La rieducazione del Pd delle donne oggetto, anzi tavolino

martedì 24 ottobre 2023


Le ayatollah del politicamente corretto e le Ss della rieducazione di genere colpiscono duro. Attenti a non incappare nella super polizia del Partito democratico, che ormai sferra attacchi all’impazzata. È capitato a Verona che, in onore dei 75 anni del Consorzio Zai, l’azienda specializzata in rivendita all’ingrosso (tra cui anche materiale per la casa) abbia organizzato un gran banchetto con industriali, politici, imprenditori e alta borghesia. Per lanciare un addobbo originale, invece dei tavolini sui cui posare i bicchieri, hanno allestito “ragazze tavolino”. Ossia giovani modelle, vestite con una gonna rigida su cui appoggiare i calici. Non sono un esempio fulgido di realizzazione, ma neanche uno scempio sessista. Sarebbe finita lì, se non che alla serata era stato invitato anche il neo-sindaco di Verona, Damiano Tommasi, l’ex calciatore, padre di sei figli, che appoggiato dal centrosinistra ha strappato il feudo alla destra. Tutto sommato un uomo bonario. Con lui era anche la vicesindaca, Barbara Bissoli, una pepetta della nuova era Schlein che è saltata su tutte le furie. E l’indomani sapete cosa ha fatto? Ha scritto una lettera indignata al presidente del Consorzio, Matteo Gasparato, chiedendo a breve un confronto per quando accaduto di scandaloso in riferimento alle “ragazze tavolino”. “Un’oggettivazione della donna che va ad alimentare una cultura misogina e patriarcale che, con grande impegno, stiamo cercando di eliminare. Una scena irrispettosa alla quale ci auguriamo di non dover mai più assistere, in questa forma o in altre”. Proprio così ha scritto. Stanno eliminando, ci piacerebbe capire come.

Forse l’assessora, che è anche incaricata della parità di genere, allude alle misure che, ha anticipato, intende intraprendere. “A tal proposito – ha specificato nel testo – è nostra intenzione istituire un codice di condotta per gli enti collegati al Comune di Verona, nella direzione di tutelare la dignità di tutte e tutti, nonché di promuovere la cultura del rispetto e la parità di genere in tutte le sue sfaccettature, soprattutto laddove è messa a rischio da atteggiamenti e scelte inadeguate”. Sono gli stessi per cui i Gay Pride e le sfilate dei modelli maschi in gonne e trucchi sono libertà d’espressione e per cui ogni estremismo sessuale nel cinema, nell’editoria, nella vita reale, è democrazia. Il caso ha subito fatto rumore e ha investito le modelle, che hanno reagito duramente contro l’invadenza politica. Una di loro, Michelle Pelligrinelli, ha spiegato di non sentirsi affatto sfruttata, di aver preso 150 euro per un’ora e con quei soldi ha precisato che si pagherà l’università. “C’erano anche un ragazzo pavone e un ragazzo libellula – ha rivelato – come mai la loro espressione di genere non fa scandalo?”. Pagliacciate del Pd, la sbornia del politicamente corretto, ma anche l’arroganza di una parte che si è presa troppo la mano. Abbiamo sottovalutato, abbiamo lasciato fare, per pigrizia e superficialità, per mancanza di un’idea sana e corretta abbiamo concesso a ogni follia queer, binaria, non binaria, di impegnare il dibattito, semmai senza una controparte ugualmente rappresentata, ugualmente attiva, ugualmente propositiva, ugualmente libera di esprimersi e rispettata. Il risultato è che ogni manifestazione surreale, trash o volgare purché gender è lecita, tutto il resto è rieducazione.


di Donatella Papi