Carlo Azeglio Ciampi: il presidente di respiro europeo

venerdì 29 maggio 2020


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Carlo Azeglio Ciampi (Livorno, 9 dicembre 1920-Roma, 16 settembre 2016), laureatosi in Lettere alla Normale di Pisa nel 1941, partì per il fronte albanese come ufficiale e dopo l’8 settembre 1943 non volle aderire alla Repubblica di Salò. Ricordò in seguito la guerra quale drammatica conferma degli insegnamenti ricevuti negli anni della formazione universitaria: la vita era da intendersi come res severa, ancor più percepibile come tale nei giorni in cui, nella profonda crisi delle strutture dello Stato, occorreva ricomporre l’Italia vera, coesa da quell’amor di Patria che sarebbe stato il filo conduttore dell’intera vita del futuro capo dello Stato. Conseguita anche la laurea in Giurisprudenza nel 1946, iniziò a lavorare – dopo la breve ed intensa esperienza di professore liceale di italiano e latino – nella Banca d’Italia, dove giunse alla nomina apicale di governatore, contestuale a quella di presidente dell’Ufficio italiano cambi (1979-1993). La cultura classica ed il metodo dell’interpretazione filologica, gli conferirono una forma mentis che si sarebbe rivelata preziosa in un campo totalmente diverso, come quello dell’economia, dove si cimentò con maestria nell’aggregazione e disaggregazione dei dati relativi alla congiuntura del Paese.

Numerosi furono gli incarichi che Ciampi rivestì in ambito comunitario, che ne agevolarono l’azione per la definizione della politica monetaria e valutaria internazionale. Nella sua veste di governatore della Banca d’Italia e di presidente del Comitato dei governatori delle banche centrali, di presidente del Consiglio (1993-94), ed infine di ministro del Tesoro e del Bilancio (1996-1999), cooperò al risanamento economico dello Stato. Da ministro, ebbe il merito di proporre al Fondo Monetario Internazionale ed alla Banca mondiale la cancellazione del debito – con l’Italia che dette l’esempio al riguardo – di tutti i Paesi poveri, purché non coinvolti in conflitti interni o contro altri Paesi. Primo “non parlamentare” ad essere eletto a Palazzo Chigi, Ciampi si dimostrò pienamente all’altezza del ruolo affidatogli grazie anche al suo temperamento pacato ed al self control. L’autorevolezza riconosciutagli in Italia ed all’Estero, ne favorì l’elezione al Colle (18 maggio 1999) al primo scrutinio. Ciampi conferì nuova luce al concetto di “Patria”: il ripristino della festa del 2 giugno e della parata ai Fori imperiali, la rinnovata attenzione al Tricolore, il rilancio dell’Inno nazionale, furono i segni maggiormente percepibili del nuovo corso. Le linee orientative del suo mandato sarebbero state essenzialmente quelle del rafforzamento della coesione sociale, della difesa dell’unità nazionale, del consolidamento dell’unità europea, in merito al qual ultimo impegno ricevette nel 2005 il premio “Carlo Magno”.

Sin dall’inizio il suo stile si caratterizzò per la rigorosa equidistanza dalle parti, con il costante ed accorato richiamo al mutuo rispetto ed alla reciproca legittimazione, necessaria – all’interno – per facilitare le riforme istituzionali con la maggiore condivisione possibile, e – all’estero – per la reputazione dell’Italia, cui certamente non avrebbe giovato l’immagine di un Parlamento cronicamente rissoso ed inconcludente. Innanzi a provvedimenti governativi di cui non condivideva il tenore, faceva talora filtrare il suo avviso, mercé indiscrezioni di stampa sui messaggi che avrebbe potuto inviare alle Camere a fronte di disegni di legge di dubbia costituzionalità; ma quando il Parlamento era nel mezzo dei suoi compiti valutativi e decisionali, non volle in alcun modo interferire, in coerente ossequio al suo convincimento che” quando il Parlamento discute, il presidente tace”. Avvertì prioritarie la ridefinizione dei rapporti tra il potere politico e quello economico-mediatico; tra il Legislativo, l’Esecutivo e l’Ordine giudiziario; tra maggioranza ed opposizione, in ordine al qual ultimo problema lucidamente paventava che – ove si fosse consolidata la prassi di riforme attuate a colpi di maggioranza ad ogni cambio della stessa, si potesse giungere a cambiare la Costituzione, al di fuori di quell’ampia condivisione che era stata prefigurata agli albori della Repubblica.

Parole che oggi appaiono quanto mai profetiche! Sul tema “giustizia” in particolare, rimarcò l’importanza di un sistema giudiziario efficiente e celere, indipendente ed imparziale; quindi l’urgenza della “depenalizzazione” dei reati minori; nonché la necessità di un’istruzione professionale per i giovani reclusi, che ne avrebbe facilitato il reinserimento nel tessuto sociale. Sin dal discorso di insediamento, sostenne la necessità di un allargamento dell’Ue ai popoli che ancora non ne facevano parte, onde scongiurare nuove guerre, come quelle balcaniche. Per l’Italia in specie, osservò che la creazione dell’euro postulava che, avendo conseguito l’auspicata stabilità l’economia interna, fosse orientata alla promozione dello sviluppo e dell’occupazione, vieppiù nel Mezzogiorno. Nel primo messaggio di fine anno, ricordò che l’Italia, impegnata in prima linea nel dialogo interculturale anche in ragione della sua centralità mediterranea, considerava che il fenomeno immigratorio di persone che chiedevano lavoro per sfuggire alla miseria dei loro Paesi, andava accolto restando “attenti ai bisogni degli altri, sicuri dei nostri valori”. Dopo la strage dell’11 settembre a New York, innanzi alla tentazione di criminalizzare l’intero mondo islamico, il capo dello Stato volle ricordare che la religione maomettana condivideva con il Cristianesimo principi universali, pur nella diversità. Lo sradicamento del terrorismo presupponeva, tuttavia, il conseguimento della pace in Medioriente, attraverso il mutuo riconoscimento delle identità culturali specifiche ad entrambe le parti in causa.

