Il caso straordinario di Giorgia Meloni

venerdì 25 settembre 2020


Credo ci voglia un gran cinismo, o un disperato orgoglio, oppure una inquietante scaltrezza per continuare a sbandierare come un superlativo trionfo il proprio risultato quando lo stesso finisce per consegnare il Paese all’avversario. È il caso straordinario di Giorgia Meloni, la quale, mentre nel centrodestra si è aperto il processo, procede a testa bassa a rivendicare le sue percentuali. A caldo ha annunciato: “Chi ha vinto? Basta leggere The Guardian. Dice che un candidato di Fratelli d’Italia ha messo fine al governo della sinistra nella Regione Marche, che durava ormai da 25 anni”. E a mano a mano che le analisi si fanno calde e i commentatori lamentano “se si fosse fatta vera opposizione”, dal quartier generale di Giorgia ribattono lanciando manifesti gloriosi: “Nuovi sondaggi. Fratelli d’Italia ha scalzato il Movimento 5 Stelle ed è diventato il terzo partito italiano”. Con tanto di foto sorridente della leader che avanza nel blu.

Sia chiaro il ragionamento è Ad adiuvandum perché Giorgia è fondamentale, però una navigata come lei non può ignorare cosa stia accadendo dentro e fuori la coalizione. È vero che i numeri sono quelli ribaditi dalla sondaggista Alessandra Ghisleri, la quale tuttavia ha spiegato che la maggior parte vengono da Forza Italia, dunque erosione in casa, ma effettivamente indicano, come ha siglato Vittorio Feltri, che l’avanzata di Fratelli d’Italia continua da nord a sud. Tuttavia i numeri in politica sono anche un’opinione. E sappiamo pure che possono essere voto di scambio, clientelare, di favore. Con questo, per carità, non alludo a nulla di diretto o di illegale, intendevo solo avvalorare che è riduttivo in politica praticare solo l’aritmetica. Perché a me pare che la crescita di Fratelli d’Italia non corrisponda alla soddisfazione della coalizione, o dell’area riformista liberale o convergente dei moderati.

E non mi pare che questo “storico risultato” porti almeno qualcosina di buono e di utile. Viceversa ha segnato la più spregiudicata radicalizzazione giallorossa e di Giuseppe Conte a un filo dalla “spallata” finale. Se ne rende conto di questo Giorgia? Dico, stiamo parlando di Nicola Zingaretti e Beppe Grillo, manco dei comunistoni dei referendum storici o delle segreterie di D’Alema e Veltroni. Stiamo affrontando la compagine più sgangherata, fluida, plastica, inventata, che ha contro 15 regioni e milioni di italiani imbufaliti, i quali ingenuamente hanno votato in massa per il taglio dei parlamentari illudendosi di ridurre parassiti e mangiasoldi, mentre Grillo straparla contro la democrazia parlamentare. Sapendo questo come ha fatto la Meloni, e con lei Matteo Salvini, a sostenere il Sì di Luigi Di Maio e dei grillini? Il No avrebbe ribaltato la situazione e adesso non saremmo consegnati mani e piedi alla più pericolosa maggioranza della storia. Non è una riflessione che si può derubricare dietro a slogan di comodo.

Per Salvini è già iniziato il processo, prima di quello vero sulla Gregoretti. Lo hanno aperto i forzisti Mara Carfagna e il vincente governatore della Liguria Giovanni Toti contro piddini e i 5 Stelle uniti, il quale ha scandito: “Salvini non ha le doti che servono a un leader”. Opa sulla leadership, partito Toti-Carfagna? Matteo, che è un pratico, è corso ai ripari annunciando a Porta a Porta l’immediata creazione di una “segreteria politica” con Giorgetti, Centinaio, Bongiorno, Borgonzoni tra altri che arriveranno. “Tanto è finito”, ha sentenziato perfino Alessandro Cecchi Paone. “Ma no, è come Super Mario Bros, alza sempre la posta”, ha rintuzzato Pietrangelo Buttafuoco.

Tutto su Salvini a fine corsa e poi su Forza Italia dopo il Covid di Silvio Berlusconi in caduta libera. Corvi neri, chi aleggia? Ci pensa Massimo Cacciari a rimettere i piedi per terra: “La Meloni non sarà un’insidia né per Salvini né per altri, perché ha una storia che la rende indigesta a una grande maggioranza della politica italiana”. Di nuovo Buttafuoco in difesa: “Alla destra la propaganda, alla sinistra la politica e la stanza dei bottoni”. Me cojoni, apostrofa un utente imbestialito, mentre un altro posta “Salvini-Meloni, il duo disgrazia”. Questo commento mi ha colpito in una pagina sempre educata e unitissima di fans. Se poi si aggiungono le osservazioni di molte élites, quelle centellinate di Chicco Testa (“governare l’Italia vuol dire prendere il peso delle problematiche, allargare il campo, spostarsi al centro”), la delusione di grandi inossidabili anticomunisti (“non era questo il Paese che sognavo”), soprattutto lo tsunami in arrivo dalla base, c’è da temere per la spensieratezza della brava Giorgia.

Tsunami che cresce di ora in ora con la consapevolezza che il Governo durerà fino al 2023, farà la riforma dei collegi e della legge elettorale, del fisco, della giustizia, la nomina del Capo dello Stato e tutte le altre nomine, amministrerà la cifra mai vista nella storia della Repubblica di 750 miliardi del Recovery fund, varerà lo Ius Soli e lo Ius Culturae facendo dell’accoglienza la vocazione patriottica, avendo subito eliminato ogni multa alle Ong con la Ue che non prenderà nessuno ma parteciperà solo ai rimpatri, tradotto significa migliaia di sbarchi di irregolari in fuga, con la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, da prima nel rimpasto, a numero uno di ferro.

Non sarà che Salvini-Meloni hanno funzionato da attrazione antifascista, antirazzista per una maggioranza che non ha altri argomenti se non che rinfocolare il passato dei decadenti opposti estremismi, che ha già fatto immani danni e lasciato in terra morti e feriti? Mi permetto di suggerire alla nostra coraggiosa Sailor Moon, che corre a dare la medaglia a Willy dimenticando per terra i nostri figli straziati, che in un saggio del 2008 il maestro più studiato dai rossi Umberto Eco spiegava come “avere un nemico”: “È importante non solo per definire la nostra identità ma anche per procurarci un ostacolo rispetto al quale misurare il nostro sistema di valori e mostrare, nell’affrontarlo, il valore nostro. Per cui il nemico bisogna costruirlo”. Temo che il successo di Giorgia Meloni sia usato da questa sinistra come l’icona perfetta, il nemico ideale, e che il centrodestra debba migliorare molto nella politica dell’avversario per la vittoria.


di Donatella Papi