Giustizia “fai da te” per difenderci dall’invasione clandestina

“Ricarica tutto. Ricaricate tutto quello che avete scaricato nel prato. Non levo niente, forza! Ricarica tutto in macchina e porta tutto via. Guarda che sono in diretta, lo stanno vedendo tutti, quindi occhio a quello che fai. Hanno visto anche la targa della macchina, quindi ricarica tutto subito”.

Siamo a Roma Sud, in via Laerte, Municipio VI, tra Torre Angela e Giardinetti, una delle periferie più martoriate della Capitale dall’immigrazione, dall’abusivismo e dal nomadismo. Una donna, sola, ferma la sua auto, accende il video del cellulare e in diretta riprende la scena, urlando furiosa. Davanti a lei c’è una vecchia Volkswagen blu station wagon parcheggiata sul ciglio della strada, dalla quale scendono due uomini di colore i quali cominciano a scaricare nel prato una vecchia rete e altri rifiuti. La donna a questo punto intima con voce rotta il suo coraggioso e civico “ricaricate tutto”. I due ceffi si accorgono di essere ripresi e tentano di minacciarla dicendo “leva quella roba” alludendo al cellulare. Ma lei non cede, continua a filmare e ad esortare i due a rimettere sul portabagagli tutta “la monnezza” che pensavano di scaricare. “Questo è quello che portano all’interno dei prati di Via Laerte, che poi noi normali cittadini non ci dobbiamo incazzare. Ecco le risorse quello che fanno!”, conclude la donna, che non spegne il cellulare fino all’ultimo.

Il video diventa virale. Si capisce subito che non è una fake news o uno dei tanti falsi che girano, è invece la cronaca disperata di una cittadina romana, neppure una militante o una esponente di una qualche organizzazione, ma una semplice contribuente che, transitando su quel tratto di strada già oggetto di numerose proteste, si accorge che davanti ai suoi occhi sta accadendo una violazione inaccettabile e non aspetta la politica, le leggi, perché si fa giustizia da sé e puntando il cellulare come un “revolver” riesce a ottenere che i due tipacci, camminando molli e occhieggiando, rimettano tutto sull’auto e ripartano. Ecco com’è Roma, la capitale del mondo in era Covid-19. Ecco come la giunta, il Comune, la sindaca e i municipi hanno abbandonato la cittadinanza, il controllo e la sicurezza per inseguire demagogie, propagande e una scriteriata politica finto anti-razzista. La gente è costretta a fare da sé per avere un minimo di controllo. Perché questo non è l’unico video che gira sulla rete. I romani si sono messi in giro a documentare lo scempio per denunciare il degrado insopportabile e documentare la gravissima insicurezza sanitaria e di ordine pubblico in cui versa la Città, chiusa agli stranieri e aperta al vandalismo più selvaggio. Un altro video, girato da un uomo, mostra una mattina alle 7,45 in Viale Pretoriano, tra le mura storiche e il giardino, la fila interminabile di baracche improvvisate, fatte di cartone, di coperte, di suppellettili, con immigrati quasi tutti di colore, quasi tutti uomini giovani e di mezza età al risveglio mentre fanno i loro bisogni e si preparano a passare un’altra giornata tra il nulla e il reato.

Stessa scena dietro alla Stazione Termini, sui Longotevere romani e stessi video su tanti altri municipi, opera anche questi di romani che per sconfiggere l’ideologismo, e per contrastare il finto buonismo clericale, si sono messi a dimostrare la realtà e lo stato dei fatti. Non sono video politici, occorre dirlo, cioè non sono eseguiti dalle tifoserie di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, o dalle reti ufficiali, sono documenti di cittadini che non ne possono più e non sanno come difendersi. Sono documenti autentici, individuali, coraggiosi, perché la signora che ha fatto rimettere sull’auto i rifiuti in via Laerte si è presa delle minacce, era sola, però non ha ceduto. Comprensibile. Perché chiunque abbia un filo di decenza, di responsabilità e di senso civico si è accorto lo stato in cui versano le città italiane, piene di gente senza casa, poiché la crisi sanitaria ha fermato le piccole attività e anche i traffici e dunque tutti gli stranieri che vengono fatti entrare in modo incontrollato e completamente insicuro, che anche infetti o positivi fuggono dai centri di accoglienza, non hanno più di che vivere. E così bivaccano.

Dice bene la signora di via Laerte quando denuncia “ecco cosa fanno le risorse”, perché nella politica nazionale della maggioranza poltronata si sente ancora sostenere che gli immigrati sono risorse. Come ha detto di recente la ministra del Lavoro Teresa Bellanova e altri di sinistra. Invece questa immigrazione che risale dai barconi, illegale, clandestina, frutto di traffici e del mercato sconsiderato delle Ong, non è integrabile e vive come è arrivata, nel buio del degrado e della illegalità. Roma è lacerata, ferma nel turismo straniero, vuota di lavoratori, abbandonata nei lavori urgenti e ordinari, trasformata in un immenso campo profughi. Forse Laura Boldrini si sentirà realizzata, ma tutti gli altri no. È così in tante altre parti d’Italia, in quasi tutte le regioni. Perché le centinaia e dunque le migliaia di clandestini scesi sulle coste negli ultimi giorni, approfittando dell’estate, sono stati collocati ovunque, quindi ci sono focolai di virus potenziale ma anche e soprattutto di disordine pubblico su tutto il territorio italiano. E già nelle caserme pur presidiate dall’esercito stanno scoppiando le prime rivolte. Di fronte a questa situazione il premier Giuseppe Conte e anche la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese hanno annunciato alle telecamere che non ci sarà più tolleranza verso gli ingressi selvaggi. Come se bastasse affacciarsi alle telecamere e una volta detto alla tv il problema fosse risolto. Ma i video spontanei dimostrano che è già accaduto, che se il premier e la ministra dell’Interno ammettono ora che gli sbarchi incontrollati non sono ammissibili hanno completamente fallito il loro mandato e sono responsabili di quanto è sotto gli occhi di tutto il mondo: un’invasione illecita pericolosa e gravissima. Questa non è solo campagna elettorale, ma un problema urgentissimo italiano ed europeo.

Aggiornato il 04 agosto 2020 alle ore 17:32