Kurz insiste sui confini chiusi, scontro con Roma

giovedì 21 maggio 2020


Se quest’anno sembra che ci aspettino perlopiù vacanze italiane – e il Governo spinge in tal senso anche per rilanciare il settore turistico martoriato dalle chiusure – di sicuro l’Austria è uscita dal ventaglio delle mete possibili: secondo Vienna, non siamo “un Paese sicuro” e le frontiere, per gli italiani, resteranno chiuse.

“In nessun caso apriremo i nostri confini a Paesi che non hanno ancora sotto controllo la situazione” dei contagi da coronavirus, ha fatto sapere il cancelliere austriaco Sebastian Kurz. Che ieri aveva definito “irresponsabile” un’eventuale riapertura con l’Italia in questo momento. Una posizione che ha suscitato la risposta del Governo, affidata al ministro degli Affari europei: “Non è tempo di spot o proclami unilaterali – ha attaccato Enzo Amendola – ma di intenso lavoro per unire l’Europa”.

Sono tensioni che certo non alleggeriscono il clima politico nel Vecchio Continente, e proprio mentre si cerca una difficile quadratura del cerchio sulle risposte da dare alla crisi economica provocata dalla pandemia. Austria e Italia, vicine sulla carta geografica, sono distanti anni luce per quanto riguarda le ricette su come ricostruire sopra le macerie lasciate dai vari lockdown. Vienna ha bocciato il tentativo di compromesso franco-tedesco sul Recovery Fund e capeggia un drappello di alfieri del rigore che dicono no a qualsiasi forma di aiuti a fondo perduto. L’Italia spinge invece per ampliare ulteriormente la gittata del fondo che la Commissione europea dovrebbe varare il 27 maggio.

Il rapporto tra l’Italia e il giovanissimo cancelliere austriaco non è peraltro nuovo a frizioni di vario genere. Il suo primo governo, una coalizione con il partito di estrema destra Fpoe, aveva debuttato nel 2017 con la proposta – poi abortita – del doppio passaporto austriaco-italiano per i sudtirolesi. E in passato non sono mancate tensioni con Roma anche sui migranti. Vienna nel 2018 era arrivata a minacciare la chiusura dei confini meridionali per fermare i flussi dei cosiddetti “migranti secondari”, quelli registrati nei Paesi di arrivo e che poi si spostano altrove. Problemi che sembrano appartenere a un’era geologica fa: oggi sono gli stessi italiani che non possono andare in un altro Paese europeo.


di Redazione