Limiti costituzionali della riserva di legge sul diritto alla salute

Fra tutte le Carte costituzionali europee la nostra Costituzione è stata la prima a riconoscere e a tutelare, nel 1948, il “diritto alla salute”, come valore costituzionale primario, sia in riferimento alla persona, che in riferimento alla collettività e al diritto sociale. La salute è oggetto di uno specifico riconoscimento e di una tutela da parte dell’ordinamento, proprio perché è considerata uno stato di benessere fisico e mentale nella sua alta valenza individuale e sociale.

Il diritto alla salute è sancito nell’articolo 32 della Costituzione, in cui al primo comma si afferma testualmente: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantire cure agli indigenti”. Da questo dettame costituzionale si evince che il diritto alla salute è considerato talmente prioritario che è l’unico fra tutti gli altri diritti costituzionali a essere riconosciuto e definito fondamentale, un principio ribadito dalla costante giurisprudenza (sentenza della Corte costituzionale numero 455 del 26 settembre 1990), che ha definito la salute un “diritto primario e fondamentale”. Al secondo comma, il legislatore stabilisce che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. Per il comma in esame, qualsiasi trattamento sanitario può essere imposto o reso obbligatorio esclusivamente nei casi eccezionali e tassativi, in cui sola la legge può prevederlo per il singolo o per la collettività. A tal proposito, si è espressa la Corte costituzionale, con la sentenza numero 307 del 1990, in cui afferma che “solo la tutela dell’interesse alla salute collettiva, infatti, può giustificare una tale compressione del diritto all’autodeterminazione dell’individuo”.

Allo stesso tempo, però, nel comma successivo si afferma testualmente che “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”, ossia chiarisce che la suddetta riserva di legge espressa precedentemente non può mai violare la volontà e l’autodeterminazione della persona umana e la sua dignità. Dopo questa fondamentale e succinta citazione del diritto alla salute sancito dalla nostra Costituzione, urge verificare quanto questo dettame sia attualmente disatteso, in particolare dagli ultimi provvedimenti del Governo Draghi, legiferati con il recente decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 16 settembre, in cui è stata legiferata (con un atto avente forza di legge per i casi straordinari di necessità ed urgenza) l’estensione dell’obbligo  del “green pass” a tutti i lavoratori del settore pubblico e privato, sancendo la previsione di sanzioni pecuniarie fino a un massimo di 1.500 euro, per questo soprannominato “super green pass”.

Questo inasprimento, come le restrizioni precedenti, è stato giustificato dal fatto che fino al 31 dicembre 2021 vige uno stato di emergenza sanitaria che, facendo riferimento alla riserva di legge sancita nel secondo comma dell’articolo 32 della Costituzione, a causa dell’emergenza pandemica causata dal Covid-19, la legge (in questo caso un decreto-legge) può imporre un determinato trattamento sanitario per tutelare l’interesse alla salute collettiva. Quanto sopra esposto sarebbe costituzionalmente corretto se il trattamento sanitario imposto fosse garantito scientificamente riguardo alla sua efficacia e ai suoi effetti collaterali.

Dal momento che questo trattamento sanitario, ossia il farmaco a mRna, definito impropriamente vaccino, prodotto dalla Pfizer e da Moderna è ancora sperimentale, come afferma la stessa Ema (European medicines agency), non si può scientificamente affermare che possa garantire alcuna tutela dell’interesse tanto del singolo quanto della collettività e a conferma di ciò basta leggere quanto dichiara la Pfizer nel protocollo del suo farmaco a mRna all’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), in cui afferma che non è in grado di stabilirne l’efficacia nel tempo e i suoi effetti collaterali nel breve e lungo termine. Inoltre, la funzione di questo trattamento è quello di un farmaco e non di un vaccino, in quanto il vaccino previene le infezioni virali, mentre il farmaco previene le complicanze causate dall’infezione del virus.

Nessuno adduca lo stato di emergenza sanitaria e in quanto non esiste alcuno stato di emergenza che può giustificare la violazione dei limiti imposti dal rispetto della persona umana, qualora scientificamente non sia verificato e sperimentato il trattamento sanitario che si vuole imporre e quindi non sia certa e garantita la sua funzione di tutela dell’interesse alla salute per l’individuo e per la collettività. Allo stesso tempo, nessuno azzardi paragoni storici inappropriati da un punto di vista medico e scientifico con ciò che accadde con la poliomielite, visto che questo virus fu affrontato con dei vaccini obbligatori (non con dei farmaci) già sperimentati nel tempo e non in pochi mesi.

L’aspetto più sconcertante – e che conferma lo stato di sperimentazione del farmaco a mRna – è la decisione riguardo alla somministrazione della terza dose del farmaco a mRna, presa dagli scienziati della Fda (Food and drugs administration), ossia l’agenzia regolatrice degli Usa, i quali bocciano all’unanimità la sua somministrazione per tutti coloro che hanno un’età inferiore ai 65 anni e per coloro che non presentano un alto rischio di malattie gravi, in quanto sono emersi diversi effetti collaterali del farmaco.

Lo stesso dottor Paul Offit, direttore del Vaccine education center presso il Children’s Hospital di Philadelphia, ha sollevato preoccupazioni per il rischio di miocardite, un tipo di infiammazione del cuore, un effetto collaterale che si è verificato tra i più giovani di sesso maschile.

Di conseguenza, la domanda sorge spontanea: come si può indurre con delle restrizioni o addirittura obbligare la somministrazione di un farmaco (peraltro di nuova tecnologia farmacologica) che è sotto sperimentazione e che sta determinando degli effetti collaterali gravi, per cui la stessa produttrice Pfizer non è in grado di stabilirne l’efficacia e gli effetti collaterali e per cui lo Stato italiano impone la sottoscrizione di una liberatoria di responsabilità da parte di coloro che si fanno inoculare tale farmaco!?

Come possono certi medici nostrani affermare la certezza dell’utilità di questo farmaco a mRna per la salute e con la stessa sicumera negarne la pericolosità degli effetti collaterali o peggio ancora affermare che la valutazione rischio/beneficio del farmaco è positiva, quando emergono i dati sopra esposti e che dimostrano che ancora non sono stati sperimentati i suoi effetti collaterali, nonché la sua efficacia?

Già il fatto che possano sussistere questi quesiti, perché finora non è stata ultimata la sperimentazione di questo farmaco e quindi non si possono addurre dati scientificamente certi al suo riguardo, conferma che il principio costituzionale, sancito nell’articolo 32 della Costituzione, riguardo alla riserva di legge nell’obbligare un trattamento sanitario per tutelare l’interesse alla salute della collettività, è stato disatteso in quanto non vi è ancora nessuna dimostrazione scientifica che tale farmaco possa tutelare il suddetto interesse, perché ancora sperimentale e con effetti collaterali emergenti alquanto inquietanti.

Allo stesso tempo, è stato disatteso anche il principio costituzionale dell’ultimo comma dell’articolo 32, secondo il quale la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana e quindi non si può imporre un farmaco che non garantisca né l’efficacia per cui viene imposto e né la mancanza degli effetti collaterali che potrebbe generare.

Apparet id quidem… etiam caeco! (Tito Livio).

Aggiornato il 21 settembre 2021 alle ore 09:39