Siamo tutti sudditi

mercoledì 17 aprile 2024


Siamo tutti sudditi di un sistema antidemocratico, liberticida, conformista, costrittivo, anaffettivo. È il sistema tecnocratico. Sarebbe ridicolo continuare a farci delle illusioni sulla qualità dell’ordine sociale in cui viviamo noi contemporanei. Anzi, è divenuto addirittura controproducente continuare a edulcorare con “effetti flou” la realtà dei fatti, che sono sempre più chiari e inequivocabili. È del tutto evidente, infatti, che viviamo sotto un Regime tecnocratico, illiberale, violento.

Non è necessario portare delle prove a sostegno di questa realtà, è sufficiente guardarsi intorno oppure osservare la quotidianità. Siamo tutti sudditi d’un Potere tecnocratico che ci schiaccia e ci sottomette. Un Potere – con la P maiuscola – che ci isola, ci rende soli, ci costringe alla solitudine, che ci umilia, ci mortifica, ci divora. Oggi, nella situazione attuale, ci sono soltanto due alternative senza alcuna alterità possibile: adeguarsi o adattarsi. Una terza o quarta direzione non è possibile.

Adeguarsi significa chinare il capo e obbedire in silenzio, eseguire quanto ci viene ordinato di fare, nel modo in cui ci viene detto di farlo, cioè integrarsi rinunciando alla propria dignità e ottenendo, però, i vantaggi forniti dal Potere. Adattarsi, invece, significa tentare di navigare in questa situazione esistenziale cercando di cogliere le possibili alternative alla sottocultura egemone e dominante. Gli apocalittici, a tal proposito, sono l’altra faccia degli integrati. Coloro che legittimano gli integrati. Quindi, non vorrei apparire un apocalittico perché non lo sono. Anzi, ho fiducia, sono ottimista, vedo un’umanità in crescita. Oggi è sicuramente meglio di ieri. I ragazzi di oggi, insomma, sono migliori di me rispetto a quando io avevo la loro età.

Ebbene, questo Regime verticistico e illiberale, autoritario e ingiusto – mi sembra quasi scontato scriverlo – ha dei nemici giurati e sono gli studenti, i giovani, le nuove generazioni, ma soprattutto i sentimenti, la creatività, la poesia, la letteratura, il teatro, l’arte, l’originalità, la libertà, l’unicità, la possibilità di scelta, la capacità di personalizzare ciò che si fa, il pensiero laterale, il dissenso, l’idea divergente, il non-conformismo, i sogni, la fantasia, l’immaginazione, l’individualità, l’affetto, l’amore, la vicinanza corporea ed emotiva delle persone, gli abbracci, le carezze, lo stare insieme, la spiritualità, l’essere, gli orizzonti di senso e di significato. Invece, gli alleati del Potere tecnocratico sono il successo, l’avidità, la cupidigia, la rabbia, gli obiettivi, il possesso, il materialismo, il pragmatismo, lo sviluppo senza progresso, il conformismo, il muro contro muro, la spersonalizzazione dell’essere umano, la paura, le guerre, l’incomprensione, il vuoto.

Ormai, quasi tutta la nostra esistenza passa attraverso i computer, l’informatica, gli smartphone, la realtà virtuale, l’intelligenza artificiale, i videogiochi, i corsi di perfezionamento on-line, la robotica, il metaverso, la rete e chi più ne ha più ne metta. Insomma, siamo obbligati a svolgere le nostre attività davanti a uno schermo, un telefonino, una tivù, un pc o un tablet. La burocrazia cartacea si è trasferita totalmente sul web. Non è cambiato nulla sul piano burocratico, nulla è stato snellito. L’unica differenza è che, adesso, dal cartaceo dobbiamo trasferirci obbligatoriamente, o siamo già definitivamente passati, senza possibilità di scelta, all’etere, ai siti internet, alle piattaforme on-line, ai registri elettronici, alle voci registrate dall’altro capo del telefono, ai labirinti della rete, alle scatole cinesi dei portali ufficiali, istituzionali e ministeriali. In altre parole, il cittadino non ha altra scelta che procedere obbligatoriamente attraverso i canali informatici imposti da questo Regime tecnocratico. Amen.

Esistono, poi, app per ogni nostra necessità. Al nostro servizio, ovviamente. Anche per fare la spesa serve l’app. Per andare in vacanza. Per uscire con gli amici. Per il taxi, per l’autobus, per guidare, per ordinare il pranzo, per ritrovare la strada. Tra poco, secondo la lucida follia di questo Potere, sparirà del tutto il cassiere del supermercato e l’insegnante sarà sostituito da un’intelligenza artificiale che farà lezione al posto del professore. È così procederemo sempre e comunque, con lo sviluppo dell’elettronica lungo la direttrice tecnocratica del razionalismo senza empatia e senza umanità. Anche per pagare i nostri acquisti alla cassa del supermercato servirà un dispositivo elettronico. Anzi, è già così! Senza considerare gli acquisti realizzati on-line. Fine della storia. Altro che Francis Fukuyama!

