Scontro nel Governo sui licenziamenti, alt sindacati

La proroga del blocco dei licenziamenti sta provocando una spaccatura nella maggioranza e mette alla prova la tenuta dei partiti. Ad accendere la miccia sono stati i segretari di Cgil, Cisl e Uil - Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Pierpaolo Bombardieri - che hanno minacciato di trasformare in sciopero generale una manifestazione già organizzata per il 18 settembre - due giorni prima delle Regionali - se il Governo non stopperà i licenziamenti fino alla fine del 2020.

L’uscita dei sindacati ha messo il dito nella piaga e ha fatto irruzione in una serie di riunioni fiume di ministri e maggioranza sul Decreto agosto. Gli alleati sono divisi fra chi vorrebbe che il blocco, finora previsto fino al 17 agosto, venga prolungato solo fino al 15 ottobre, e chi invece vuole che duri fino al 31 dicembre. Se ieri sembrava prevalere la prima ipotesi, dopo l’uscita di Cgil, Cisl e Uil il vento pare sia cambiato. A metà giornata è spuntata anche una mediazione, per far finire il blocco il 15 ottobre, facendolo però proseguire fino alla fine dell’anno per quelle aziende che stanno utilizzando gli ammortizzatori sociali. Ma la proposta pare sia morta lì.

Le posizioni sono dinamiche: la segreteria del Pd è per il 31 dicembre, però nel partito ci sono sensibilità diverse. E pure il M5s non è granitico, anche se la pentastellata ministro del Lavoro Nunzia Catalfo è per la proroga a fine anno. Più definite le idee in Italia Viva, che punta alla scadenza breve, e in Leu, che invece vuole fortemente quella lunga. “Preoccupano le notizie che vorrebbero limitare il blocco dei licenziamenti solo fino alla metà di ottobre”, ha detto il deputato di LeU Guglielmo Epifani.

Nel gioco delle posizioni entra Confindustria: “Se l’esecutivo intende ancora protrarre il divieto dei licenziamenti, il costo per lo Stato sarà pesante”, ha fatto sapere, perché la misura “pietrifica l’intera economia allo stato del lockdown”. Il nodo è così intrigato che, malgrado a Palazzo Chigi si sia lavorato tutto il giorno per varare il Dl agosto giovedì, il consiglio dei ministri sembra destinato a slittare. E c’è chi non esclude che si possa tenere sabato o, addirittura, la prossima settimana. Di sicuro c’è che la minaccia dei sindacati si è fatta sentire. Senza proroga a fine anno, il governo “si assumerebbe tutta la responsabilità del rischio di uno scontro sociale”, hanno scritto Landini, Furlan e Bombardieri, spiegando che tutto “dipenderà solo dalle scelte del Governo e della Confindustria” che viene criticata anche per l’atteggiamento sui contratti. E che replica ricordando l’accordo interconfederale del 2018: lo sciopero generale sarebbe inutile, meglio “progettare insieme la ripresa”.

Dal Governo sarebbero comunque arrivate le rassicurazioni ai sindacati. Per il Pd, il responsabile Lavoro della segreteria del partito, Marco Miccoli, ha ricordato come “molti esponenti del governo siano stati chiari: blocco dei licenziamenti e cassa integrazione fino al 31 dicembre”, aggiungendo che “incertezze e misure parziali creerebbero solo preoccupazione e produrrebbero tensioni inutili”.

A rendere attorcigliata la situazione non è solo la questione licenziamenti. C’è il problema delle coperture. Il Dl agosto contiene interventi disparati, dagli incentivi per le auto agli stimoli al consumo ai fondi per la sanità. Far tornare i conti non è facile. E c’è il pressing del ministro Giuseppe Provenzano per inserire la fiscalità di vantaggio per il Sud. E poi c’è il tema dei contratti a tempo determinato. Nell’esecutivo c’è chi propende per un rinnovo fino alla fine dell’anno, con la sospensione delle causali e dei vincoli previsti dal decreto dignità che, invece, il M5S vorrebbe re-inserire. Senza citare il Dl Semplificazioni: domani al Senato scadono i termini per la presentazione degli emendamenti. Per garantire un percorso “liscio” del provvedimento a Palazzo Madama, Giuseppe Conte ha convocato per tarda serata una riunione di maggioranza. L’ennesima.

Aggiornato il 09 maggio 2022 alle ore 12:59