Salvini strattonato: l’inaccettabile doppia morale

Facciamo subito chiarezza su un punto: quella nei confronti di Matteo Salvini a Pontassieve, più che un’aggressione, è stata una crisi isterica derivante dalla frustrazione per i sondaggi e per la crescente popolarità del centrodestra in alcune roccaforti fino a poco tempo orsono inespugnabili. Bene ha fatto il leader della Lega a non piangersi addosso, a minimizzare non alimentando quel latrato indecoroso e strumentale a cui spesso siamo stati abituati in altre occasioni. Non c’è un pericolo autoritario se una psicopatica ti strappa la catenina o la camicia, né tantomeno è necessario ricorrere alla Polizia Postale se qualche balordo leone da tastiera fa sfoggio di quell’aggressività di cui spesso non è capace dal vivo (giusto per ricordare le retate incoraggiate da Laura Boldrini).

Sono cose che, quando capitano e ove possibile, vanno edulcorate nel nome della pace sociale. Bisogna essere responsabili così come lo fu Silvio Berlusconi quando placò gli animi a valle della statuetta ricevuta in faccia da uno squilibrato giustizialista, antesignano inconsapevole di quella spirale di odio che poi si sarebbe canalizzata qualche anno dopo nel Movimento Cinque Stelle in forma di partito organizzato.

Una cosa però è sinceramente inaccettabile e pericolosa: la doppia morale di chi si professa difensore della libertà e della democrazia onde poi tacere quando gesti di violenza succedono ai cosiddetti (e mai autodefinitisi) sovranisti, i nuovi barbari, i nuovi fascisti da combattere con qualsiasi mezzo. Antifascisti di convenienza in assenza di fascismo.

In questi giorni, su quanto accaduto a Matteo Salvini, abbiamo assistito ad un becero e assordante silenzio. Cos’è la mancata solidarietà se non una tacita approvazione di quanto accaduto?

D’altronde le azioni di disturbo nelle piazze, i processi inspiegabili, i comizi tenuti grazie alla polizia in assetto antisommossa e la critica violenta, null’altro sono se non il metodo utilizzato a Pontassieve dalla gentil signora riprodotto sistematicamente ed in maniera organizzata. La contestatrice di Pontassieve non ha fatto null’altro se non le stesse prodezze compiute nei giorni scorsi dalle Sardine, dai Kollettivi, dai Centri sociali e via declinando la peggior feccia. L’arco costituzionale su fatti come questi ha taciuto, ha giustificato, ha sghignazzato ma non ha mai condannato fermamente. Quella stessa classe politica antifascista e di sinistra che si scandalizza per molto meno evocando a capocchia la resistenza al grido di bella ciao.

Qualcuno della “società civile” come Gabriele Muccino o Mattia Santori delle Sardine hanno addirittura giustificato lo strattonamento di Matteo Salvini perché contro i nemici tutto è concesso. E lo stesso schema si è ripetuto scientificamente su più temi a dimostrazione che la cultura antidemocratica e dell’odio è un vizietto per costoro.

Se il Covid lo prende gente come Silvio Berlusconi o Flavio Briatore è quasi un bene (parola del linguista Gabriele Simone), se un’aggressione la subisce Salvini se l’è meritata, se un insulto sessista lo subisce Giorgia Meloni e non Laura Boldrini è etico. E se un branco di bestie uccide barbaramente un ragazzino a Colleferro, beh ça va sans dire, appartiene al mondo neofascista per dirla come Chiara Ferragni, il nuovo leader della sinistra.

Non si comprende per quale strano motivo il collegamento tra i bianchi palestrati (da Roberto Spada ai delinquenti di Colleferro) e il neofascismo sia un automatismo mentale per questa gente. In genere i delinquenti sono dei selvaggi incolti che non hanno assolutamente coscienza politica. Tranne che in Italia, ove chi commette reati è un politologo di destra a sua insaputa. Se i reati sono finanziari, invece il delinquente è inconsciamente berlusconiano (o almeno la zia della cugina del suocero era stata candidata al Comune di Vattelappesca con Forza Italia).

Piuttosto il prossimo segretario del Partito Democratico (Chiara Ferragni) dovrebbe guardarle le foto degli assassini di Colleferro: palestrati, tatuati, ossessionati dai selfie e dai social, glamour e spesso intenti a scimmiottare quella cultura rap malavitosa tipica del Bronx o la “filosofia” trap. Questa immagine non la ricorda nessuno?

Aggiornato il 11 settembre 2020 alle ore 19:27