Errori della “banda” del “Conte” e stampa indulgente

Qualche sera fa, durante una puntata della trasmissione “Dimartedì” in onda su La7, Walter Veltroni, ex sindaco di Roma, neo giallista, ospite della trasmissione condotta da Giovanni Floris, interpretando il pensiero di molti italiani, ha dato a tutti una lezione di buona educazione istituzionale rispondendo alla domanda se l’attuale compagine di Governo fosse adeguata a gestire l’emergenza in cui il Paese è piombato a causa del Covid-19: “In un momento così delicato non mi sento di criticare nessuno, non è il momento adatto per una crisi di Governo, non è il momento adatto neanche per un rimpasto del Governo, è il momento che il Governo e l’opposizione collaborino tra loro, in un clima di massima coesione istituzionale”. Parole molto sagge ed assolutamente condivisibili, tuttavia, è appena il caso di osservare che, in questo momento, al governo del Paese c’è anche il Partito Democratico, da lui fondato, di cui, per anni, è stato leader e con il quale non è illogico presumere che sia rimasto a stretto contatto. Quindi, le sue sagge parole non possono non risentire della sua storica vicinanza al partito che, con lui segretario, riportò una sconfitta alle consultazioni politiche del 2008, anche perché il Pd rifiutò l’accordo elettorale con il partito di Fausto Bertinotti, Rifondazione Comunista, considerata troppo “estremista”, spianando, in questo modo, la strada della vittoria alla coalizione avversaria di centrodestra. Quindi, le parole di Veltroni vanno condivise nella misura in cui sono sicuramente in pochi quelli che, di questi tempi, vorrebbero essere al posto di chi governa, ma la sua “lezione” non può non risentire del fatto tra le attuali forze di Governo c’è anche un partito da cui l’ex segretario non ha mai preso le distanze ed al cui interno sono ancora in molti ad apprezzarlo ed a considerarlo un “padre nobile”.

È, comunque, fuori discussione che, in una fase così delicata per la tenuta sanitaria, economica e sociale del Paese ci sia bisogno di un clima di massima coesione istituzionale, anche perché l’ultima volta che un Governo si è misurato contro una pandemia risale al 1920, quindi, bisogna essere indulgenti con la “banda” del “Conte”. Ma è altrettanto vero che l’azione del Governo ha anche evidenziato molti errori che giustificano la richiesta, giunta da più parti, di un nuovo governo, anche di larghe intese, ma è uno scenario che, al momento, appare poco praticabile per l’oggettiva difficoltà di raccordare le principali forze politiche che dovrebbero sostenerlo. Anche perché Giuseppe Conte farà l’impossibile per continuare a galleggiare. L’alternativa sul tavolo è un possibile rimpasto della squadra di Governo riguardante il cambio al vertice dei ministeri più direttamente coinvolti in prima linea, come, ad esempio, il ministero della Salute ed il ministero dell’Economia, che, per il bene del Paese, andrebbero rapidamente affidati a tecnici di alto livello, ma anche il ministero dell’Istruzione ed il ministero dei Trasporti hanno evidenziato carenze organizzative importanti. Senza voler “sparare sulla Croce Rossa”, cioè, anche sul Pd, come ha saggiamente ammonito l’ex segretario del Partito Democratico, consapevoli, anche noi, che non sia affatto facile tenere la barra dritta in situazioni complicate come il Covid-19.

