Lockdown selettivo e l’immobilismo tattico di Conte

Lo scorso 30 ottobre il quotidiano “La Repubblica” ha pubblicato un interessante articolo in cui ha anticipato ampi stralci di uno studio compiuto dai ricercatori del prestigioso Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale), presieduto da un servitore dello Stato di alto livello come Giampiero Massolo ed il cui direttore generale, Paolo Magri, è un altro vanto di questo Paese, per la sua chiara fama a livello internazionale. Secondo le anticipazioni giornalistiche, lo studio avrebbe esaminato la possibilità di adottare una diversa strategia per arginare il Coronavirus e le importanti conclusioni indicherebbero che “isolare le persone anziane può salvare migliaia di vite; tenere a casa gli anziani ridurrebbe le vittime ed allontanerebbe la chiusura indifferenziata”. In altre parole, una strategia mai presa in considerazione dal Governo italiano, cioè, un lockdown selettivo, per classi d’età, applicato in modo non generalizzato, come è stato fatto finora, ma limitando la quarantena solo alle persone più anziane e con pregresse patologie, avrebbe il vantaggio di evitare migliaia di morti tra le persone più fragili, consentendo, al contempo, la possibilità di tornare ad una vita simil normale per le persone meno fragili, a cui verrebbero imposte meno restrizioni fino al termine dell’emergenza sanitaria.

È evidente che si tratta di una questione molto delicata che va affrontata nel massimo rispetto della dignità della persona, garantendo la massima assistenza e tenendo presente che, alle persone più adulte e, in generale, ai più fragili, sia il buon senso che la buona educazione, oltre che la Costituzione della Repubblica, impongono che debba essere loro riconosciuto, semmai, qualche diritto in più rispetto agli altri e giammai qualche diritto in meno. Tuttavia, in una situazione come quella che stiamo vivendo ormai da molti mesi in balia di questo virus, una delle poche cose che abbiamo capito con certezza è che il Covid-19, pur colpendo indistintamente l’intera popolazione senza alcuna differenziazione di età, si sta rivelando letale soprattutto per le persone più anziane e che, in molti casi, sono già affette da altre patologie. Per cui, secondo lo studio dell’Ispi anticipato da “La Repubblica”, si potrebbe aprire “una discussione serena, ma urgente” per impostare una diversa strategia operativa e, cioè, la concreta possibilità di “separare le persone più fragili dai meno fragili”, garantendo a 360 gradi la dovuta assistenza per le loro necessità. Questa linea è anche un cavallo di battaglia di questo giornale che, in diversi articoli, ha ripetutamente sollecitato l’opportunità di un cambio di strategia in questa direzione per fronteggiare meglio l’emergenza sanitaria, senza subirla passivamente, ma andando alla ricerca di percorsi alternativi per non lasciare il virus padrone della partita. In proposito, va ricordato che questa strategia è stata suggerita dal Governo israeliano che, all’inizio della fase pandemica dello scorso febbraio, attraverso il ministro della Difesa, Naftali Bennett, conscio delle subdole modalità di trasmissione del virus, mise in guardia il suo popolo ammonendo che “nulla è più letale di un abbraccio tra nonno e nipote”. Tale strategia di isolamento mirato è stata recentemente adottata anche dal governo degli Stati Uniti che sta evidentemente seguendo il consiglio del saggio popolo, notoriamente molto amico di quello americano.

Tornando al pregevole articolo de “La Repubblica” contenente le anticipazioni dello studio dell’Ispi, va segnalato che è molto preciso anche sulle percentuali numeriche che comporterebbe questa delicatissima decisione. Infatti, attingendo direttamente alla fonte giornalistica, segnala che “l’82 per cento dei deceduti per Covid ha più di 70 anni ed il 94 per cento ne ha più di 60. La letalità del virus cresce in modo esponenziale con l’età, uccidendo meno di 5 persone su 10mila nella fascia d’età compresa tra i 30 ed i 39 anni, ma oltre 7 persone ogni 100 tra gli ultraottantenni”. Quindi, secondo il citato studio, “sarebbe sufficiente isolare gli ultra ottantenni per dimezzare la mortalità diretta del virus e se venissero isolati efficacemente gli ultrasessantenni, la mortalità sarebbe dieci volte inferiore”.

