Consigli non richiesti al Governo Meloni

Come sanno coloro che mi conoscono, appartengo a quella schiera di socialisti che, dal 1994, hanno deciso di contrastare la cultura del giustizialismo, che tanti danni ha prodotto e continua a produrre nelle istituzioni e nel Paese. Per questo, non posso che essere contento del nuovo Governo italiano, per di più per la prima volta guidato da una donna, che ha conquistato il ruolo di primo ministro grazie alle sue capacità e non a presunte quote rosa che, di fatto, considerano le donne oggetto, immagine o come richiamo per le allodole per affermare una vacua parità.

Nonostante ciò, sono consapevole dei limiti che attanagliano la classe dirigente del centrodestra italiano: una buona dose di populismo e mancanza di una forte cultura liberale, mancanza che ovviamente non è esclusiva del centrodestra; uno spiccato individualismo accompagnato da un opportunismo smodato; mancanza del senso di squadra e di appartenenza. Limiti, questi, che troviamo anche nello schieramento della cosiddetta sinistra, con l’aggravante che è giustizialista e con una spiccata tendenza all’autoritarismo (aspetto che si è manifestato con chiarezza durante la pandemia) unito a un forte sentimento di essere sempre i migliori per censo culturale. Autoritarismo, mitigato all’apparenza, da una concezione ideologica dei diritti civili (avendo perso di vista quelli sociali) sponsorizzati come clava o anatema per chi non li condivide tout court.

Toccata la quota dei primi cento giorni del Governo Meloni, possiamo già intravedere i normali rischi che l’Esecutivo dovrà affrontare. Siamo un Paese che, grazie ai media, è capace di far credere per buone delle fregature e anche l’opposto. In questo, la cosiddetta sinistra è bravissima: un esempio per tutti è stata la privatizzazione delle aziende pubbliche, gestite dai vari governi del cosiddetto centrosinistra, che avrebbero potuto sanare il debito pubblico e che, invece, sono state svendute, aumentando il debito pubblico. Pertanto, mi permetto di sottolineare l’importanza della comunicazione e della controinformazione.

Che l’attuale Governo faccia tutto bene lo spero, ma non credo. E ritengo giusto che, quello che farà di buono, almeno lo sappia comunicare agli elettori. Sul fronte dell’economia, in molti parlano dell’inflazione e del carovita. La soluzione su cui tutti invitano il Governo è quella degli adeguamenti salariali e della realizzazione di un salario minimo. A mio parere, sono strade sbagliate che si vogliono far percorrere al Governo, perché gli aumenti salariali così proposti faranno aumentare l’inflazione. C’è una strada maestra già percorsa negli anni Ottanta dal Governo Craxi, che ha dato risultati formidabili, ed è la concertazione tra le parti sociali. Il problema vero è il potere di acquisto dei salari e bloccare la speculazione che avviene tramite l’intermediazione, fenomeno quest’ultimo che è avvenuto già nel cambio dalla lira all’euro.

Per i contratti di lavoro bisogna continuare la strada iniziata da Matteo Renzi, ma poi persa dallo stesso, incrementando le assunzioni a tempo indeterminato e abolendo i contratti anomali, ma anche quelle forme contrattuali che diminuiscono il salario e che oggi favoriscono false cooperative o società che offrono servizi competitivi non con la tecnologia, diminuendo il salario delle proprie maestranze nonostante svolgano lo stesso lavoro dei dipendenti delle aziende che danno in appalto parte della loro produzione o servizi.

Altro aspetto per l’occupazione è il coinvolgimento in modo strutturale delle associazioni imprenditoriali nella formazione, utilizzando i fondi economici per formare gli inoccupati e i disoccupati sulle richieste delle aziende. In una crisi di sistema dell’economia mondiale il sistema-Paese deve fare squadra.

Difronte a iniziative di questa natura, certamente, le sacche di resistenza saranno molte, ma anche qui saper parlare al Paese è la condizione per battere quella massa di autolesionisti che, sia a destra che a sinistra, sono tifosi e/o qualunquisti che si abbeverano alla fonte dei poteri forti di coloro che governano i media. Anche qui una leggina per una stampa libera dagli interessi della finanza e delle imprese a loro collegate sarebbe utile per la democrazia del nostro Paese.

In politica estera un forte rapporto con l’America e con l’Europa non può e non deve ridursi nell’essere obbedienti e rispettare le regole e le alleanze, ma è necessario avere anche la capacità di indicare alternative o evidenziare i rischi di sbagli che gli Stati europei o gli americani possono compiere. Essere alleati, o parte di un comune progetto, ci dà il diritto-dovere di contribuire al miglioramento delle condizioni di vita e di sicurezza dei nostri popoli.

Un ultimo aspetto fondamentale per la nostra democrazia è la riforma dello Stato: sia esso un premierato o il presidenzialismo, è necessario il ritorno a un primo turno del proporzionale puro, affinché le famiglie politiche si possano riorganizzare per idee e programmi, ricreando quel senso di appartenenza e dello Stato che la Seconda Repubblica ha disperso. Ovviamente, come logica conseguenza di ciò, va ristabilito il finanziamento pubblico ai partiti e normato in termini di trasparenza quello privato, perché la democrazia costa, ma la dittatura di più.

Giulio Andreotti diceva che il potere logora chi non lo ha, ma è vero anche il contrario. Per cui è naturale la lotta politica tra i partiti e anche al loro interno, ma non bisogna mai dimenticare che in democrazia ci sono avversari e non nemici. E anche gli avversari interni sono portatori di voti e non nemici da eliminare.

Ps: per la giustizia l’agenda di Carlo Nordio è una garanzia per un ritorno alla normalità.

Aggiornato il 18 gennaio 2023 alle ore 11:35