Italia e Israele: matrimonio sburocratico?

Il Covid-19 avanza ancora, oltre il numero che lo marchia nel suo nome gergale: dal 2019 siamo già nel 2021. In tutto questo tempo abbiamo avuto modo d’imparare dalle buone pratiche scientificamente accreditate ma anche dagli errori, e abbiamo avuto modo di vedere quali sono i modelli statuali forti nell’organizzare e nell’eseguire le campagne di vaccinazione. Il fine – ricordiamolo – è sempre quello di uscire dalle pandemie sanitarie ed economiche per ritornare a vivere liberi e benestanti. Se i mezzi per giungere al nobile fine devono essere virtuosi e illuminanti, faro lucifero di efficienza e di speranza è Israele, rebus sic stantibus. Le domande sorgono spontaneamente. Quando una pregnante alleanza sovranazionale Unione europea-Israele? Quando un’organizzazione d’alleanza effettiva, strutturata sul piano giuridico-internazionale tra l’Italia e Israele?

In questo momento ci bastano quattro “E”: efficienza vaccinale, efficienza sanitaria, efficienza aziendale, efficienza giudiziaria. Su quest’ultima “e” possiamo invero ricordare la visita a Israele che nel 2017 Maria Elisabetta Alberti Casellati, oggi presidente del Senato ma allora membro del Consiglio superiore della magistratura, fece all’interno di una delegazione istituzionale italiana preposta alla promozione del dialogo tra le magistrature italiane ed israeliane. Le coordinate valoriali di allora furono la lotta comune al terrorismo e alle forme di criminalità organizzata, il rafforzamento degli assetti d’indipendenza del potere giudiziario, la formazione dei magistrati. In quell’occasione la visita italiana in Israele fu organizzata in collaborazione con l’Unione delle Comunità ebraiche italiane, con la presidente Noemi Di Segni. La Casellati nel 2018 da presidente del Senato è tornata a Israele, in occasione delle celebrazioni per i primi 70 anni dell’indipendenza dello Stato israeliano, coincidenti con i primi 70 anni di vigenza della Costituzione repubblicana d’Italia. In quella occasione, la presidente del Senato ha auspicato che i valori della libertà e della democrazia non potranno più essere messi in discussione.

Testiamo allora questa non messa in discussione nel periodo di lotta al Covid, che di per sé non ci lascia nemmeno il tempo di mettere minuziosamente in discussione l’esistente. Testeremo quella non messa in discussione, soprattutto nel periodo in cui dovremo ristrutturare i meccanismi econometrici e sociali di rinascita, per le superstiti piccole e medie imprese, dopo il Covid. Invero, sul piano della cosiddetta giustizia politica quale giustizia nella politica, sarebbe auspicabile anche una riforma progressista sui reati ministeriali e sulla fissazione di criteri certi, per delimitare ciò che può o non può essere penalmente sindacabile, e perseguibile, all’interno degli atti politici, solitamente liberi nel fine per definizione entro i limiti dei valori umani duri e puri ed internazionalmente condivisi. Occorre, come sempre, equilibrio sulle questioni paradigmatiche e direttamente incidenti sugli equilibri tra i distinti, nonché separati poteri degli Stati. Stella polare, al di là dei semplicismi e delle retoriche giustizialiste o impunitiviste, è un modello di procedimento al contempo giustiziale-garantista.

Passando alle altre “e” che coinvolgono le interconnesse questioni vaccinali, sanitarie ed economico-produttive in campo aziendale, l’ottica deve essere quella dei migliori risultati possibili attraverso i più fattibili percorsi di decrescita della curva di diffusione epidemica, da un lato, con la crescita della curva del Pil e dell’umore produttivo degli italiani, dall’altro. Israele sta dimostrando un’efficienza organizzativa molto interessante, e senza diseuropeizzarsi l’Italia può proporre alla stessa Ue, o in subordine portare avanti da sé e senza solipsismi politici, dialoghi internazionali, costruttivi e strutturanti nuove organizzazioni, con le burocrazie israeliane. Organizzare l’efficienza è un mestiere finissimo che richiede sforzi tecnici e materiali enormi: una materia che non si impara nelle ondivaghe tornate governative con gli spoil system di turno, ma in un organigramma formativo empirico che non abbia solo teorie o nozioni astratte nei propri piani.

La burocrazia ital-europea merita non soltanto di essere ma anche e soprattutto di farsi empiricamente liberale. Merita di darsi le migliori opportunità, nelle alleanze tecnico-strategiche del ben-fare le cose che si devono fare: merita la nostra matria e patria ital-europea di fare un piccolo grande soggiorno di studio pragmatico in terra israeliana, sulle tematiche scottanti della gestione del rischio burocratico, nonché dell’ottimizzazione ed estensione delle sovrastrutture tecnologiche. D’altronde, studiare la scienza delle organizzazioni complesse è una arte nobile. È l’arte dell’indietreggiarsi sul piano transnazionale un vizio che non possiamo concederci. La necessità chiama la virtù, con l’invito a non mettere in discussione democrazia e libertà, nella misura in cui non ci si arresti nell’escogitare quelle soluzioni evolutive che siano idonee a realizzare un liberalismo new age pieno ed effettivo, al varco di ogni oggi che volge in salita verso il domani.

Chi per qualsiasi motivo dovesse detestare Israele, riceverà risposte e pace nei dati, senza faziosità alcuna: si ricorda pertanto alla gentile cittadinanza che l’obiettivo nobile è sempre lo stesso. Sconfiggere le pandemie sanitarie ed economiche, velocizzare il Paese con un sistema di giustizia che sappia garantire tutti, per punire le disonestà e incoraggiare l’efficienza. Promuovere nuove e più forti gestioni economiche. La domanda sorge così spontanea. Quando il matrimonio sburocratico tra Italia e Israele? L’Italia in materia di sburocrazia è ancora vergine, ma ha buone prospettive per cambiare, se sarà capace di riscoprire l’amore per il proprio ulteriore progresso reale.

Aggiornato il 04 marzo 2021 alle ore 10:25