Minoranze e maggioranze relative, paradosso della matematica parlamentare

La matematica? Una questione…relativa, nel caso del calcolo della rappresentanza parlamentare. Infatti, in questo regno astruso delle cose impossibili che divengono realtà, tra minoranza e maggioranza esiste un terzo fattore: la relatività. Che nulla, però, ha a che fare con il celebre scienziato scapigliato Albert Einstein. La funzione matematica che presiede a questo tipo di computo è, in definiva, piuttosto semplice: nel corso della votazione sulla fiducia, non si calcolano come contrari i parlamentari presenti in Aula che dichiarano di astenersi. In questo modo, scomputando i pezzi fuoriusciti della ex coalizione, un Governo può stare in piedi con una “maggioranza relativa” che, però, è sempre ballerina perché, appunto, viene calcolata di volta in volta al netto degli assenti e degli astenuti presenti che, in sostanza, contano quanto i primi. Infatti, chi si astiene è contemporaneamente presente ma assente: pesa cioè “zero”. Capolavoro di logica, come si vede.

Ma, mentre chi è in fuga (si spera giustificato) fa danni relativi, l’astenuto per scelta politica (sempre temporanea!) è un vero Ghino di Tacco, il famoso brigante pluricitato da Bettino Craxi e con il quale il grande statista si identificava nei momenti topici della politica corsara nazionale, perché attendeva paziente le sue vittime pellegrine al passaggio tra le gole. Un pericoloso avversario come il leader socialista, che poteva improvvisamente emergere dall’astensione non belligerante e farsi opposizione con l’espressione del suo voto negativo su un progetto di legge, sul quale il Governo ballerino in carica aveva puntato tutte le sue carte. Si capisce bene che la suprema autorità di garanzia, come il presidente della Repubblica, non potrà a lungo tollerare una simile situazione di incertezza istituzionale, mandando a casa prima o poi Governo e Parlamento, verosimilmente anche a causa dell’eccesso del potere di interdizione dei fuoriusciti che, tra le altre cose, restano l’ago della bilancia in Commissioni parlamentari di importanza strategica. Ciò significa che Italia Viva potrà, all’ultimo minuto, vista la situazione catastrofica dettata dalla pandemia e dal debito pubblico fuori controllo, proporre di sua iniziativa una formula innovativa per la formazione di nuova maggioranza parlamentare d’emergenza o di salute pubblica (tutti dentro, tranne alcuni), per evitare il “tutti a casa”. Tutto ciò avverrebbe (assai prosaicamente e senza alcun pregiudizio ideologico!) facendo leva sul principio che ogni parlamentare “tiene famiglia” e che tutti in cuor loro assalterebbero il Campidoglio, come la populace trumpiana, pur di non perdere le prebende. Infatti, da due anni a questa parte, i sondaggi danno una proiezione costante che vede fuori dal futuro Parlamento molti degli attuali eletti, a causa della vittoria a valanga del centro destra, coniugata alla falcidia già decretata sul numero dei rappresentanti del popolo.

Scenario, quest’ultimo, corroborato dai risultati acquisiti con il voto del 2019, espresso secondo il sistema della proporzionale pura, in corrispondenza del rinnovo del Parlamento Europeo. Da allora, Matteo Renzi, il novello Ghino di Tacco, ha aspettato il momento buono per impallinare Giuseppe Conte sullo strettissimo passaggio della fiducia di un Governo da lui stesso creato, ritenuto a ragion veduta lento come una tartaruga e pesante come un elefante nel corridoio (altro che mucca di Pier Luigi Bersani). L’obiettivo? Costringere i Cinque Stelle all’alternanza di governo (nel Paese reale, infatti, il M5S vale oggi almeno sei punti percentuali in meno del Partito Democratico attuale) sostituendo Conte con un esponente di primissimo piano del Pd o, scenario ancora più verosimile, con una personalità super partes, sostenuta da una coalizione di salute pubblica con tutti dentro, tranne M5S (radicalmente contrario al Mes, cui invece sono favorevoli tutti gli altri!). E, forse, Fratelli d’Italia ideologicamente aliena a qualunque compromesso con la sinistra e, tantomeno, con il Movimento di Grillo-Casaleggio. Proprio questa santa alleanza potrebbe accordarsi, nell’ipotesi di alcuni analisti, sulla proroga temporanea del mandato presidenziale a Sergio Mattarella (schema Giorgio Napolitano), che una volta rieletto si dimetterebbe poi a un anno di distanza dal rinnovo del Parlamento ridotto numericamente di un terzo, rispetto a quello attuale, lasciando così che il nuovo presidente della Repubblica sia espresso dalla nuova rappresentanza parlamentare che emergerà a seguito delle elezioni legislative del 2023.

Sono in molti a chiedersi (a ragion veduta) se non ci sia qualche…puparo del Pd dietro quest’ultima mossa a sorpresa di Renzi nel ruolo di disfacitore dell’attuale maggioranza, dopo esserne stato il geniale facitore. Solo che, con ogni probabilità, lo schema era leggermente diverso all’origine, prevedendo le dimissioni e la salita al Colle dell’attuale presidente del Consiglio a seguito del ritiro e delle dimissioni dei ministri di Italia Viva, per dare spazio a un governo molto più strutturato, coeso e preparato. E, forse, se si fosse realizzato questo scenario, sarebbe stato un fatto molto più dignitoso dell’ignobile, ennesimo mercato delle vacche al quale abbiamo assistito con la conta in Aula, per raccogliere transfughi e doppiogiochisti confluiti nei gruppuscoli parlamentari più eterogenei, o nel gruppo misto, per non parlare della scandalosa campagna acquisti in campo avverso. Non può che finire male. Vale sempre il detto per alcuni, anzi per troppi, del “tanto peggio; tanto meglio”. Inciso: l’America ha votato in piena pandemia a novembre; noi lo abbiamo fatto a settembre per l’election day che abbinava il referendum costituzionale con una tornata di amministrative. L’Olanda andrà a elezioni a breve, così come altre Nazioni democratiche nell’immediato futuro. E tutti, senza distinzione, stanno impietosamente all’interno di una disastrosa terza ondata da Covid-19. Allora: chi ha paura del voto?

Aggiornato il 20 gennaio 2021 alle ore 09:47