Tuttavia, l’azione di Governo è incappata in diversi errori costati caro e che i principali media hanno spesso trattato anche in modo “indulgente”, sebbene, ultimamente, il malumore sia in crescita pure su questo fronte. In effetti, questo giornale, sempre molto civilmente, non ha mancato di sottolineare alcuni errori, a partire da uno dei più evidenti, cioè, la mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana che, come scritto in un articolo del 24 marzo, comportò rischi di estensione del contagio in Lombardia e nei territori limitrofi, ma poiché su questo fatto è stato aperto un procedimento penale alla procura di Bergamo – letteralmente inondata da denunce penali sporte dai familiari delle vittime – è certo che non siamo stati gli unici ad avere qualche remora. Un altro errore è stato il mancato aggiornamento del Piano nazionale contro le pandemie, di cui la legge prevede l’aggiornamento almeno triennale e che poteva permettere a medici ed infermieri di essere un po’ meno impreparati nell’affrontare il Covid-19, soprattutto, in fase iniziale, anche perché il suo arrivo era stato preannunciato dal disastro avvenuto in Cina poche settimane prima che il Covid-19 sbarcasse in Italia ed il Governo aveva anche rassicurato tutti sostenendo di essere “pronto”. Ma anche sul mancato aggiornamento del Piano pandemico, così come sulla mancata zona rossa in Val Seriana, sta indagando l’autorità giudiziaria, per cui bisogna attenderne gli esiti, anche se è di qualche giorno fa la notizia che il pm di Bergamo ha interrogato il numero due dell’Oms, Ranieri Guerra, per cinque ore, proprio sul rapporto “fantasma” dell’Oms di cui abbiamo diffusamente parlato la settimana scorsa. Un altro errore del Governo è stato non aver adottato un lockdown selettivo, per classi di età, nel massimo rispetto della dignità delle persone più fragili, visto che, sin da marzo, era palese che i soggetti più a rischio fossero gli over 80, affetti da plurime patologie ed il ritardo è evidente anche perché solo adesso hanno finalmente iniziato a “parlarne”. Un’altra decisione discutibile è stata la riapertura delle scuole a settembre e che andava rinviata almeno di qualche mese, senza rinunciare al fondamentale servizio scolastico, ma adattandolo ai tempi pandemici, anche perché nessuno ha contestualmente predisposto un piano straordinario di trasporto che impedisse ai mezzi pubblici di diventare dei focolai infettivi dati i continui rischi di assembramento, dimenticando, peraltro, che, dietro l’angolo, c’era la minaccia di una possibile seconda ondata, ampiamente preannunciata da larga parte del mondo scientifico. Un altro grave insuccesso coincide con la scarsa funzionalità della app Immuni” per il tracciamento “tecnico” dei positivi attraverso gli smartphone, su cui il commissario straordinario, Domenico Arcuri, ha messo la faccia e che poteva risultare decisiva per stanare i positivi, anche perché impiegata con successo dal Governo israeliano che aveva autorizzato il servizio segreto, lo Shin Bet, a tracciare i positivi entrando segretamente nei loro telefoni. Nel frattempo, alcune aree del Paese hanno perso il tracciamento clinico” e non era difficile prevederlo, considerata l’oggettiva impossibilità di testare tutti i residenti in Italia, facendo 60 milioni di tamponi. Per questa ragione, il tracciamento “medico” andava progressivamente superato dal tracciamento “tecnico” per individuare i focolai infettivi anche mediante il fondamentale contributo di “Immuni”.

Anche le misure economiche hanno suscitato un coro unanime di critiche da parte del mondo istituzionale, di cui abbiamo dato atto, a partire dagli appelli del presidente della Repubblica, Sergio Matterella, che ha chiesto interventi urgenti a sostegno dell’economia, ma il suo autorevole messaggio non sembra essere stato recepito dal Governo che non ha fatto molto se non continuare a puntare sul Recovery fund da cui, però, fino a questo momento, non si è visto un euro. In questa direzione, un errore lamentato da molti operatori è stato non aver implementato il tessuto economico con le dovute iniezioni di liquidità, come segnalato anche dall’ex governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, nonché dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che, lo scorso giugno, avevano chiesto, quasi all’unisono, di spargere “fiumi di liquidità” per assistere le aziende in difficoltà e fronteggiare l’emergenza economica determinata dal primo lockdown. Inoltre, come abbiamo scritto più volte, è curioso che l’Italia stia gestendo la più grave emergenza sanitaria della sua storia con un ministro della Sanità, Roberto Speranza, laureato in scienze politiche, senza competenze tecniche specifiche, con l’evidente rischio che le decisioni più importanti vengano “influenzate”. Non a caso, il primo atto di Speranza, all’inizio dell’emergenza sanitaria, è stata la nomina a proprio consulente di Walter Ricciardi, un ex attore napoletano, dalla faccia simpatica, diventato, nel frattempo, uno stimato professore universitario di Igiene. Così come è altrettanto curioso che l’Italia stia affrontando la più grave crisi economica dal secondo dopoguerra con un ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, laureato in Filosofia, materia che certamente contribuisce, come poche, ad aprire la mente, ma che non può essere di grande aiuto per attuare le imponenti riforme di politica economica e fiscale che questo Paese avrebbe rapidamente bisogno per la sua stessa sopravvivenza, ad esempio, dimezzando il carico fiscale per tutti i lavoratori ed inasprendo le pene in caso di evasione. Quindi, anche in questo caso c’è il rischio che il ministro Gualtieri possa non avere sufficiente autonomia decisionale nella stesura dei suoi importanti provvedimenti, non potendo riformare il sistema economico ricorrendo alle nozioni illuministiche di Immanuel Kant o all’esistenzialismo di Soren Kierkegaard, con la speranza che, essendo un ex militante del Partito Comunista, non applichi altri principi filosofici che ben conosce, cioè, quelli di Karl Marx, considerato come è andata a finire laddove sono stati applicati seriamente. Battute a parte, al ministro dell’economia Gualtieri non potrà essere neanche di particolare ausilio il buon rapporto con il compagno di partito del Pd, cioè, il Commissario europeo agli Affari economici, Paolo Gentiloni, in quanto, anche lui, è completamente a digiuno di affari economici, a differenza del precedente commissario, Pierre Moscovici, un economista che è stato anche ministro dell’Economia in Francia – Paese strano, la Francia, visto che anche l’attuale ministro della Salute, Olivier Véran, è un medico – per cui, anche se l’Italia ne ha sicuramente guadagnato in prestigio dalla nomina di Gentiloni, anche in questo caso le competenze tecniche hanno avuto scarso peso e, quindi, gli Affari economici dell’Unione europea sono finiti nelle mani di un ex giornalista, laureato in Scienze politiche, ex assessore comunale di Roma, anche se ha poi maturato importanti esperienze come ministro degli Esteri e come presidente del Consiglio, ma si tratta di esperienze politiche che non arricchiscono necessariamente il bagaglio tecnico. Quindi, sarebbe auspicabile che, in un momento così delicato, almeno i ministeri in prima linea, fossero gestiti da tecnici di alto livello, in grado di incidere con maggiore autorevolezza sulle politiche di Governo, anche se non è detto che un tecnico debba necessariamente rivelarsi la figura migliore, ma almeno saprebbe dove mettere le mani senza dover per forza ricorrere a menti esterne che non garantiscono la totale indipendenza di giudizio del decisore.

