Presidenzialismo e autonomia, “tempi non brevi”: intervista a Pier Ernesto Irmici

Un centrodestra che deve marciare compatto, mentre davanti c’è tutto il tempo necessario per la realizzazione del presidenzialismo e dell’autonomia. Riforme, queste, che devono procedere contemporaneamente e che rappresentano due temi centrali del programma della coalizione. Pertanto, le liti sulle due questioni sono “insensate”. Di questo, e altro, parla Pier Ernesto Irmici, coordinatore della consulta di Forza Italia per i problemi istituzionali di Roma Capitale, candidato nella lista degli Azzurri per le elezioni regionali del Lazio che si svolgeranno il prossimo 12-13 febbraio. Nell’intervista a L’Opinione, Irmici affronta anche la questione dei poteri speciali per la Città eterna, un punto ritenuto centrale e “non più rinviabile”.

Presidenzialismo e autonomia: riuscirà la coalizione a non litigare?

Sono entrambi temi centrali del programma della coalizione di centrodestra e, pertanto, liti su presidenzialismo e autonomia differenziata sono insensati. È insostenibile, direi addirittura impensabile, ritenere che una parte dell’organizzazione dello Stato possa avere una precedenza sull’altra. Sono due riforme fondamentali che devono necessariamente procedere contemporaneamente, perché autonomie regionali differenziate senza presidenzialismo determinerebbero uno Stato invertebrato e un presidenzialismo senza autonomie regionali favorirebbe un troppo forte centralismo dei poteri. È allora evidente che rivendicare prima la realizzazione delle autonomie differenziate e poi il presidenzialismo, o anche il contrario, risponde non alla logica dell’architettura dello Stato ma a logiche propagandistiche, che noi di Forza Italia respingiamo fermamente.

A tal proposito, la Lega spinge per l’autonomia: è solo un discorso elettorale, viste le imminenti Regionali, o c’è altro?

È una questione troppo seria e delicata per essere lasciata alla propaganda elettorale. In democrazia esistono certamente esigenze elettorali, ma velocizzare una riforma a discapito di una coerente realizzazione dell’architettura dello Stato in un contesto politico di ampia condivisione sarebbe un gravissimo errore. Ma c’è qualcosa di più. Sarebbe riduttivo ritenere che per la Lega sia una mera questione elettorale. Da una analisi più attenta è possibile facilmente capire che è un motivo sedimentato nel suo dna, storicamente segnato da una forte cultura autonomista, anticentralista e antiromana che, come un fiume carsico, riemerge.

In questo quadro, sul tema dei poteri speciali per la città di Roma: sì? No? E perché?

Dare a Roma poteri speciali è una questione centrale non più rinviabile. Roma, in quanto Capitale d’Italia, è al servizio dell’intera nazione e non è più sopportabile vederla, nei fatti, assimilata a qualsiasi altra città, quando invece, nel mondo, tutte le grandi capitali sono dotate di poteri speciali. Su questo punto, Forza Italia ha da sempre rivendicato per Roma Capitale poteri che siano pari a quelli di una Regione, come avviene, ad esempio, per Berlino. Voglio ricordare che nella scorsa legislatura, proprio su iniziativa di Forza Italia, la proposta di legge di riforma costituzionale per Roma Capitale aveva superato, senza alcun contrasto, tre letture sulle quattro necessarie per la sua definitiva approvazione. Adesso occorre ripercorrere nuovamente, senza esitazioni e urgentemente, l’iter legislativo.

Dall’ultimo vertice di maggioranza è stato invocato l’equilibrio. Come si riuscirà a mantenere tranquille le frange più “calde”?

Saranno i fatti a sopire ogni intemperanza e a ricondurre il confronto sulla strada della ragionevolezza e dell’equilibrio.

In questa lotta di pesi e contrappesi, chi ha più da perdere tra le forze di Governo?

Se non prevarrà l’equilibrio, a perdere o a vincere non sarà semplicemente questa o quella forza politica di Governo: perderà tutta la coalizione e, soprattutto, sarà un’occasione mancata per l’Italia intera, che perderebbe, proprio adesso che c’è una forte maggioranza parlamentare di centrodestra, un’occasione irripetibile per modernizzare e rendere più dinamico lo Stato. Sarebbe veramente imperdonabile.

Oggettivamente, quale è la tempistica per la conclusione dei due iter?

I tempi non possono essere brevi. Si tratta di due riforme delicatissime, destinate a cambiare l’Italia e, proprio per questo, il ruolo del Parlamento sarà centrale. Per le autonomie differenziate è sufficiente una legge ordinaria, ma il suo iter non può essere “soffocato” con l’approvazione in Parlamento di una legge-quadro di iniziativa governativa per demandare successivamente i contenuti a un Dpcm. L’importanza di questa riforma necessita un passaggio parlamentare approfondito, in particolare sulla questione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali, che devono essere garantiti sull’intero territorio nazionale. Per realizzare il presidenzialismo è necessaria, invece, una riforma di rango costituzionale, con quattro passaggi parlamentari ed eventualmente anche un referendum confermativo, qualora la legge non dovesse ottenere nella seconda votazione, da ciascuna delle Camere, la maggioranza dei due terzi. Sono due riforme molto impegnative. La Legislatura è appena iniziata e c’è tutto il tempo necessario per realizzarle, ma sono importanti due condizioni: iniziare subito i lavori parlamentari e un centrodestra capace di marciare compatto.

Aggiornato il 20 gennaio 2023 alle ore 11:27