Candidati: il momento della lucidità

Matteo Salvini questa volta sta sbagliando ad interpretare la pancia del Paese. Quando afferma che “ci sono migliaia di contagiati, ma non significa che siano malati”, dice una cosa senza evidenza scientifica. Volendo essere solo cinici, Matteo Salvini banalmente minimizza su un tema sul quale la gente ha un sentire diametralmente opposto. Uno statista, se le pensa, deve dire cose scomode nell’interesse del Paese? Può darsi. Peccato che fino ad oggi la Lega abbia avuto una crescita esponenziale cavalcando i bisogni dei cittadini, là dove gli altri non erano nemmeno arrivati a comprenderli. Mettersi a minimizzare solo per fare opposizione a Giuseppe Conte è controproducente.

Ultimamente Matteo Salvini, così come gli altri leader del centrodestra, appare appannato su molti temi tra i quali spicca la selezione di candidati in grado di vincere le elezioni amministrative. Le Regionali appena celebrate (ma anche le elezioni comunali) hanno sancito un fatto abbastanza evidente: com’è possibile che i dati nazionali diano in netto vantaggio un centrodestra che poi perde le elezioni amministrative, manco fosse l’Inter nei momenti che contano? È evidente sia che qualcosa non funzioni nella selezione dei candidati, sia che la trappola del secondo turno (alle comunali) ammazzi ogni velleità a causa dell’osmosi di voti tra M5S e sinistra.

Tra poco, ad esempio, in ballo c’è la Capitale e c’è da scommettere che arriveranno al secondo turno il candidato del centrodestra (in vantaggio) e a seguire il candidato del Partito Democratico sotto di qualche punto. Più in basso ci saranno Carlo Calenda, la povera Virginia Raggi e tutta una pletora di candidati minori. Se il candidato del centrodestra (magari competente, per carità) sarà il solito divisivo, non popolare, poco trasversale, poco convincente e non in grado di fermare il travaso automatico di voti tra Cinquestelle e Partito Democratico, assisteremo al classico ribaltamento del risultato al ballottaggio. Con un candidato di centrodestra debole, alla sinistra basterà mandare un qualsivoglia suo esponente al ballottaggio per conquistare Roma (come Milano del resto).

E allora cosa fare? L’ipotesi tanto pazza quanto impercorribile sarebbe quella di provare ad appoggiare Carlo Calenda (d’altronde è competente, di sinistra, conosciuto). Scartata ovviamente quella impraticabile, noi non ci permettiamo di suggerire nomi anche perché sarebbe esercizio sterile e inutile. L’unico consiglio non richiesto che ci permettiamo di dare è quello di evitare tanto gli sconosciuti (a meno che non si tratti di talenti spropositati) quanto i competenti antipatici, i divisivi non in grado di allargare il recinto, i telepredicatori senza contenuti, le starlette chiappone, i generoni maneggioni, le minestre riscaldate.

Escluse le precedenti ipotesi, su Milano e Roma restano poche scelte e cioè qualche giovane di belle speranze, qualche leader nazionale o un pezzo da novanta della cosiddetta società civile. Perdere in città come Roma e Milano non è come perdere la Campania o la Puglia. Perdere a Roma e Milano significa che tutto dopo è molto più difficile. Amministrarle male, forse, è anche peggio.

Aggiornato il 23 ottobre 2020 alle ore 13:09