Perché abolire il Codice degli appalti

Il confronto tra i costruttori romani e il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, sulla normativa contenuta nel Codice degli appalti ha destato una grossa impressione e suscitato perplessità sullo stato della situazione italiana. Il dibattito intitolato “Abrogare il Codice degli appalti e sostituirlo con la normativa europea per combattere la corruzione e rilanciare l’economia” tenutosi all’Hotel Parco dei Principi di Roma, moderato da Arturo Diaconale, ha toccato aspetti vitali per la ripresa economica italiana.

È emerso un dato condiviso da tutti i relatori, tra cui Edoardo Bianchi vice presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili (Ance), e gli interlocutori, che “non si esce dalla crisi economica senza l’apporto indispensabile di chi opera nell’edilizia e nei lavori pubblici”. Un mercato, che secondo le ultime stime della Commissione di Bruxelles, vale in media in Europa circa 2mila miliardi di euro e in Italia si attesta intorno al 10,5 per cento del prodotto interno lordo. In sostanza il sistema degli appalti pubblici è strategico per l’economia del Paese, coinvolgendo la pubblica amministrazione (Stato, Regioni, Comuni, Province ed enti locali) e le imprese con tutti i settori dell’indotto.

A fronte di questa enorme possibilità la situazione italiana si sta rilevando molto grave sia per l’aumento degli sprechi e della corruzione che per l’eccessivo peso della burocrazia. L’elemento frenante è stato individuato nel Codice degli appalti la cui normativa, a poco più di un anno dall’entrata in vigore, sta paralizzando il settore, rivelandosi uno strumento che invece di contrastare i fenomeni di corruzione in qualche modo li aumenta. La conseguenza è che molte aziende sono costrette a chiudere incrementando un tasso di disoccupazione che nel settore sta diventando drammatico.

L’incontro con Tajani, che ha fornito ampie indicazioni sull’orientamento del Parlamento europeo a favore dello sviluppo delle imprese, era l’ultimo di una serie promossa dalla categoria con l’obiettivo, ha sottolineato l’avvocato Arturo Cancrini, di sostenere le ragioni di un settore, quello delle opere pubbliche, indispensabile per la ripresa economica ma che sta subendo, per effetto della entrata in vigore del nuovo Codice, un momento di grande difficoltà. La necessità è quella di invertire la rotta per consentire ai costruttori di tornare a svolgere la loro funzione di imprenditori senza una paralizzante burocrazia. Non si tratta più di lacci o lacciuoli. La proposta, uscita dal dibattito, è drastica. Nel corso dello stesso sono anche state avanzate molte critiche ai nuovi poteri dell’Anas, in particolare sui controlli, azienda che per alcuni dovrebbe essere sciolta.

Le criticità sono molte: mancano le risorse, i pagamenti hanno tempi lunghissimi e l’Italia non rispetta la direttiva europea sui giorni entro i quali vanno pagate le fatture a coloro che hanno svolto le opere così lo split payment si sta rivelando dannoso, le gare latitano, le pubbliche amministrazioni risultano ingessate rispetto agli innumerevoli adempimenti formali loro richiesti, i responsabili del procedimento si sentono talmente gravati dal rischio di qualche incidente giudiziario che preferiscono non firmare più nulla.

Da queste considerazioni nasce la volontà dei costruttori di dire “ora basta” senza ricorrere alla scappatoia di correzioni e deroghe ma per intraprendere la strada della sostituzione del complicato Codice con l’applicazione integrale delle norme europee.

Aggiornato il 14 febbraio 2018 alle ore 08:14