Ennesima ingiustizia contro Oriana Fallaci

Pochi giorni fa il Comune di Livorno ha bocciato la proposta di dedicare una strada a Oriana Fallaci, l’indimenticabile giornalista e scrittrice italiana venuta a mancare nel 2006. Il motivo della decisione? Un personaggio controverso. Monta la polemica sulla decisione, con la sinistra livornese che si difende sostenendo l’incompatibilità delle posizioni espresse dalla Fallaci sull’Islam, con una società autenticamente democratica che guarda alla tolleranza, alla diversità e all’integrazione come a dei valori. E con la destra che, invece, elogia le posizioni “d’avanguardia” e quasi profetiche della giornalista e scrittrice fiorentina sulla stessa questione.

Quel che è certo, è che una delle più grandi firme del giornalismo italiano è stata oggetto di una damnatio memoriae come pochi altri in questo Paese ed è ancora oggi vittima di un riprovevole ostracismo culturale che non può che indignare chi – come chi scrive – non solo ha avuto modo di apprezzare lo stile franco, piccato e deciso, a volte tagliente, di Oriana Fallaci, ma che ha letteralmente amato questa donna, questa giornalista e questa scrittrice, che è cresciuto leggendo i suoi scritti e che l’ha presa a modello, dal punto di vista umano come da quello professionale.

Io trovo vergognoso – per citare la compianta Oriana – che questo Paese non sia in grado di apprezzare una delle menti (e delle penne) più brillanti alle quali questa terra abbia mai dato i natali. Io trovo vergognoso che in questo Paese ci si riesca a dividere anche e soprattutto su quello che dovrebbe unire: come considerare Oriana Fallaci patrimonio nazionale e della civiltà occidentale.

Io trovo vergognoso che si etichetti come “controverso” chi si è limitato a osservare i fatti e a dare un giudizio, per quanto forte. Io trovo vergognoso che si cerchi di limitare il vastissimo universo fallaciano alla sola avversità nei confronti del mondo arabo-musulmano. Io trovo vergognoso che in un Paese dove si dedicano strade a Palmiro Togliatti – che non è stato affatto uno stinco di santo e che avrebbe volentieri fatto dell’Italia uno Stato satellite della vecchia Unione Sovietica – e ai gerarchi fascisti; ai Papi medievali e controriformisti che hanno regnato nella corruzione o ai re che sono fuggiti, lasciando la nazione in balia di se stessa e immersa nella guerra civile, si ritenga “controverso” intitolare una strada a una giornalista che ha fatto il suo dovere fino alla fine: raccontare le cose per quello che sono. Dire la verità anche se scomoda, impopolare, ingombrante.

Io trovo vergognoso che questa grande donna italiana, venga continuamente male interpretata e fraintesa da una sinistra che la demonizza e la liquida col titolo di “razzista” o di “islamofobica”, dimenticando il suo contributo politico e intellettuale a moltissime altre battaglie di civiltà, nonché il suo essere una donna tutt’altro che conservatrice, ma semplicemente innamorata della libertà e decisa a combattere a colpi di penna chiunque la minacciasse. Quello che certa sinistra non riesce a perdonare alla Fallaci è il suo aver toccato un nervo scoperto, sottolineando quello che ancora oggi ci si ostina a non vedere e a non capire: non tutta l’immigrazione è buona e un certo tipo di immigrazione va attenzionata più delle altre, perché spesso è caratterizzata da impulsi reazionari ed è portatrice di visioni e modelli di vita incompatibili con quelli delle società occidentali.

Io trovo vergognoso che questa grande donna italiana venga continuamente “tirata per la giacchetta” da una destra che la osanna semplicemente per le sue prese di posizione dinanzi al montare dell’aggressività islamica nei confronti dell’Occidente, dimenticando che la Fallaci era fondamentalmente una liberale di stampo mazziniano, visceralmente antifascista, vicina al Partito Radicale, fautrice dell’alleanza di quest’ultimo con i socialisti e i socialdemocratici e che, prima di attaccare frontalmente il mondo islamico, aveva combattuto per la legalizzazione dell’aborto e del divorzio, nonché per la libertà delle donne di autodeterminarsi e di poter essere tutto ciò che volevano: come lei del resto, che si era fatta da sola.

