La contabilità del M5S

Colpiti dal doppio mandato? A quanto pare no, esaminando il nuovo Statuto del Movimento Cinque Stelle. Ma, moralmente, si può? Sì, si può tutto con la motivazione del “scusate, ci siamo sbagliati”. E qui l’elenco si fa davvero lungo e noioso, a proposito di marce indietro grilline, e della loro progressiva rinuncia ai sacri principi fondatori del Movimento, nel nome del Potere e della sopravvivenza dei loro rappresentanti in Parlamento. All’apertura della XIX Legislatura, in quel fatidico 20l8, il Movimento stupì tutti facendo eleggere tra le sue fila un numero impressionante di perfetti sconosciuti alla ricerca di un lussuoso impiego, facendo fermare il contatore a 227 deputati e 112 senatori, pari al 33 per cento circa dei voti validamente espressi. A oggi, nelle sue file hanno cambiato casacca o sono confluiti nel Gruppo Misto all’incirca una trentina di parlamentari, rendendo in tal modo impossibile per uno schieramento soltanto, di centrodestra come di centrosinistra, garantirsi l’elezione del Presidente della Repubblica dopo la quarta votazione di un candidato di area. Il che, alla fine, non è un grave danno, considerato che in tal modo tutti dovranno parlare con tutti e scegliere un nome degno della carica e, si spera, super partes. Anche se la Storia ha dimostrato come un Presidente “targato” politicamente possa allontanarsi in modo netto dalle sue origini partitiche, per svolgere di fatto il fatico, mitizzato ruolo del Presidente di tutti gli italiani.

Ora, però, tutti sembrano voler giocare a nascondino, evitando di fare nomi per non bruciare anzitempo i propri candidati. Il che, non è proprio il massimo in fatto di trasparenza poiché si continua a dare l’impressione all’opinione pubblica che, tanto, la politica è sempre e solo cosa loro. La sorpresa più inattesa, però, è il vuoto di iniziativa e l’afasia in merito che ha colpito il Movimento e i suoi vertici vecchi e nuovi, i quali hanno deciso l’auto-astensionismo dai media, in tempi in cui invece sarebbe assolutamente necessario parlare ed esporsi! Valli a capire, anche se un po’ si capisce il perché.

Giuseppe Conte è fresco di nomina come Presidente stellato: ha sì le physique du rôle ma scarso o nessun carisma, non avendo mai preso un voto in vita sua. Ben al contrario del duo Alessandro Di Battista-Luigi Di Maio che di voti ne hanno presi dodici milioni! Pertanto, agli occhi di non pochi militanti del Movimento, Giuseppe Conte è un marziano sceso direttamente dall’Astronave Utòpia di Beppe Grillo-Gianroberto Casaleggio. Per di più lo stesso Conte ha fatto outing sulle sue scarse capacità di condurre una normale campagna elettorale, rifiutandosi di correre alla Camera in corrispondenza delle recenti suppletive per un seggio offertogli dal Partito Democratico, nel timore evidentemente di perdere contro un avversario politico più esperto e navigato che, di certo, il centrodestra non avrebbe mancato di mettergli di traverso.

Ora, però, anche questo velleitarismo dell’attuale leadership dei Cinque Stelle gioca non solo contro la stessa sopravvivenza del “politico” Conte, ma mette in serio pericolo la capacità del Movimento di trattare con le altre formazioni politiche maggiori sui punti più salienti dell’attuale panorama politico. E, in primis, gli impedisce di fare il nome di un candidato autorevole per il Quirinale, giocando banalmente di rimessa come ai tempi della vecchia Democrazia Cristiana. Ma, chi non fa i giochi si lascia giocare, dice un antico detto. Lo si è visto sulle grandi scelte economiche di fondo, dove a menar le danze sono i tecnici di Draghi e le imprese del Nord che fanno riferimento alla Lega di Giancarlo Giorgetti. Al redde rationem tutti sanno che sarà Luigi di Maio a prendere le redini del Movimento al momento di andare alla conta elettorale, con Alessandro Di Battista che giocherà dall’esterno in veste di guastatore e battitore libero (come una volta facevano le vecchie correnti democristiane), per tentare di prendere ancora voti dal vento di protesta antisistema, che persevera nel clima sempre un po’ esacerbato di questo Paese. Si veda la contestazione multi-motivazionale dei No-something, dalla quale sono certamente attratti gli originari animal spirit dei Cinque Stelle.

Per di più, Conte e una non indifferente parte del Movimento non sopportano Mario Draghi per aver tolto loro la poltrona di Palazzo Chigi e il Governo, cosa che li ha messi nell’angolo grazie alle manovre di palazzo favoriti dalla pandemia e, soprattutto, dagli appetiti scatenati dalle risorse destinate all’Italia dal Next Generation Eu che, se fosse stato per il Movimento, sarebbero stati distribuiti a pioggia con l’helicopter money. Anche se, a onor di verità, allo scatenarsi della pandemia, sono stati Draghi e suoi pari in Occidente ad aver favorito e messo in atto questo tipo di meccanismo di redistribuzione a pioggia di sussidi e ristori, congelando contestualmente gli effetti di Maastricht, nel timore fondato che il loro mantenimento avrebbe causato un’ondata incontenibile di rivolte sociali e di populismo.

Nell’immediato, la vecchia guardia, nella persona di un’ottantina di coloro che sono già al secondo mandato parlamentare (e, quindi, hanno il vitalizio e la pensione assicurati!), potrebbe non avere alcuna remora a favorire il pacchetto di mischia anti-Draghi, aumentando a dismisura la confusione del quadro politico attuale italiano, per andare a elezioni anticipate riprendendo alcuni temi forti del Movimento originario, come quello della lotta alle élite politico-finanziarie che dominano il mondo. Scenario molto verosimile, quest’ultimo, qualora la promozione di Draghi al Quirinale rendesse vacante la poltrona di Palazzo Chigi e non fosse ricompresa in un “pacchetto” con il ticket predefinito presidente del Consiglio-Presidente della Repubblica, in cui vi sia una maggioranza conclamata e coesa per assicurare al successore di Draghi a Palazzo Chigi il mantenimento dell’attuale formula di Governo.

È però prevedibile che chi guasta venga guastato, spianando così la strada a un candidato imprevedibile, come fu in occasione dell’elezione di Oscar Luigi Scalfaro nel 1992. E, alla fine della giostra, non è detto che poi, nella prossima Legislatura (che loro stessi hanno fortemente voluto auto-castrante, con la riduzione di un terzo del numero dei parlamentari!), i troppo furbi tra le vecchie volpi dei Cinque Stelle non si ritrovino più né la poltrona, né gli ambiti posti al sole di Governo e sotto-Governo. Ricordando in merito il motto craxiano che “le vecchie volpi finiscono sempre in pellicceria” e, spesso, anche quelle più giovani e inesperte.

Aggiornato il 21 gennaio 2022 alle ore 15:29