nero: la mancata trasparenza dei big come Google, Facebook e Amazon che non comunicano i dati dei loro investimenti pubblicitari che le loro filiali realizzano sul territorio italiano. La mancata trasparenza incide sulle attività del settore in quanto: la quota di mercato degli investimenti pubblicitari sul web avrebbe raggiunto il 30 per cento del totale. Il digital sta diventando il centro dell’interesse degli inserzionisti ma il dato diventa incerto, precisa Sassoli de Bianchi “per l’ostinazione degli “Over the top” (Ott) a non fornire report precisi”. Qualche passo avanti è stato fatto con la pubblicazione del “libro bianco sulla comunicazione digitale”.

La crescita del web si è tirata dietro un altro motivo di scontro. La nascita di “Audiweb 2.0” accanto alla tradizionale “Auditel”, la società controllata da Rai e Mediaset che pubblica i dati di ascolto e lo share delle trasmissioni televisive. È successo che l’istituto di rilevazioni Nielsen detiene la proprietà sia del sistema di gestione del campione e del relativo software, sia dei dati e delle informazioni. Anche se la riforma del sistema di rilevazione delle audience on-line non è ancora conclusa Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AgCom) ha avviato una istruttoria sul nuovo sistema di rilevazione degli utenti on-line che “lascia emergere elementi di potenziale criticità in ordine all’utilizzo del dato Facebook sia sul tema della privacy”.

Al fondo delle diatribe ci sono le diverse modalità di calcolo del peso del web nella ripartizione dei proventi pubblicitari.

Aggiornato il 10 luglio 2018 alle ore 20:02