Se Putin smentisce i putiniani

L’adesione di Helsinki e Stoccolma all’Alleanza Atlantica non preoccupa Vladimir Putin. “La Russia – afferma l’autocrate – non ha problemi con Finlandia e Svezia. La loro possibile adesione alla Nato non crea alcuna minaccia per Mosca”. D’altro canto, se Putin non è impensierito, i putiniani d’Italia, ormai celebrate stelle della tivù e del teatro, danno libero sfogo alla loro angoscia. Il sociologo Alessandro Orsini sostiene di piangere quando apprende che un Paese manifesta l’intenzione di fare parte della Nato. La filosofa Donatella Di Cesare non nasconde la propria inquietudine. “L’intempestiva annessione di Svezia e Finlandia alla Nato – twitta – è una escalation ulteriore, una sfida alla Federazione Russa, un atto di guerra mentre si finge di parlare di pace”. Il post della docente di Filosofia teoretica all’Università “La Sapienza” di Roma scatena un acceso dibattito sul web. Perché usa il verbo annettere in luogo del verbo aderire. “Prima delle paure di svedesi e finlandesi – aggiunge la professoressa – c’è l’esigenza di una coabitazione dei popoli europei”.

Migliaia di utenti, celebri e non, replicano contestando l’affermazione. E c’è chi usa solo l’arma dell’ironia: “Putin non avrebbe saputo dirlo meglio”. Un esempio è rappresentato da Massimo Gramellini. Nel suo Caffè quotidiano sul Corriere della Sera scrive: “Non so se il prof. Orsini sia putiniano, ma di sicuro Putin non è più orsiniano. Ha dimenticato di definire “annessione” l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, nonostante la prof.ssa Di Cesare gli avesse suggerito da tempo la risposta esatta. E ha persino negato che la scelta di campo di quei due Paesi rappresentasse di per sé un gesto minaccioso nei confronti del suo, smentendo clamorosamente la compagnia disarmante (a senso unico) dei talk show”.

Tra le voci dissonanti, rispetto al pensiero unico putiniano in onda sulla tivù di casa nostra, si è aggiunta, da qualche giorno, quella di un decano del giornalismo: Furio Colombo. Già direttore de l’Unità, tra i fondatori (e fino a pochi giorni fa editorialista) del Fatto quotidiano, ha deciso di lasciare il giornale diretto da Marco Travaglio, perché non tollera la scelta del direttore di “incoronare” il professor Orsini e di ospitare le opinioni di Massimo Fini. “C’era – afferma Colombo in un’intervista a MicroMega – il macigno delle falsità, sull’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, come raccontata da Orsini, e sui nazisti in Italia come raccontati da Fini”. Il racconto prosegue. “Improvvisamente – chiosa – con la guerra scatenata dalla Russia di Putin contro l’Ucraina e con lo spostamento fortissimo, disorientante e disorientato, di una parte dell’opinione pubblica italiana verso la Russia, questo rapporto (con il Fatto, ndr) si è incrinato in modo non più sopportabile”.

Colombo sostiene che Orsini sia “stato formalmente adottato come un personaggio chiave del giornale. Il che impediva e impedisce assolutamente a una persona come me di restare sulle stesse pagine”. Il giornalista non usa mezzi termini: “Travaglio – sostiene Colombo – non ha pubblicato il mio articolo in cui esprimevo i motivi per cui non mi era possibile avere Orsini come collega, e in cui criticavo Massimo Fini che stava teorizzando l’idea che i veri liberatori dell’Italia furono i tedeschi e i veri invasori dell’Italia furono gli americani. Il che rendeva impossibile la coabitazione anche con Fini, ovviamente”.

Aggiornato il 19 maggio 2022 alle ore 17:18