Si dice spesso che Oriana Fallaci si ama o si odia: non ci sono vie di mezzo. Proprio questo è il segno delle grandi personalità: quelli che piacciono a tutti, del resto, hanno ben poco carattere e hanno la pessima tendenza a conformarsi alle opinioni dominanti o a quelle dell’interlocutore di turno, in modo da non dover mai entrare in disaccordo con nessuno. Non si può piacere a tutti, se si fa il proprio dovere e si dice sempre quello che si pensa. Non si può piacere a tutti se si seguono i propri valori e si ragiona con la propria testa. Tuttavia, ben pochi sanno suscitare sentimenti estremi come la Fallaci. Alla quale, tuttavia, nessuno può negare il suo immenso valore professionale, politico e umano, indipendentemente da come la si pensi.

Il Consiglio comunale di Livorno (solo l’ultimo di una lunga lista di Amministrazioni che hanno rifiutato di tributare questo riconoscimento all’immensa giornalista) avrebbe dovuto pensare semplicemente a Oriana Fallaci come a una grande italiana, una grande professionista e una grande donna. A una donna che, fino all’ultimo giorno della sua vita, ha combattuto per quello in cui credeva. A una donna che non ha desistito neanche di fronte all’incomprensione, alla crudeltà e alla derisione cui è stata sottoposta. A una donna che, piaccia o no, ha dato lustro all’Italia, considerando che è una delle scrittrici italiane più lette all'estero.

C’è qualcuno che può negare che avesse torto sulla questione dell’Islam? Solo uno reso cieco dall’ideologia lo farebbe: e in questo Paese la cecità ideologica abbonda, a sinistra come a destra. È un dato di fatto che, praticamente ovunque, la convivenza con le comunità islamiche si sia rivelata molto più difficile di quanto previsto inizialmente. È un dato di fatto che gli immigrati musulmani siano, non di rado, portatori di visioni contraddittorie rispetto alla cultura della libertà, dei diritti, della tolleranza e della diversità che è propria delle società aperte come quelle occidentali. Che questo sia un problema dell’Islam in se stesso – come sosteneva la Fallaci; che si tratti di un fatto culturale e non religioso; o che si debbano solo migliorare le strategie di integrazione, evitando di lasciare tutto alla buona volontà dei diretti interessati e favorendo dei percorsi di assimilazione più incisivi, è un dato opinabile. Resta comunque la serietà della questione sollevata da una delle più grandi giornaliste di tutti i tempi. Ci si può dividere su come affrontare il problema, ma non sulla sua esistenza e, soprattutto, non sulla figura che ha avuto il coraggio di metterlo in luce, sia pure con toni forti, che però erano propri della persona e del suo stile.

L’Italia dovrebbe essere costellata di strade, piazze, palazzi e sale convegni intitolati a Oriana Fallaci: al netto delle sue opinioni sull’Islam piuttosto che sull’aborto (“Lettera a un bambino mai nato” non suscitò meno scalpore e indignazione tra gli anti-abortisti e i conservatori di quanto non fece la trilogia contro l’Islam nel mondo progressista e “multikulti”) si deve riconoscere lo spessore e la grandezza, morale, intellettuale e professionale, della persona.

Nel frattempo, conserviamo nel cuore il ricordo di Oriana Fallaci, le emozioni che ci ha suscitato coi suoi articoli, i suoi reportage e i suoi libri, l’ammirazione che tutti quanti, in fin dei conti, abbiamo nutrito per lei e iniziamo a parlarne con il rispetto che ha meritato. Rendiamole quella giustizia che in vita non le abbiamo tributato, facendo tesoro del suo insegnamento: vale sempre la pena combattere per la libertà, indipendentemente da quanto possa costare caro. Perché la libertà è la cosa più preziosa che abbiamo e, una volta persa, difficilmente si riconquista.

Aggiornato il 16 giugno 2022 alle ore 19:40