Un tema particolarmente avvertito era quello del pluralismo nell’informazione, oggetto di un messaggio specifico alle Camere il 23 luglio 2002, nel quale sottolineò il ruolo centrale del servizio pubblico radiotelevisivo, quale presidio della democrazia e del pluralismo dei mezzi di comunicazione. Altro settore a lui particolarmente caro era quello dell’ammodernamento della Pubblica amministrazione, necessario non solo sotto il profilo dell’efficienza e della produttività, ma anche in quanto incideva sulla qualità della vita dei cittadini, non più soggetti passivi, ma protagonisti attivi della Res publica. Nel luglio 2003 iniziò il semestre di Presidenza italiana dell’Ue, il che conferì un’ulteriore visibilità all’impegno internazionale del nostro Paese, che di lì a poco si sarebbe tragicamente imposta per la strage del 12 novembre a Nassiriya, in cui persero la vita 19 membri del contingente italiano. Nel messaggio di fine anno Ciampi ricordò “gli sguardi, le parole, la dignità, la compostezza dei familiari dei nostri caduti”. In quei familiari colse “l’immagine della famiglia, fondamento della società italiana, e l’espressione più alta dell’amor di Patria. Il 24 ottobre 2004 venne sottoscritto significativamente a Roma il Trattato costituzionale dell’Ue, che il nostro presidente volle così definire: “È l’atto di nascita di un’unione politica, non solo economica e sociale; un evento unico nella storia del nostro continente, una svolta nella storia dell’umanità”.

A consuntivo della sua Presidenza, va evidenziato nel corso dei suoi viaggi all’estero, si era imposto di evitare discorsi attinenti alle questioni nazionali, prefiggendosi di dare maggiore visibilità alla cultura, all’economia ed alle risorse del nostro Paese, nonché all’importanza strategica dell’Ue, onde realizzare “la più grande impresa di stabilizzazione politica mai tentata in Europa, perché non più basata sulla ricerca degli equilibri di potenza, ma sulla comunanza di valori e di istituzioni”. Terminato il mandato nel 2006, nel libro Non è il Paese che sognavo, espresse il rammarico di chi, avendo vissuto lo slancio prodigioso degli anni del Dopoguerra e del “miracolo economico”, aveva dovuto osservare dopo gli iniziali entusiasmi per l’Euro, “una condizione di ripiegamento”. Nel successivo libro A un giovane italiano, ideale testimone alle future generazioni, evocò valori universali ed imperituri, quali l’onestà, la dignità, il rispetto di sé e degli altri, la solidarietà e le virtù civili. Ciampi li aveva saputi tradurre con operosa coerenza nei rapporti privati come nell’assolvimento delle più altre responsabilità istituzionali. Nella condizione di presidente emerito, non mancò di fornire utili apporti di riflessione su problemi economici e di attualità, attraverso sobri e pregnanti interventi di stampa, costantemente ispirati da una acuta sensibilità istituzionale verso quanti, a diversi livelli, rivestivano responsabilità politiche. Terminato il suo operoso passaggio terreno, alla Camera ardente allestita al Senato ed alla privata cerimonia religiosa nella sua chiesa parrocchiale, venne reso omaggio alle sue spoglie mortali da parte di cittadini di ogni ceto ed orientamento. Nel corso del Convegno “Ricordare Carlo Azeglio Ciampi, uomo di governo e capo dello Stato” (Livorno, 15 gennaio 2020), il presidente Sergio Mattarella lo definì “l’uomo dell’orizzonte comune”, avendo sempre tenuto chiaro l’obiettivo della coesione e dell’unità del Paese. Egli aveva percepito il filo ideale ininterrotto che aveva collegato gli eroi del Risorgimento, i soldati della Grande Guerra ed i protagonisti della lotta di Liberazione.

Del pari, aveva colto il nesso tra l’idea dell’Italia e quella dell’Europa, affermando” L’Europa unita e libera, non meno dell’Italia libera e unita, è la stella polare che fino ad oggi ha guidato il mio cammino”. Ciampi aveva considerato la Costituzione come la sua “Bibbia civile”, su cui aveva riflettuto in ogni momento difficile del settennato, considerando se stesso non “un uomo politico, ma soltanto un cittadino al servizio dello Stato”. Mattarella volle altresì ricordarne l’infaticabile impegno per la concertazione sociale, come per la valorizzazione delle realtà locali, specularmente al tenace sostegno del multilateralismo in ambito internazionale. Ivi aveva evidenziato il ruolo dell’Europa, la cui unità considerò” come l’approdo di un lungo percorso di civiltà”, particolarmente incisive in ambito mediterraneo sulla stessa identità italiana Un altro passaggio fondamentale del mandato di Ciampi sottolineato dall’oratore, fu “il sostegno pieno al sistema delle Nazioni Unite; la complementarietà fra l’integrazione europea e il legame transatlantico, incarnato dall’Alleanza Atlantica e che venne definito, a ragione, una scelta di civiltà”.


di Tito Lucrezio Rizzo