Stazioni di polizia cinesi in Italia, Piantedosi: “Non escludo provvedimenti”

giovedì 8 dicembre 2022


La sensazione è che il Governo voglia vederci chiaro sulla presunta presenza di “stazioni di polizia” cinesi in Italia. Un’indicazione, in tal senso, l’ha data il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che ha rimarcato come “presso il Dipartimento della Pubblica sicurezza” non risulti alcuna “autorizzazione in ordine all’attività” di centri cinesi per il disbrigo di pratiche in Italia. Inoltre, ha assicurato che “le forze di polizia, insieme all’intelligence, attueranno un monitoraggio con la massima attenzione. Io lo seguirò personalmente e non escludo provvedimenti sanzionatori in caso di illegalità riscontrate”.

Parole, quelle di Piantedosi, giunte nel question time alla Camera e che sono, per dovere di cronaca, successive alle polemiche divampate nei giorni scorsi a seguito di un rapporto di Safeguard Defenders, ong spagnola, secondo la quale esisterebbe una rete che si comporrebbe di oltre 100 unità in almeno 53 Paesi sparsi nel mondo. E undici centri di collegamento, camuffati da uffici di servizi, sarebbero presenti nel Belpaese. Il loro scopo sarebbe quello, in sostanza, di sorvegliare i connazionali presenti all’estero.

Safeguard Defenders nel suo report ha sottolineato che l’Italia ospiterebbe il maggior numero delle cosiddette “stazioni di polizia” cinesi non ufficiali costituite extra-confine. La prima sarebbe stata allestita a Milano, nel 2016, dall’agenzia di pubblica sicurezza di Wenzhou. Nel 2018, la pubblica sicurezza di Qingtian avrebbe istituito anche un ufficio pilota, sempre a Milano.

Sulla tematica ha detto la sua anche Ursula von der Leyen, presidente della Commissione dell’Unione europea, che in un’intervista pubblicata dal Corriere della Sera ha specificato: “Sono profondamente preoccupata da queste notizie sulle stazioni di polizia cinesi presenti sotto copertura sul territorio dell’Unione. La Commissione europea condanna qualunque interferenza sul territorio sovrano degli Stati membri della Ue”. Non solo: “Se si dovesse dimostrare la veridicità di queste notizie, per noi sarebbe inaccettabile il fatto che un qualunque Paese terzo possa esercitare qualunque forma di giurisdizione extraterritoriale nel territorio di Stati membri dell’Unione europea senza l’accordo di questi ultimi”.

Intanto, il ministro Piantedosi ha tenuto a ribadire come la vicenda non abbia attinenza “con gli accordi di cooperazione di polizia e i pattugliamenti congiunti tra Italia e Cina, che si sono svolti dal 2016 al 2019”. E ancora: “Riguardo all’apertura a Prato di una presunta stazione di polizia cinese, la polizia ha immediatamente avviato accertamenti, dai quali è emerso che lo scorso marzo un’associazione culturale cinese ha aperto una sorta di sportello per il disbrigo di pratiche amministrative rivolto ai connazionali in Italia, nonché un servizio per il rinnovo di patenti cinesi e per le successioni. A oggi, risulta che il centro non fornisca più questi servizi, verso i quali c’è stato peraltro uno scarso interesse, essendo pervenute solo quattro richieste”.

Sempre Piantedosi: “Il 16 novembre, presso il Dipartimento di pubblica sicurezza, si è svolto un incontro con l’ufficiale di collegamento della Repubblica cinese che ha confermato quanto dichiarato dai responsabili dell’associazione. In ogni caso, la Digos ha informato l’autorità giudiziaria degli elementi acquisiti”. Non mancheranno verifiche, ha detto Piantedosi, “su altre città. Al momento, non risultano casi analoghi a quello di Prato a Firenze, Roma, Venezia e Bolzano. Solo a Milano c’è un’associazione che svolge attività di disbrigo pratiche amministrative e sono in corso approfondimenti”.


di Mimmo Fornari