Santa Maria Capua Vetere, Cartabia: “C’è stata violenza a freddo”

mercoledì 21 luglio 2021


Marta Cartabia ha parlato alla Camera della violenza che si è consumata nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. In una informativa urgente, la ministra della Giustizia ha usato parole dure. “Stando alle indagini – ha detto – risulta che non fosse una reazione necessitata da una situazione di rivolta, ma una violenza a freddo”. Secondo la Guardasigilli, “occorre un’indagine ampia perché si conosca quello che è successo in tutte le carceri nell’ultimo anno dove la pandemia ha esasperato tutti”. La ministra ha annunciato che una Commissione ispettiva del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) visiterà tutti gli istituti dove si sono verificati “i gravi eventi del marzo 2020”, per valutare la correttezza degli interventi legati alle rivolte nelle carceri. Il sovraffollamento nelle carceri “sta peggiorando”, ha detto ancora la ministra.

Secondo Cartabia, “tante, troppe cose non hanno funzionato”. E quindi “se vogliamo farci carico fino in fondo dei mali del carcere, perché non si ripetano mai più episodi di violenza, occorre preparare una strategia che operi su più livelli e in particolare agendo sulle strutture materiali, sul personale e sulla sua formazione. Sarebbe molto più semplice per tutti parlare genericamente di ‘mele marce’ e andare avanti. Se le responsabilità penali, torno a ripetere, sono sempre e solo individuali e non possono ricadere su nessun altro, men che meno sull’intero corpo dell’amministrazione penitenziaria, le responsabilità ‘politiche dell’accaduto’ – ha sottolineato ancora Cartabia – risiedono anche nella disattenzione con cui per anni si è lasciato che peggiorassero le condizioni di chi si trova in carcere e di chi in carcere ogni giorno lavora”.

Intanto, dopo la magistratura e una parte della politica, ora anche le associazioni dei consumatori bocciano la riforma della giustizia firmata dalla Cartabia. Le critiche arrivano attraverso un comunicato congiunto firmato da Codici, Adusbef, Asso-Consum, Assoutenti, Associazione utenti dei servizi radiotelevisivi, Casa del consumatore, Confconsumatori, Ctcu Bolzano, Movimento consumatori e Movimento difesa del cittadino. Le accuse degli enti si concentrano sul testo dell’articolo 1 bis, che a sentire le associazioni contiene alcune disposizioni in netto contrasto con quanto stabilito dalla Costituzione e dall’Unione europea e, di fatto, impedisce loro “di costituirsi parte civile nei procedimenti penali” per difendere gli interessi collettivi lesi da reato. Per questo motivo le associazioni non sarebbero più libere di sostenere determinate tematiche sociali. Nella fattispecie, “le attività di contrasto dell’usura o di tutela dell’ambiente”.

Secondo i rappresentanti delle associazioni, “così come formulato, l’articolo 1 bis presenta seri vizi di costituzionalità ed errate interpretazioni della Direttiva europea 2012/29/Ue, anche in netta contrapposizione con la più recente legislazione che ha riconosciuto il valore e la funzione sociale degli enti non profit. È bene ricordare che i diritti della personalità, cui sono assimilati gli scopi statutari perseguiti e tutelati dagli enti del terzo settore – si legge nella nota congiunta – rientrano nel novero dei diritti inviolabili della persona. In quanto tali, sono diritti assoluti, indefettibili, inalienabili, intrasmissibili, imprescrittibili ed irrinunziabili, riconosciuti dall’articolo 2 della Costituzione”.


di Manlio Fusani