Ingrata Giorgia! Ha gettato via la “madre di tutte le riforme”. Sì, l’ha “snaturata”. Una presidente del Consiglio prospetta il dubbio che il suo progetto di premierato possa incagliarsi nei palazzi parlamentari o infrangersi contro il muro del referendum? Il perentorio “o la va o la spacca” evoca “alea iacta est” di Cesare sul Rubicone. Prima di Giorgia, che almeno romana è, un altro aspirante al principato, ma troppo sfrontatamente fiorentino, lanciò il dado. Un uragano di voti referendari glielo restituì sulla fronte. L’alternativa “aut reformatio aut abdicatio”, o approvate la mia riforma costituzionale o mi dimetto, gli portò male. Giurò che, sconfitto, sarebbe tornato alla vita civile. La sconfitta, invece, non gli fu fatale, come neppure alla sua ministra competente, pareva. Rimasero. E sono ancora lì, Matteo Renzi e Maria Elena Boschi.
Giorgia, che non tradisce le sue vantate origini popolari, ha mostrato di possedere “ésprit florentin” più del fiorentino di Rignano. “O la va o la spacca”, di per sé perentorio, risulta tuttavia meno apocalittico di quanto apparisse l’alternativa renziana. Giorgia infatti, contrariamente a Renzi, ha precisato ben bene che, passerà o non passerà il suo progetto, la cosa non la coinvolgerà del tutto. “Vorrà dire – ha rimarcato la Meloni – che il popolo italiano non gradisce il menu. Tutto qui”. Niente dimissioni della presidente del Consiglio e niente nuovo Governo, che arriveranno in fondo alla legislatura, come se niente fosse stato. Insomma, mette le mani avanti per proteggersi dai colpi dell’elettorato e dei partiti, da qualsiasi parte provengano, sembrerebbe.
Insomma Giorgia, dapprima è partita in quarta sottobraccio alla “madre di tutte le riforme”, poi ha allentato la presa e cominciato a distaccarsene. Non si sa mai. Ricorda da vicino “Armiamoci e partite”, che, scrive Wikipedia, “è una frase proverbiale della lingua italiana, utilizzata per sottolineare e stigmatizzare, in maniera icastica ed aforistica, l’atteggiamento di chi si sottrae ai rischi di un’azione da lui stesso promossa e perorata, pur esortando gli altri ad intraprenderla”. L’aver escluso le dimissioni in caso di bocciatura del suo progetto, in Parlamento o nel referendum, equivale a sottrarsi “ai rischi dell’azione”, che inglobano potenzialmente la sconfitta.
Tuttavia, c’è del buono nella smentita della presidente del Consiglio: ed è una positiva conseguenza inintenzionale! Infatti, a parte gli estimatori personali di Giorgia, gli elettori della maggioranza interessati a conservare il Governo saranno facoltizzati a votare contro il progetto per dissenso o meno costretti a votarlo per necessità politica. Sanno che non respingono e non pregiudicano né la presidente del Consiglio né il suo Governo.
Tornando indietro nella storia, a Filippi i repubblicani furono sconfitti dai cesariani. Andando al futuro prossimo, con il referendum italico potrebbe accadere il contrario.
Aggiornato il 05 giugno 2024 alle ore 10:15