Pd, tra congresso anticipato e rischio scissione

Il Pd vive una fase caotica. La data del congresso non è ancora stata fissata. Inizialmente, Enrico Letta puntava alle Primarie fissate nel mese di marzo. Ma le pressioni interne ed esterne hanno portato il segretario dimissionario a rivedere i piani. Contrordine, compagni. Tutto da rifare. Ora è lo stesso Letta che preme per una fase congressuale rapida che si concluda a fine gennaio. Secondo Claudio Velardi, ex dirigente Pci-Pds, “la logica che presiede la lunga discussione iniziata dopo la sconfitta elettorale e che durerà fino a febbraio, se tutto va bene, è l’esigenza dell’attuale apparato dirigente di sopravvivere, magari mandando avanti la Elly Schlein di turno, sponsorizzata da Franceschini e presentata come novità della società civile”. Intervistato dal Giornale, il collaboratore di Massimo D’Alema premier, non nasconde le proprie perplessità sul futuro della sinistra. “Il tema vero, su cui è difficile anche per me scherzare, è questo: il Pd – sottolinea – oggi, è un partito senza identità. Non sa più spiegare chi è e cosa propone per la società. E nelle ultime settimane è riuscito a buttare a mare anche l’ultimo patrimonio identitario serio che gli restava. Ora a una parte del Pd resta la regressione infantile e nostalgica verso il comunismo, a testimonianza di un lutto mai elaborato”.

Un noto catastrofista dell’universo progressista è Massimo Cacciari. Il filosofo, ex sindaco di Venezia, è un apprezzato cantore di sventure. Ora profetizza la scissione, di più, la dissoluzione del partito. Cacciari “vede” il rischio scissione del Pd come estremamente probabile. “Mi sembra – spiega al Giorno – che sia la procedura normale per la cosiddetta sinistra (non solo nazionalpopolare). Chissà, a questo punto, forse tornare a uno schema Margherita-Ds non sarebbe neppure il male peggiore. Almeno si riconoscerebbe onestamente il proprio fallimento e da questa onesta constatazione si potrebbe più seriamente ripartire”. Per Cacciari “la perdita di identità culturale e strategica riguarda ogni forza politica (anche qui, non solo nazionale) e ciò produce contaminazioni, confusioni, ibridi di tutti i più indigeribili tipi”. Secondo il filosofo, “il futuro del Pd dipenderà da come le questioni suddette saranno affrontate. Ma per avere un futuro proprio in quanto attuale Pd forse siamo ormai fuori tempo massimo”. Poi, lancia una stoccata contro Andrea Orlando e Goffredo Bettini. “Sono corresponsabili della situazione del Pd e dei suoi risultati. E l’attuale gruppo dirigente in solido che deve presentarsi al Congresso dimissionario. Ma quale congresso sarà? Quello tra loro?”.

Intanto, si svolgerà sia da remoto che in presenza l’Assemblea nazionale del Pd convocata per sabato prossimo dalle 10 a Roma. I lavori saranno trasmessi su Facebook e Youtube e l’ordine del giorno prevede “modifiche allo Statuto nazionale, inserimento della norma transitoria per l’avvio del procedimento congressuale; comitato costituente nazionale”, come recita la convocazione. Lo svolgimento in modalità ibrida è stato dettato, come ha spiegato lo stesso Pd, per “facilitare la partecipazione dei delegati”, circa mille. Sulla riunione del Parlamentino dem si è sviluppata per tutta la giornata di ieri una discussione accesa. Non tanto sul merito. L’Assemblea, di fatto, rappresenta il primo passo concreto in direzione di quella accelerazione dei tempi congressuali invocata ormai da gran parte del partito. Accelerazione che lo stesso Enrico Letta aveva assicurato. Ma a far discutere erano state le modalità dell’appuntamento. “L’assemblea nazionale per l’avvio del percorso costituente non può essere un adempimento burocratico, peraltro online. Mi sembra giusto e rispettoso per tutti convocarlo almeno una settimana dopo e in presenza”, aveva chiesto il deputato del Pd Roberto Morassut. Non l’unica voce critica visto che Matteo Orfini aveva definito, via tweet, “una cosa assurda” una Assemblea solo in Dad e l’ex senatore Tommaso Nannicini, citando Nanni Moretti, aveva sentenziato: “Continuiamo così, facciamoci del male”.

Frattanto, continua la decennale polemica a distanza tra Massimo D’Alema e il suo nemico giurato, Matteo Renzi. L’ex leader dei Ds, ospite de L’aria che tira, su La7, ha lanciato la sua stilettata al senatore di Rignano sull’Arno. “La rottamazione – dice Baffino – ha funzionato come una sorta di autorottamazione dati i risultati conclusivi di questa vicenda”. In attesa di vedere se e come Renzi risponderà, ci ha pensato Raffaella Paita, presidente del gruppo Azione-Italia viva al Senato, a rimandare al mittente le accuse mosse in tivù. “Renzi è in Parlamento e D’Alema no. Dunque, mi pare la rottamazione abbia funzionato”, ha twittato la senatrice. Quel termine nato da un giovane politico toscano è rimasto nell’immaginario collettivo nel corso del tempo. Non si sono fatte attendere anche le risposte social al tweet della Paita. Secondo D’Alema, il vero rinnovamento “è una cosa più complessa della rottamazione, comporta una capacità di assumere la parte migliore della propria tradizione, è un concetto della filosofia classica tedesca: Aufhebung. Superare il passato, ma incorporandolo nella parte migliore”.

Nel frattempo, gli attivisti del Pd piemontesi risultano dimezzati o quasi. Ad Alessandria, Novara, Vercelli e Torino si registrano numeri allarmanti. Come scrive Repubblica, “sarà colpa dell’iscrizione online, come tutti si affrettano a ripetere. Sarà che si attende di sapere quando ci sarà il congresso e a chi andrà la leadership. Sarà anche che in una fase di crisi come questa qualcuno aspetta la tredicesima per pagare il prezzo della quota (15 euro), ma al momento non si può sostenere che il tesseramento in casa dem stia andando bene”.

 

Aggiornato il 15 novembre 2022 alle ore 18:42