E se molti organi di stampa non hanno infierito troppo sul governo Conte, a guida Movimento 5 Stelle e Partito Democratico, ciò dipende sicuramente anche da motivi di galateo istituzionale, data la situazione di obbiettiva difficoltà creata dal Covid-19 che sta mettendo in crisi non solo il Governo italiano, ma anche la maggior parte dei governi europei e mondiali. Tuttavia, ci sono anche altre ragioni dietro le quinte ed un chiarimento, in questa direzione, ci viene sorprendentemente fornito dalle parole di un eminente giornalista de “La Repubblica”, Federico Rampini, un intellettuale, dichiaratamente di sinistra, che, qualche sera fa, ospite di Corrado Formigli a “Piazza Pulita” in onda su La7, rispondendo ad una domanda del conduttore sulle critiche mosse dei media americani a Donald Trump per i comizi senza mascherina, ha precisato: “Vorrei un po’ prendere le distanze da tutto questo, perché anche durante i comizi contro Trump c’era lo stesso tipo di assembramento, non c’erano mascherine, ma, in quel caso, nessuno ha detto niente perché, anche negli Stati Uniti, la stragrande maggioranza dei media sono schierati a sinistra”, lasciando di sasso l’incredulo conduttore, anch’egli dichiaratamente di sinistra. Non è che avessimo bisogno dell’autorevole parere di Federico Rampini, perché lo sapevamo già che la stampa di ogni parte del mondo ha simpatie, soprattutto, a sinistra, ma è sorprendente che una dichiarazione del genere provenga da un eminente rappresentante di quel mondo, perché fa un certo effetto, ha un diverso peso e farà certamente discutere, ma contribuisce a comprendere, almeno in parte, come mai un governo, a guida Pd, non venga troppo “bistrattato” dai media. Sia chiaro che non tutta la stampa è uguale a se stessa e poi ognuno è in grado di farsi la propria idea sui mezzi di comunicazione e sulla loro effettiva capacità di essere, ancora oggi, attendibili e dissuasivi ed è bene sempre fare, intimamente, profonde riflessioni. Basta seguire, in proposito, l’insegnamento di uno dei più grandi filosofi di ogni tempo, il maestro tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel che, nella sua celeberrima opera “La Fenomenologia dello Spirito”, ha descritto, in maniera ineguagliabile, il percorso da compiersi per giungere al sapere assoluto, partendo dalla propria coscienza, in particolare, dalla storia romanzata della propria coscienza che, mediante il processo di maturazione della propria esistenza, si innalza come spirito esplorativo dei fenomeni, dalle forme più semplici della coscienza individuale fino a pervenire, gradualmente, ma progressivamente, al sapere assoluto mediante un movimento dialettico immanente alla propria coscienza.

Aggiornato il 16 novembre 2020 alle ore 09:51