Ovviamente, in parallelo, mentre accade tutto questo, si sta compiendo una vera e propria mutazione antropologica, che trasforma il cervello umano in un automa, in una macchina non pensante, anaffettiva, senza corpo e senza anima. Però efficace, efficiente, performante, competitiva, aggressiva, arrogante, triste, arrabbiata, nervosa, unidirezionale, omologata, standardizzata, inquadrata secondo le logiche binarie della tecnologia e immersa nelle pulsioni, negli istinti, negli impulsi più bassi e bestiali. Immersa nel vuoto. Colmata dal nulla. Hanno riempito le scuole di computer. Ci sono computer ovunque, ma hanno svuotato le aule di sogni, riflessioni, dubbi. Hanno emarginato la filosofia, la letteratura, la poesia, il pensiero, il dialogo, i sentimenti, gli incontri, gli sguardi e, soprattutto, in una parola, hanno bandito l’amore, cioè il cuore, l’emozione. Non stupisce che, secondo le più recenti statistiche, sei studenti su dieci, oggi, in Italia, soffra di tristezza e nervosismo. Trascorrere tutta la giornata davanti a uno schermo, qualunque esso sia, produce delle inevitabili ripercussioni cognitive. Anche i professori, invece di vivere a contatto con gli studenti, in presenza, di persona, senza mediazioni informatiche, sono obbligati a vivere davanti a un computer. Infatti, ogni attività didattica e d’apprendimento, burocratica o amministrativa, sociale e relazionale, nella scuola italiana, passa tramite il computer.

I corsi di aggiornamento? Da remoto, on-line, sulla rete. Un vero e proprio business di seminari e percorsi di formazione in collegamento perenne, ovviamente a distanza. Un immenso seminario permanente da trascorrere on-line, sul web. Per produrre una qualsivoglia domanda o richiesta o riempire un modulo, nella scuola italiana, è necessario andare sulla rete e navigare in un mare di obblighi immersi nella realtà virtuale. Informatica, internet e inglese. Per ogni tipo di attività scolastica c’è una piattaforma apposita da utilizzare. Anche la figura del tutor, da poco introdotta nel sistema scolastico, passa obbligatoriamente attraverso una piattaforma on-line, invece che attraverso l’incontro in carne e ossa, de visu, tra il tutor e lo studente o i genitori. Non esiste un registro cartaceo che possa fungere da “diario di bordo” dell’insegnante-tutor. Esiste la piattaforma unica. È il Pensiero Unico. È tutto da remoto.

I professori non scrivono più relazioni esplicative, articolate, motivate, ragionate, complesse. Ma sono costretti e riempire moduli, schemi, questionari, test e via dicendo su internet. Tutto incredibilmente complicato, tutto secondo una mentalità tecnocratica, tutto inesorabilmente sulla rete, con il computer, davanti a uno schermo. Per giornate intere. Un delirio. Un addestramento per cervelli all’ammasso. Un disastro. Ma chi ha deciso che deve essere così? Perché non si può scegliere? Perché esistono soltanto due opzioni? Bianco o nero, dentro o fuori, sì oppure no. Altro non è dato. Né si può dare.

E poi ti dicono: “È facile... è intuitivo!”. Per chi la mente fatta in quel modo… sicuramente. Ma chi è poliedrico, creativo, eclettico, fantasioso, visionario, poetico, trova molta difficoltà. Io trovo molta difficoltà. Non capisco proprio la mentalità dei computer. Amo le persone e capisco le persone. A cominciare dai miei studenti. La didattica a distanza, durante i due anni di Covid, è stata un disastro totale. E si continua con questa solfa dei computer! Sono aumentati i disturbi di ogni tipo nei giovani e negli studenti: ansia, bulimia, anoressia, autolesionismo, rabbia, livore, acredine. Senza contare le tante, troppe, dipendenze che si sono diffuse trai ragazzi. Non soltanto quelle antiche legate all’alcol e al fumo, ma soprattutto le dipendenze da smartphone.

Insomma, i danni psicologici, umorali e caratteriali sui ragazzi sono stati incommensurabili, il vuoto culturale che si è creato negli adolescenti è immane. Sono dei sopravvissuti. Ma anche i professori vengono irregimentati in questa logica informatica e tecnocratica. Forse non lo sapete, ma anche questa è violenza. Questo è Regime a tutti gli effetti. Ebbene, se nessuno dice qualcosa in merito alla deriva in corso nella scuola italiana, allora provo a scriverla io. Perché alla base di una democrazia liberale, alla base dell’insegnamento, alla base della cittadinanza attiva, c’è la libertà di scelta. Cioè la possibilità di scegliere strade diverse, secondo il proprio modo di esprimersi e di ideare o costruire. Certo, mi sembra ovvio, sempre nel rispetto del proprio ruolo, dello Stato di diritto e delle persone. Ma qui si sta ammalando l’intera comunità scolastica. E le scuole sono diventate degli ospedali da campo. Non sarà internet a curare le persone. Anzi, le persone si salveranno con la Bellezza, cioè con il teatro, l’arte, la letteratura, la musica, l’amore.


di Pier Paolo Segneri