Non serve il dialogo, ma l’opposizione

giovedì 2 luglio 2020


Quello che sta accadendo nel mondo della giustizia, non fosse bastata Tangentopoli, dovrebbe essere illuminante per capire che con la sinistra non si tratta ma ci si oppone, punto. Fa molto male infatti Silvio Berlusconi ad accettare che girino voci insistenti su accordi laterali per sostenere Giuseppe Conte, qualora sul Mes o quel che sia ci fossero defezioni nella maggioranza.

Eppure al Cavaliere dovrebbe bastare ed avanzare tutto ciò che ha subito dalla sinistra erede di Togliatti, cattocomunista, radical chic, perché l’uso politico della giustizia è figlio di quel pensiero e di quel modo di intendere la democrazia. Insomma, toghe rosse, correnti di sinistra, dichiarazioni del tipo “quello là lo smonto” oppure “li rivolto come un calzino” oppure “resistere, resistere, resistere”, non sono mica nate nel pensiero di centrodestra.

Per non parlare di tutti i tentativi poco chiari fatti durante i governi del Cavaliere per farlo cadere malamente. Parliamo di trame, sotterfugi che hanno riempito pagine di cronaca politica non solo italiana, ma internazionale; basterebbe pensare ai sorrisini della cancelliera Angela Merkel e allo spread del 2011. Si tratta di manovre della sinistra cattocomunista, figlioccia di Togliatti, che cambiando nome e bandiera, non ha cambiato mai né testa né modo di trattare l’antagonista politico, ecco perché durante gli esecutivi di centrodestra persino alcuni alleati furono blanditi e suggestionati contro il Cavaliere.

Per farla breve, la storia del dialogo fra maggioranza e opposizione al centrodestra ha sempre portato male, non solo perché se ai comunisti concedi un dito ti amputano il braccio, ma perché la scuola di pensiero che li ha formati, Frattocchie compresa, è fondata sull’ipocrisia e sulla falsificazione della realtà. Basterebbe pensare al Migliore, che a braccetto di Stalin ha avallato una marea di crimini infami contro i dissidenti, contro coloro che avevano la colpa di pensarla diversamente; ha fiancheggiato Tito e i titini sulle foibe, ha applaudito insieme a Napolitano e molti altri la repressione nel sangue d’Ungheria.

Per non parlare dei finanziamenti al Pci della Russia fino agli anni Ottanta, parliamo di un Paese che non solo era una dittatura spietata ma un nemico costituzionale che aveva creato il Patto di Varsavia contro la nato, contro l’alleanza voluta dall’America che i comunisti scrivevano con la K. Parliamo di un partito, il Pci, che anziché ringraziare e collaborare con chi veramente ci aveva liberato dagli orrori nazifascisti al prezzo di decine di migliaia di vite, collaborava con la Russia che all’est aveva trasformato la repressione nazista in repressione comunista, da Budapest a Praga.

Insomma, il Pci-Pds-Ds-Pd è figlio di quella storia, di quel pensiero, di quel modo di intendere e volere, mica di quello di Benedetto Croce, di Luigi Einaudi, di Piero Calamandrei, e alle Frattocchie mica si studiava il pensiero liberale, pluralista, umanista e democratico, ma quello entrista, collettivista, statalista, assolutista della chiesa comunista e del suo stile di intendere il potere. Adesso si dirà, parliamo di altri contesti, perché da allora il Pci si è evoluto, trasformato al socialismo liberale e riformista e molti di allora che nel Partito Democratico ci stanno ancora, hanno cambiato idea. Non è vero, non è l’idea del potere, della democrazia che hanno cambiato, ma solo la strategia per raggiungerlo e mantenerlo, la tattica di suggestione, perché sulla considerazione dell’antagonista sul principio dell’alternanza come simbolo di libertà politica non è cambiato quasi niente.

Tanto è vero che la storia del Cavaliere lo testimonia, come l’ha testimoniato Tangentopoli e ciò che ne è conseguito fino allo spread di Mario Monti, è cambiato l’armamentario per accusare ed abbattere l’avversario, dalla piazza si è passati agli avvisi di garanzia, al soccorso rosso dell’informazione, del sindacato politicizzato, dei legami internazionali, dell’apparato pubblico nel frattempo messo in piedi ad hoc. Anzi, la fusione che c’è stata con la Dc di sinistra, il cui valore primo è stato sempre l’ostilità assoluta, e acrimoniosa verso Silvio Berlusconi e il centrodestra, la stessa che c’era stata verso Bettino Craxi e che unita a quella comunista e un po’ di traditori lo fece fuori vigliaccamente, ha addirittura peggiorato il metodo di un tempo.

Del resto a unire due ipocrisie cosa possa uscirne è intuibile, ecco perché con questa gente c’è poco da dialogare, meno che mai ora che stanno coi grillini nati con l’odio politico per il cavaliere e per il centrodestra, tanto è vero che l’esperienza gialloverde è partorita solo grazie a una scelleratezza di Matteo Salvini. Tra il centrodestra e la coalizione più di sinistra della storia non c’è nulla che si possa condividere, perché si parte da presupposti opposti che a mettersi seduti si perde tempo e basta; da una parte c’è lo statalismo,l’assistenzialismo, il giustizialismo, la sottomissione alla Ue, il rifiuto dell’alternanza, il fisco Torquemada,lo spionaggio, il controllo strumentale di tutto, dall’altra il pluralismo, garantismo, la voglia di contare in Europa, lo Stato essenziale, la giustizia riformata, il fisco stimolante, la cultura dello sviluppo e della libertà d’impresa.

Ecco perché non serve trattare, il bene del Paese non sta dalla parte del cattocomunismo che l’ha distrutto, non sta dalla parte di chi si è unito solo per impedire il voto, di chi ci ha portati in Europa già da sottomessi, di chi a sei mesi dalla crisi non ha preparato un piano economico e una strategia e continua a sperperare risorse in assistenza e leviatano, di chi pensa al fisco spremitore e alla patrimoniale. Il bene del Paese è altrove, è nella scelta elettorale libera e chiara, di un programma per un’Italia nuova, democratica e liberale che sappia contare e sostituire il cattocomunismo e tutto il male che ci ha fatto.


di Alfredo Mosca