Sempre “La Repubblica”, in un altro passaggio dell’articolo, fa riferimento anche alle conseguenze sul piano economico che il lockdown mirato comporterebbe e, sempre attingendo al citato studio, rappresenta che “dal punto di vista economico e lavorativo, un lockdown selettivo per fasce d’età permetterebbe di evitare i contraccolpi più severi. In Italia, l’anno scorso 2,3 milioni di persone (il 9 per cento della forza lavoro) erano ultrasessantenni, i lavoratori over 65 si riducono a 600mila (il 2,4 per cento del totale), mentre gli over 70 sono circa 130mila (lo 0,5 per cento del totale)”. Quanto all’ipotetica riduzione della pressione sugli ospedali, sempre secondo lo studio consultato da “La Repubblica”, “tra coloro che, a causa del Covid-19, necessitano di ricovero in terapia intensiva, una persona su due ha più di 63 anni, 3 persone su quattro hanno più di 56 anni” e, quindi, anche da questo punto di vista, i vantaggi sarebbero evidenti, perché, secondo l’Ispi “isolando in maniera efficace gli ultra sessantenni si potrebbe ridurre di quasi i tre quarti la pressione sul sistema sanitario”.

L’articolo de “La Repubblica” offre importanti spunti di riflessione e discussione e permette di ricordare che, già in un nostro articolo del 20 aprile, si era accennato a perplessità per il fatto che, a distanza di quasi 50 giorni dalla chiusura totale del Paese, il Governo non avesse fatto un solo passo in avanti verso un lockdown selettivo poiché era già palese che l’alta letalità interessava soprattutto i più fragili. Ma anche in un articolo dello scorso 29 ottobre si era indicato che uno dei motivi che ha reso inadeguata la risposta sanitaria alla seconda ondata è dipeso anche dal fatto che il Governo non ha preso in considerazione la possibilità di isolare le persone più fragili, allestendo apposite strutture e con personale dedicato ed il cambio di strategia poteva essere comodamente esaminato proprio a cavallo tra la fine della prima ondata, coincisa con i primi di maggio, quando le terapie intensive si sono svuotate, e l’inizio della seconda ondata, coincisa con l’inizio di ottobre, quando la curva epidemiologica ha ripreso a crescere, guarda caso, a distanza di due-tre settimane dalla riapertura delle scuole fortemente voluta dal ministro della Scuola, Lucia Azzolina e che, invece, andava rinviata di qualche mese perché la scienza aveva ampiamente previsto il rischio di una seconda ondata.

Lo studio dell’Ispi dà un contributo importante perché va nella direzione di non subire passivamente il virus fornendo soluzioni alternative all’immobilismo tattico, anche se non è di semplice applicazione e non va scambiato per una sorta di “Bibbia”, ma è auspicabile che funga da input per il Governo e per i suoi tecnici, per procedere, in modo razionale e con le dovuta assistenza medica, umana e psicologica, a separare le persone più fragili fino al termine dell’emergenza sanitaria, perché questa difficile scelta consentirebbe al paese di andare avanti con minor danno per la salute delle persone a rischio, ma con evidenti vantaggi per la tenuta del sistema economico visto che i soggetti “non isolati” tornerebbero ad una vita più o meno normale.

