Referendum in Italia ed elezioni politiche in Francia

Domenica scorsa, in Italia, non s’è raggiunto il quorum per la validità dei referendum abrogativi sulla “giustizia”. Domenica scorsa, in Francia, più della metà dei cittadini non ha votato nel primo turno pel rinnovo dei seggi dell’Assemblea Nazionale. Il primo dato è più grave del secondo. Infatti, è vero che qualora la maggioranza di seggi nell’Assemblea Nazionale non vada al partito del presidente, Emmanuel Macron, l’Esecutivo da lui nominato potrà difficilmente governare. E un’incertezza sulla politica francese, in questo momento, in Europa, è rilevante.

Il comportamento dei francesi, però, rientra in una prassi sempre più consolidata nelle democrazie nazionali, svuotate dal globalismo. Quello che Ulrich Beck chiamò “votare con le scarpe”, nella considerazione dell’inutilità di esprimere il suffragio per la formazione d’organi ormai irrilevanti, quando le decisioni sono prese a livello globale, e sovente da soggetti non istituzionali. Questo non vale per il Parlamento europeo, che comunque incede su politiche inerenti sull’ancora primo mercato a livello planetario, per volumi di scambi, e sull’orientamento d’Istituzioni supernazionali che, forse anche di là delle disposizioni dei Trattati istitutivi, hanno un ruolo politico sempre maggiore nella comunità internazionale. I cittadini dell’Unione europea, spesso, sono ancora distratti, solo perché stentano a rendersi conto del loro peso e ruolo. I cambiamenti storici hanno un metabolismo lento. Sono cittadini di Nazioni affrontatesi su fronti avversi per secoli, e nella prima metà di quello scorso in modo particolarmente cruento. A livello planetario, comunque, non esiste un quadro istituzionale in grado di controllare, con rappresentanza democratica, quanto si sviluppa nelle realtà transnazionali. I motivi si sono già esaminati, ma s’è convenuto come, forse, esista un solo sistema per gettare le basi di future istituzioni a partecipazione popolare: “fare popolo”, cioè partecipare, attraverso le nascenti organizzazioni non governative transnazionali, per la difesa dell’ambiente, dei diritti umani, degli interessi di categoria, d’internazionali di famiglie politiche, ad un embrione di società globale.

Questo, però, richiede ingaggiarsi nella cosa. Per questo l’assenteismo degli italiani nell’esprimersi in quei referendum è molto più grave di quello dei francesi in elezioni politiche. Tanto se si considera, anche, quanto gli italiani si lamentino, in genere, proprio del sistema giudiziario. Lo fanno al banco o ai tavolini dei caffè. Chiamati, poi, a esprimersi in una bella Domenica di primavera, hanno preferito non recarsi alle urne. Se questo atteggiamento fosse comune alla gran parte delle genti, sarebbe impossibile “fare popolo” su questo benedetto globo; se fosse peculiare degli Italiani, porterebbe gli stessi ai margini dell’evoluzione storica. Se così, il Risorgimento italiano sarebbe stato inutile.

Aggiornato il 15 giugno 2022 alle ore 11:00