Missioni militari approvate con molta tensione

mercoledì 8 luglio 2020


Non solo il decreto semplificazioni sta provocando tensioni in Parlamento. Ieri nel corso della discussione per approvare le missioni militari all’estero si è verificata una spaccatura in Commissione Difesa Senato superata solo grazie ad un escamotage regolamentare. La legge quadro sulle missioni militari prevede che ogni anno gli impegni militari internazionali siano autorizzati e finanziati distinguendo tra l’avvio di nuove missioni e la proroga delle stesse per l’anno successivo. Per quanto concerne l’avvio della partecipazione italiana a quelle nuove il primo passaggio procedurale previsto dalla legge è rappresentato da un’apposita delibera del Consiglio dei ministri da adottarsi previa comunicazione al presidente della Repubblica e da trasmettere al Parlamento per la discussione e l’autorizzazione. Il Governo indica per ciascuna missione l’area geografica di intervento, gli obiettivi, la base giuridica di riferimento, la composizione degli assetti da inviare, compreso il numero massimo delle unità di personale coinvolte, nonché la durata programmata e il fabbisogno finanziario per l’anno in corso. Dovrà, inoltre, essere allegata la relazione tecnica sulla quantificazione degli oneri che per quest’anno ammontano a poco più di un miliardo di euro.

Le nuove missioni sono Eunavfor Med Irini, operazione volta a contribuire a prevenire il traffico di armi relativo all’embargo sulle armi nei confronti della Libia, Euam Iraq, missione consultiva a sostegno della riforma del settore della sicurezza civile in Iraq, Takuba, operazione multinazionale di forze speciali per contrastare la minaccia terroristica nel Sahel, in particolare con l’obiettivo militare della sconfitta delle forze jiahdiste nella zona delle tre frontiere tra Mali, Burkina Faso e Niger, l’impiego di un dispositivo aeronavale nazionale nel Golfo di Guinea inteso a tutelare gli interessi strategici nazionali nell’area, e, da ultimo, la partecipazione di personale militare all’iniziativa della Nato, denominata Implementation of the Enhancement of the Framework for the South per attività a supporto della sicurezza e difesa del territorio offerte dalla Nato a favore dei Paesi partner situati lungo il Fianco Sud dell’Alleanza che ne facciano richiesta. Non sono però queste nuove missioni che hanno creato i problemi e neppure il rinnovo di quelle in Libano, Niger, Somalia, Irak, Afghanistan e Kossovo che complessivamente impegnano circa seimila militari.

La maggioranza si è spaccata sulla missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (Mibil), il cui obiettivo è di assistere il Governo di Accordo nazionale libico nel campo sanitario, di sminamento, di formazione delle forze di sicurezza e di controllo dell’immigrazione illegale mediante il ripristino dell’efficienza degli assetti terrestri e navali locali. Fra i compiti della missione sono anche confluite le attività della precedente missione denominata Ippocrate il cui obiettivo era fornire supporto sanitario alla popolazione libica mediante un ospedale da campo installato presso l’aeroporto di Misurata. Ciò che è stato meno digerito è però l’addestramento della Guardia costiera libica da parte di personale della Guardia di finanza protetto per lo scopo da unità dei carabinieri paracadutisti. L’obiettivo di fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione clandestina e della tratta di esseri umani tramite questo supporto ha fatto mugugnare esponenti di Leu, alcuni Cinque stelle e pochi ma essenziali senatori Pd. L’impasse è stata rimossa dalla possibilità di spacchettare il decreto e di votare la missione Libia separatamente e unitamente ad una risoluzione volta a impegnare il Governo a firmare con la Libia appositi memorandum a garanzia del rispetto dei diritti umani. Per il momento la crisi è stata superata ma almeno in un settore che vede l’Italia tra i paesi più efficienti e richiesti nel mondo sarebbe preferibile non dover ricorrere ad alchimie regolamentari per far tenere la maggioranza.


di Ferdinando Fedi