Referendum Taglio dei Parlamentari: la parola agli italiani

venerdì 11 settembre 2020


I prossimi 20 e 21 settembre, i cittadini dovranno esprimersi sulla modifica degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione, meglio identificata come “taglio dei parlamentari”, ciò sta a significare che i due rami del Parlamento italiano saranno ridotti: alla Camera da 630 a 400 deputati, al Senato da 315 a 200 senatori. Rimangono invariati i 5 senatori a vita. L’articolo 138 della Costituzione, definisce chiaramente il meccanismo assai complesso di modifica della Carta Costituzionale, dove, si lascia spazio anche ai cittadini italiani, di pronunciarsi direttamente sulla opportunità del cambiamento attraverso il voto referendario.

Per cambiare la Costituzione e le leggi costituzionali occorrono:

Quando nella seconda deliberazione non si raggiungono le maggioranze richieste, la legge non viene approvata, se invece è raggiunta una maggioranza non superiore ai due terzi dei componenti di ciascuna Camera, la modifica viene poi sottoposta a referendum popolare. Il 20 e 21 settembre i cittadini italiani dovranno pronunciarsi a favore del o del No, proprio perché il disegno di legge costituzionale sulla riduzione del numero dei Parlamentari, non aveva superato i 2/3 della maggioranza nella seconda deliberazione al Senato avvenuta l’11 luglio del 2019. Nel 2019 votarono a favore: Movimento 5 stelle, Pd, Italia viva, Leu, Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia. Oggi, cosa assai bizzarra, è vedere come molti appartenenti ai partiti e movimenti che nel 2019 votarono a favore della riduzione, li si ritrova a pubblicizzare convintamente la scelta per il No al referendum, ossia, l’esatto contrario certo che qualche dubbio sulla coerenza e il “metodo di lavoro” del parlamentare del terzo millennio sorge a chiunque. La questione principale su cui molto si dibatte, cavallo di battaglia del fronte del no, è quella della rappresentanza. È allora quanto mai necessario rimarcare che quando fu scritta la Costituzione italiana, non esistevano le Regioni o meglio, non esistevano i Consigli regionali, eletti per la prima volta nel 1970.

La legge del 16 maggio 1970 n° 281 e il relativo regolamento di attuazione il Dpr 15 gennaio 1972 n° 8 decretò l’istituzione delle regioni italiane come enti territoriali e con suddetto Dpr si regolamentarono le modalità di trasferimento delle funzioni amministrative statali alle regioni con propri poteri e funzioni. Competenze ancora oggi regionali e, relativa rappresentanza dei consiglieri regionali nei vari territori, che si suddividono tale ruolo con i tanti Parlamentari. Se poi si approfondisce maggiormente l’argomento rappresentanza parlamentare, non si può non tirare in ballo l’attuale legge elettorale che non consente di fatto ai cittadini italiani di scegliere il proprio rappresentante a causa delle liste bloccate dove sono i leader dei vari partiti a scegliere i parlamentari da inserirvi. In buona sostanza se la si definisce “rappresentanza relativa” non si commette alcun errore.

La riduzione del Parlamento a 600 parlamentari, decreterà la nascita di collegi di circa 150mila abitanti per la Camera e, di circa 302.000 abitanti per il Senato, si potrebbe ben dire di una rappresentanza politica più che adeguata nei vari territori italiani, se poi, vi si sommano anche i tanti consiglieri regionali. Una rappresentanza che non solo continuerebbe a interpretare in modo eccellente i bisogni della popolazione ma garantirebbe una migliore efficienza e un maggiore snellimento dei lavori parlamentari soprattutto nelle varie Commissioni oggi formate da un ampio numero di politici. Altresì, il minor numero di parlamentari, al di là della riduzione dei costi della politica, che potrebbero anche essere irrisori per le casse dello Stato, rappresenterebbe un maggiore impegno lavorativo per il singolo rappresentante politico che metterebbe sicuramente più in risalto una sua eventuale efficienza senza tralasciare il fatto (e non è proprio un dettaglio) di vedere registrate più presenze che assenze in aula.


di Lorena Polidori