Il socialnichilismo: se l’anima è nulla

lunedì 21 settembre 2020


Chi governerà il futuro delle lost generations? Il Nulla. Dal Superuomo nietzschiano al balordo di periferia, con i suoi avatar social, il profluvio di retorica bellicosa, machista e irrispettosa di ogni fragilità; irrorata costantemente dalla sua pervicacia distruttiva che svuota i contenuti del Super Io, progressivamente sostituito con la vacuità assoluta dei piaceri della giostra dei consumi e dello sballo. Una macchina da guerra, se palestrato e/o cresciuto nei luoghi più impervi del vivere civile, creatura di un urbanesimo marcito, squallido, maleodorante e malavitoso, dove regna il principio dell’arricchimento facile, della dazione territoriale all’organizzazione o alla banda più forte, violenta e determinata a estrarre tutto il succo malvagio dalla vigliaccheria dei commerci, e dall’omertà innata dei contesti in cui si trova a operare. Perché non è il nichilismo quel drago che inghiotte il cavaliere con tanto di cavallo e di lancia, ma l’Assenza del padre. Colui, cioè, che detta la Regola, il rispetto delle consuetudini sociali della tradizione; che amministra premi e sanzioni in base ai comportamenti tenuti. Relativismo, permissivismo, deresponsabilizzazione sociale, leaderismo populista inconcludente, Politically correct sono i veri untori in questo dilagare del disagio giovanile, in cui brilla la luna nera della mancanza di un progetto collettivo, di una missione salvifica da affidare alla gioventù che cresce, per redimere una società marcia fino alle sue fondamenta.

In giro, si leggono mille e passa analisi psico-sociologiche variegate, prolisse e contraddittorie che ci parlano di questi profili giovanili di massa, in troppi, tanti casi sempre più disturbati e autistici, affogati come sono nelle pratiche compulsive dei social, con la scoliosi incombente e prematura di chi sta a testa china sullo schermo di un cellulare acceso per decine di ore al giorno. Perché se sei giovane ti identifichi con un’onda elettromagnetica, un flusso di dati che viaggia istantaneamente da un angolo all’altro della città, del mondo. Un blackout di WhatsApp, Instagram, Facebook e di Internet significa crisi isteriche, scatenamento della claustrofobia da perdita di contatto, con il branco, con il gruppo, con se stessi. Loro, i giovani, che generano una produzione infinita di chat, inventando propri codici dialettici per invadere tutto lo spazio possibile di pensiero sottraendolo alla riflessione; senza più quindi la capacità di riconoscere le proprietà dell’Io, a favore di una sua devastazione progressiva. All’avanzare della marginalità e dell’assenza di cultura, la partita della vita prevede che il proprio arbitro sia l’arbitrio dell’Es, il rimuovere ogni ostacolo ai bassi istinti, perché essere haters (di ogni forma e colore politico) è bello come assumere droghe, confusi nell’anonimato in cui la mano che colpisce è identica a migliaia di altre, senza più capacità dialettica, né di apprendere l’arte di convincere e di lasciarsi convincere. Si dice: tutta colpa della scuola che non insegna più valori condivisi, ma solo sterili nozioni e false illusioni; tutta colpa delle famiglie assenti in cui i genitori si comportano come e peggio dei loro figli, annegandoli nel proprio egoismo, nella continua confusione di vite che si accoppiano e si dividono, formando famiglie sempre più allargate, in cui magari una zia diventa tua madre o quest’ultima fugge di casa per legarsi a una nuova compagna.

La strada, i locali dello sballo hanno preso il posto delle case e delle chiese. Anche da giovanissimi si rientra all’alba, si sale sulla giostra del divertimento, del luna park dello sballo festivo e feriale; del sesso facile a qualunque età, senza più tutele genitoriali a far da guardia agli eccessi, a proteggere dai pericoli. Perché gli adulti sono ancora più sballati e incattiviti dei giovani, afflitti da una vita di eccessi, fatta di corse a perdifiato per tenere il passo a un consumismo sempre più sfrenato, in cui i bisogni indotti si fondano sull’invidia dei beni materiali posseduti dal prossimo vicino, dall’estraneo che incontri in metro o nei negozi, che ti attira e infastidisce per i suoi indumenti griffati, il suo smartphone ultimo modello, le cuffiette senza filo, le sneakers da 400 euro. La soluzione per tutto questo non è il lettino dello psicanalista o l’assistenza ubiquitaria dello psicologo, che a tutto si presta pur di trovare un’occupazione qualsiasi al proprio mestiere, inventandosi una formazione che non forma o un’assistenza alla persona che non sana mai nulla dei suoi disturbi di comportamento, delle angosce esistenziali; che non riduce di un vagoncino il nostro trenino delle illusioni, dei falsi Se e dei sogni frustrati.

Soluzioni possibili? Fare ricorso alla Città di Utòpia di una società giovanile in-divisa! Imporre una Regola; assegnare una Mission collettiva, perché la gioventù è pura passione, follia, raggiungimento di obiettivi apparentemente irraggiungibili. Come farlo? Ad esempio, progettando l’istituzione di una sorta di Delta Force universale e internazionale di pronto intervento, una sorta cioè di Caschi gialli Onu, assimilabili a divisioni addestrate alle emergenze di ogni tipo, dotate di strumenti materiali e di una costellazione fitta di basi logistiche altamente organizzate, nelle cui fila possano essere accolti tutti quei giovani che vogliano cimentarsi e mettersi alla prova sui bisogni emergenziali, così diffusi sulla terra, come le piaghe della povertà e della pandemia. Si pensi al pronto intervento in qualunque area del mondo, in soccorso alle popolazioni colpite da terremoti devastanti, inondazioni, carestie genocidiarie, grandi catastrofi in genere, per cui occorre come risposta immediata la mobilitazione di decine e decine di migliaia di risorse giovani e preparate. A queste ultime spetterà altresì avviare la prima ricostruzione, curare e sanare le ferite materiali e morali. Caschi gialli planetari professionalizzati e disarmati, con la passione della contaminazione rispetto a storie, tradizioni, culture popolari sconosciute, di miti e riti fuori dall’Occidente, di cui sono portatori tutti i popoli di quella vasta umanità povera, disagiata e sofferente. Perché, dice il Poeta, Itaca ti ha dato il bel viaggio/senza di lei mai ti saresti messo/in viaggio: che cos’altro ti aspetti?”. Metteteli alla prova, i giovani, facendone i salvatori del mondo: vedrete che vinceranno la noia e il nichilismo dilagante.


di Maurizio Guaitoli