Sarà il caldo torrido giunto all’improvviso, ma io sto seriamente prendendo in considerazione l’ipotesi di iscrivermi, con tessera nominativa, a qualunque partito o movimento d’ispirazione trozkista esista in Italia. Qualcosa di serio, qualcosa che rievochi l’assalto al Palazzo d’Inverno, il montaggio analogico, l’occhio della madre, mi va bene anche la Corazzata Potëmkin di Fantozzi, ma datemi qualcosa di comunista, ve ne imploro!

Sì perché, mentre pochi giorni fa un extracomunitario, una di quelle risorse tanto stimate e portate ad esempio d’italico vivere futuro dall’onorevole Laura Boldrini – non sappiamo se illegale o meno, ma di certo in preda ai morsi della fame – ha ucciso, scuoiato e cucinato (però lo ha cotto, va detto a suo merito) un gatto, venendo tra l’altro filmato sul luogo della tragedia; mi sono chiesto se qualcuno avrebbe osato, anche e soprattutto da sinistra, alzare una voce in sua difesa. Il motivo del gesto? La fame insopprimibile? La vita alla quale egli era aduso nella lontana e selvaggia Africa? Cos’è un gatto in fin dei conti? Ricordo che durante l’ultima guerra – e non soltanto a Vicenza, ma anche per esempio in molte città liguri – il cosiddetto “coniglio dei tetti” purtroppo finì spesso in padella. Erano tempi difficili, questo a chi è un fondamentalista ailurofilo come me però non dà alcuna sufficiente giustificazione, ma quelle genti che realmente spesso non avevano di che mettere insieme il pranzo con la cena, si dovevano arrangiare se volevano sopravvivere. Diversamente da oggi, dove mi risulta che ogni migrante sia ben rifocillato, vestito e dotato di smartphone, oltre che sovvenzionato da Ong, Caritas, Comuni e tante altre forme assistenziali.

Populismo il mio? Fascismo più o meno criptico? Sovranismo del più becero?

Dicano pure ciò che vogliono, da vecchio cinquantasettenne cattoanarcoreazionariosocialista, me ne sono state attribuite talmente tante nella mia vita, che una in più non mi scuce una piega del cappotto. Ma leggere, qualche giorno fa, della creazione di un nuovo partito – ne sentivamo decisamente il bisogno – dal nome di “La Buona Destra”, confesso mi abbia provocato un moto di ribellione tale dal pretendere di avere, appunto, la tessera di socio sostenitore del partito più vicino al vecchio Partito comunista che ancora esista. No, non certo di +Europa, e neanche del Pd, parlo di comunisti veri, seri, di quelli che un tempo si diceva mangiassero i bambini, roba da fare tremare le vene ai polsi a un Giuseppe Bottazzi di guareschiana memoria.

Mi chiedevo, dunque, se gli appartenenti e fondatori de “La Buona Destra” adesso avessero l’ardire, il coraggio e l’onestà intellettuale, dal momento che si sono già arrogati il diritto di decidere di stabilire a prioria quale sia “buono” e quale sia” malvagio” nella destra, dicevo di prendere dunque le difese dell’extracomunitario migrante rifugiato nonché risorsa, che ha ucciso, scuoiato e cucinato il gatto prima di mangiarselo.

Del resto la Buona Destra esisteva già e proprio dai tempi di Gianfranco Fini, qualcuno infatti ricorderà la sua definizione di “fascismo” come “male assoluto”. Il concetto di “fascismo in doppiopetto” si è evoluto, adattato ai tempi e ripresentato allora e oggi dichiarandosi contrario ad ogni “sciatto populismo e ogni sovranismo estremista, costruire un grande movimento di destra repubblicano, europeista”. Auguri, se ci riusciranno, ma a quel punto forse sarebbe meglio gettare definitivamente la maschera, smetterla di giocare su più tavoli – tra l’altro con fiches di cartone – e avere il coraggio di dichiararsi definitivamente collocati in area progressista.

La Buona Destra. Dunque, a me personalmente piace voler restare tra tutti coloro che difendono ideali liberali di rispetto e conservazione delle nostre tradizioni, delle nostre identità, di un’Europa non delle banche ma delle cattedrali, dell’arte e della cultura. Tra quelle fila, di quella destra che apparterrebbe ai cattivi. Se quella è la destra “non Buona”, allora io, e spero altri “felici pochi, banda di fratelli” con me, si faccia nostre le parole di Bertolt Brecht (grande scrittore non propriamente di area conservatrice) che nella sua Opera da tre soldi diceva: “Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati”.

Ecco, io quella buona destra la lascio volentieri a coloro che stanno Dalla parte di Jekyll, come s’intitola infatti li libro edito da Marsilio, del teorico e fondatore del nuovo movimento, Filippo Rossi, perché al Dottor Jekyll – che purtroppo ha una controparte oscura in Mister Hyde – continuo a preferire la banda dei ribelli de La Freccia Nera (tanto per rimanere nelle opere narrative di Robert L. Stevenson), oppure la struggente novella del Principe Felice di Oscar Wilde. No, noi non stiamo con Jekyll, non stiamo con i “buoni”, preferiamo Dorian Gray, preferiamo il Conte Dracula giunto a Londra, dalla Transilvania sulla nave Demetra, ma soprattutto prediligiamo il Capitano Nemo che combatte da solo – a bordo del suo meraviglioso Nautilus – contro tutte le tirannie del mondo travestite da democrazie o solchiamo i mari del Fato battendo la bandiera della Filibusta, quella nera con il teschio bianco, con Emilio di Roccabruna, il Corsaro Nero.

Si tengano pure il Dottor Jekyll, si tengano i loro moralismi e i loro atteggiamenti sussiegosi da primi della classe… ma ricordino ciò che diceva Samuel Bellamy al capitano del vascello che aveva appena abbordato: “Io sono un principe libero e ho altrettanta autorità di fare guerra al mondo intero quanto colui che ha cento navi in mare!”.

Aggiornato il 07 luglio 2020 alle ore 12:33