Inoltre, sulla possibilità che, nei prossimi giorni, il governo possa dichiarare un nuovo lockdown, la partita è delicata, si presenta incerta e si gioca sulla tenuta del sistema sanitario e, soprattutto, sull’analisi quotidiana dell’aumento delle terapie intensive, che, almeno fino a questo momento, sta indubbiamente reggendo, perché, ad esempio, il 31 ottobre, anche se è stata registrata la cifra iperbolica di 32mila nuovi positivi, tuttavia, il correlativo l’aumento della pressione sulle terapie intensive è stato pari a sole 95 unità, quindi, il dato è meno impressionante di quanto sembri. Ed è proprio su questo punto che si sta giocando, all’interno del Governo, la partita tra falchi e colombe e, cioè, tra chi, come il Partito Democratico, vorrebbe un lockdown immediato per l’alto numero dei nuovi positivi e chi invece, come Giuseppe Conte ed una parte del M5S, che preferirebbero aspettare che le terapie intensive arrivino a completa saturazione prima di chiudere tutto e ciò potrebbe anche non rendersi necessario, qualora la seconda ondata dovesse ridursi in modo apprezzabile prima che le terapie intensive esauriscano i posti a disposizione. Una rischiosa corsa contro il tempo. Per questo Conte è contrario ad un nuovo costosissimo lockdown dell’intero Paese, anche perché teme rivolte di piazza ed è perfettamente consapevole che se riuscisse a superare la seconda ondata senza chiudere tutto, potrebbe rivenderselo come un successo personale, visto che la sua popolarità, in queste ultime settimane, è ai minimi, come segnalato dal sondaggista Nando Pagnoncelli su “Il Corriere della sera” del 31 ottobre. Ed il premier starebbe pagando proprio l’immobilismo dimostrato per arginare la seconda ondata, sebbene fosse stata ampiamente preannunciata dai virologi.

Nel frattempo, stanno progressivamente aumentando nel Paese le manifestazioni di protesta dopo il Dpcm del 25 ottobre con cui Conte ha disposto ulteriori restrizioni alle attività commerciali ed è grave che la protesta abbia anche registrato episodi di aggressione alle forze dell’ordine, ma questo significa che la gente è davvero stanca e bisogna tenerne conto, anche se non potrà mai e poi mai aver ragione chi ricorre a metodi violenti. Inoltre, le proteste stanno avvenendo su tutto il territorio nazionale, per cui è quantomeno azzardato sostenere che a Napoli la protesta sarebbe stata agevolata dalla camorra, perché se qualcuno protesta da qualche altra parte è semplicemente “esasperato” mentre se protesta a Napoli lo fa per qualche altra oscura ragione. Non è così, sebbene sia notorio che nell’area metropolitana napoletana prospera la malavita organizzata, ma è comunque grave che altissimi rappresentanti delle istituzioni, locali e nazionali, abbiano contribuito ad alimentare sospetti, danneggiando enormemente l’immagine della città che rappresentano. Meglio prenderla a ridere ed in proposito non può non venire in mente una strepitosa battuta del grande attore Massimo Troisi che, nel suo film capolavoro “Ricomincio da tre”, disse che “un napoletano non può viaggiare perché, se viaggia, lo scambiano regolarmente per un emigrante”. Quindi, ci piace immaginare che, in questo momento, dopo aver ascoltato, dall’alto, qualche inesattezza sulla sua amata città, con la sua unica ed inimitabile ironia, stia pensando che “un napoletano non può nemmeno scendere in piazza perché, se lo fa, lo prendono per un camorrista”.

Quindi, un lockdown selettivo, per classi di età, potrebbe essere una valida alternativa da vagliare attentamente per provare ad andare oltre l’immobilismo tattico del Governo senza violare la Costituzione e mancare di rispetto agli anziani ed è ragionevole ipotizzare che possa ricevere i favori proprio dell’attuale compagine governativa, visto che è costituita da una base molto giovane; infatti, i ministri Luigi Di Maio ed Azzolina sono poco più che trentenni, i ministri Paola De Micheli, Roberto Speranza, Alfonso Bonafede e Stefano Patuanelli sono quarantenni, il premier Conte è poco più che cinquantenne, come i ministri Roberto Gualtieri e Francesco Boccia, ma tutto questo non può non tenere conto del fatto che, in questo Paese, come in molte altre parti del mondo, il potere decisionale vero non è nelle mani né dei trentenni, né dei quarantenni e nemmeno dei cinquantenni, ma il più delle volte è gestito dai sessantenni, dai settantenni e dagli ottantenni. Sovviene, in proposito, una riflessione di Aristotele, il grandissimo filosofo greco, allievo di Platone e maestro di Alessandro Magno, che, nel secondo libro della “Retorica”, scritta in età matura, traccia un articolato parallelo tra i comportamenti dei giovani e quelli degli anziani, sottolineando, tra numerose altre cose, che “i giovani sono inclini alla pietà e compiono ingiustizie per arroganza, mentre gli anziani sono compassionevoli, diffidenti e compiono ingiustizie per cattiveria”.

Aggiornato il 03 novembre 2020 alle ore 09:45