Cronaca di un autolesionismo italiano storicamente annunciato

Niccolò Machiavelli usava affermare che la storia è maestra di vita (historia magistra vitae). E questa considerazione è tanto valida e veritiera per ciò che concerne il passato e, ahimè, il presente dell’Italia. Il reiterato autolesionismo italiano a vantaggio di interessi stranieri si ripete senza alcuna soluzione di continuità, grazie alla propaganda politica e mediatica improntata sull’impostazione manichea di combattere una “guerra santa” contro un presunto nemico demonizzato e sempre contro i propri interessi.

Come volevasi dimostrare, i corsi e ricorsi storici di matrice viciana si ripetono inesorabilmente per le sorti dell’Italia. Infatti, mentre la nostrana demagogica propaganda di regime a senso unico condanna in modo manicheo Vladimir Putin, fomentando ogni forma sanzionatoria e discriminatoria nei confronti della Russia, emerge un dato tanto sconcertante quanto scontato, ossia che mentre l’Italia sceglie una politica nei rapporti con Mosca autolesionista, che ha indotto la società fornitrice di gas russo “Gazprom” a ridurre del 15 per cento i flussi di gas in arrivo in Italia, altre nazioni – come la solita Francia – aumentano le importazioni di gas liquido dalla Russia.

La vera motivazione della succitata riduzione di fornitura di gas all’Italia è da ricercare, proprio, nella politica sanzionatoria che ha promosso e sostenuto nei confronti della Russia a causa della guerra in Ucraina. La conferma che ciò non sia causato da un problema amministrativo è dimostrata dal fatto che il gruppo Eni, acquirente per l’Italia del gas russo, si è già adeguato al nuovo meccanismo di pagamento imposto dalla Russia con l’apertura dei conti K: il gas viene pagato in euro, che successivamente viene convertito in rubli e trasferito su un secondo conto, allo scopo di essere poi girato a Gazprom Export tramite la Gazprombank. L’Eni non ha fatto altro che portare avanti una procedura che hanno seguito tutti gli altri gruppi europei, a dimostrazione di quanto sia inutile e grottescamente banale la decisione della Commissione europea di impedire alle compagnie continentali di pagare la Gazprom in rubli.

Prima di tutto è bene evidenziare che, nei primi cento giorni da quando è iniziata la guerra in Ucraina, la Russia ha aumentato le esportazioni di combustibili fossili, arrivando a toccare la cifra di 93 miliardi di euro, secondo quanto riporta lo studio svolto da Crea (Center for research on energy and clean air), la società di consulenza che ha la sede in Finlandia. Infatti, esportazioni di petrolio hanno fatto segnare un controvalore di 46 miliardi di euro. Per il gas esportato attraverso il gasdotto sono stati raggiunti i 24 miliardi di euro e 13 miliardi di euro per i prodotti petroliferi raffinati, mentre per quanto riguarda il gas liquido (Lng) sono stati raggiunti i 5,1 miliardi di euro. E infine, per il carbone, sono stati raggiunti i 4,8 miliardi di euro. Entro dicembre del 2022, con la sola eccezione dell’Ungheria, l’Unione europea, con il sesto pacchetto di sanzioni, ha stabilito che dovranno terminare le importazioni di petrolio e derivati dalla Russia. Inoltre, l’Unione europea si è impegnata, tramite il pacchetto RePowerEu, a ridurre di due terzi la propria dipendenza dal gas russo sempre entro la fine del 2022, sostituendo la fornitura di quasi 100 miliardi di metro cubi di gas da parte della Russia con la fornitura di altre nazioni, al costo anche di modificare la composizione dei consumi.

Ma queste decisioni rimangono solo buone aspirazioni e nulla più. Infatti la Francia, che storicamente ha sempre fatto prevalere i propri interessi su qualsiasi accordo e “buona intenzione” di matrice europea, ha aumentato le importazioni di Lng dalla Russia, grazie allo sfruttamento dei due terminali di Montoir-de-Bretagne e di Dunkirk. Dallo scorso dicembre la Francia ha progressivamente aumentato le proprie importazioni, arrivando a sfiorare il miliardo di metri cubi al mese. Da marzo, poi, la Francia importa oltre 3 miliardi di metri cubi di Lng al mese, grazie all’utilizzo dell’impianto di estrazione e liquefazione della penisola siberiana sul mare di Kara, Yamal, con cui la Russia eroga il gas liquido in Francia.

Così, mentre la Francia – scaltra e sempre attenta ai propri interessi nazionali – incrementa il proprio approvvigionamento di gas liquido russo al di là di ogni circostanziata e prevalente posizione ideologica contingente, l’Italia si sforza in tutte le maniere di auto-penalizzarsi, cercando di scovare delle alternative, siglando sterili accordi di fornitura con nazioni che non hanno ancora estratto alcun metro cubo di gas. A riprova del fatto che, volente o nolente, la classe dirigenziale e governativa italiana non è in grado di fare gli interessi nazionali e, quindi, dei propri connazionali. Ma si presta, piuttosto, ad applicare delle politiche economiche che avvantaggiano interessi di altri poteri.

Quod erat demonstrandum

Aggiornato il 17 giugno 2022 alle ore 11:40