L’Europa fallisce (anche) sui vaccini

È ufficiale: anche l’Austria e la Danimarca si “sfilano” dal meccanismo europeo di acquisto e redistribuzione dei vaccini anti-Covid. È quanto si apprende per voce del cancelliere austriaco Sebastian Kurz, il quale ha dichiarato che d’ora in avanti l’Austria non farà più affidamento sull’Unione europea, ma che inizierà a produrre un vaccino di seconda generazione assieme ad Israele. Quello che si rimprovera all’Unione non è tanto l’approccio alla questione – giudicato fondamentalmente corretto da parte del cancelliere Kurz – ma la gestione degli approvvigionamenti e l’eccessiva lentezza dell’Ema (Agenzia europea per i medicinali) nell’approvazione dei vaccini proposti dalle varie aziende farmaceutiche, con conseguenti ritardi e malfunzionamenti nelle somministrazioni.

C’è chi parla di “sovranismo vaccinale”: vale a dire del tentativo – da parte dei singoli Stati europei – di sottrarsi alla gestione continentale dei vaccini per procedere in maniera autonoma, tanto sull’acquisto quanto sulla distribuzione delle dosi. Non è dato sapere se si tratti veramente di sovranismo, ma le inefficienze dell’Unione europea, anche sulla questione dei vaccini, sono sotto gli occhi di tutti. La stessa presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha ammesso il fallimento in questo senso: non si può impiegare altro termine dinanzi ad un organismo che pretende di rappresentare una comunità di Stati e che, poi, non è in grado di contrattare alla pari con le aziende farmaceutiche. Infatti, che tipo di contratto è uno in cui all’inosservanza delle clausole e delle condizioni pattuite non corrispondano delle penali o delle sanzioni di varia natura? Esattamente il tipo di contratto che l’Unione europea ha ritenuto opportuno sottoscrivere con le varie case farmaceutiche, dalle quali ha acquistato le dosi vaccinali.

Tuttavia, la radice del fallimento europeo (l’ennesimo) sulla questione vaccinale è più profonda di quel che sembra, e va rintracciata nella farraginosità, nelle lungaggini e nelle logiche quasi “leviataniche” di una istituzione come quella europea che, contrariamente a quella che avrebbe dovuto essere la sua naturale inclinazione vero il decentramento, l’autonomia e la sussidiarietà, si sta rapidamente trasformando in un Super-Stato, in una complessa e macchinosa burocrazia che nulla ha da invidiare a quella degli Stati che ricomprende sotto la sua egida.

Si sa che, dove c’è Stato, c’è burocrazia. E che, dove c’è burocrazia, non ci sono libertà ed efficienza. L’Europa ha dato prova proprio di questo, e lo ha fatto nella misura in cui, nel suo procedere a passi spediti verso l’edificazione di una vera e propria entità statale sovranazionale, va rendendo sempre più articolate e macchinose le sue procedure, le sue regole e la loro applicazione: l’Ema, in questa circostanza, si è comportata in maniera niente affatto dissimile da qualunque “carrozzonepubblico, di quel tipo che noi italiani abbiamo la sventura di conoscere fin troppo bene.

Dunque, ben vengano mosse come quelle dell’Austria e della Danimarca, se possono servire a ricordare all’Europa chi è e per che cosa esiste: non per imitare le dinamiche e il funzionamento degli Stati nazionali, ma per promuovere e garantire la libertà dei cittadini, dei singoli territori e degli operatori economici dagli eccessi e dall’arbitrio degli Stati stessi. Sui vaccini, come su molte altre materie (immigrazione, per esempio) non abbiamo assistito alla disfatta dell’Europa come idea o come istituzione in se stessa, ma di quella concezione “deviata” dell’Europa stessa, che la vorrebbe replica dello Stato nazionale o parallela agli Stati stessi e che, in questo modo, la condanna all’inefficienza e alla sostanziale paralisi.

Non ci si può lamentare se poi i singoli Stati cercano di sciogliersi da ogni vincolo, in maniera moderata come l’Austria e la Danimarca, o in maniera radicale, come la Gran Bretagna. Proprio come, in Italia, lo Stato centrale non può stupirsi del fatto che, dinanzi alle sue inefficienze, le Regionivirtuose”, come il Veneto e la Lombardia, rivendichino il diritto di procedere autonomamente all’acquisto e alla somministrazione dei vaccini ai loro abitanti. Questi esempi – e tanti altri se ne potrebbero fare – ci aiutano a capire come la buona gestione e la centralizzazione ripugnino l’una all’altra: l’operosità e l’efficienza vanno sempre di pari passo col massimo grado possibile di decentramento e, quindi, di libertà.

Aggiornato il 04 marzo 2021 alle ore 09:29