La perdita di credibilità può generare fenomeni eversivi

Il Governo sta giocando con il fuoco; da almeno cinque anni nel nostro Paese è praticamente scomparsa la crescita, ma soprattutto è comparsa, sempre da cinque anni, la tecnica della denuncia di impegni, della assicurazione di provvedimenti capaci di portarci fuori da una stagnazione che diventava e diventa sempre più ingestibile. Non ha senso criticare il Conte I e il Conte II perché questa forma, o meglio questa logica di governare, ha avuto inizio con Matteo Renzi e si basa in modo integrale sulla scelta, in ogni azione di Governo, del conto esercizio e non del conto capitale; si è preferito, dal Governo Renzi in poi, elargire sempre le disponibilità limitate di “cassa” dello Stato prima per i famosi “80 euro” di riequilibrio dei salari bassi, poi per il “reddito di cittadinanza” e il “quota 100”. Risorse che annualmente hanno avuto un peso variabile tra 10 miliardi nel 2014 fino a raggiungere, dal 2016 al corrente anno, la somma di circa 16 miliardi di euro l’anno. Una messa a disposizione di risorse tipicamente clientelare, però pagante forse in termini di consenso, perché immediatamente utilizzabile da parte di una vasta base elettorale; il resto, lo ho più volte ripetuto, era scontato e, giustamente i ritardi, il mancato avvio delle opere infrastrutturali, la completa assenza di interventi nei comparti più volte invocati come il dissesto idrogeologico o come quello manutentorio, l’assenza di azioni organiche nelle aree terremotate, erano colpa della burocrazia, che, di volta in volta, veniva colpevolizzata perché aveva strumenti inqualificabili come il Codice degli appalti, aveva organismi come l’Anac o strumenti istruttori come la Verifica di impatto ambientale o come la Conferenza dei servizi che bloccava l’avanzamento delle opere pubbliche.

Tutto questo, tutte queste gratuite motivazioni potevano forse essere usate solo il primo anno: un Governo capace di fronte a questi elementi ostativi avrebbe immediatamente potuto produrre soluzioni capaci di superarli, ma dopo cinque anni in più occasioni da più parti si è chiesto al Governo: come mai su alcune opere già supportate da tutte le approvazioni tecnico-amministrative come ad esempio, quelle relative all’asse Av/Ac Terzo Valico dei Giovi, la tratta Av/Ac Brescia-Verona, Verona-Vicenza, il nodo ferroviario di Firenze, la autostrada Tor de’ Cenci-Latina e Cisterna Val Montone, la Strada Statale 106 Jonica, l’asse autostradale Ragusa-Catania, non si sia fatto nulla e, ancora peggio, si è assistito, da parte dello Stato, a rinvii, ad altalene immotivate?

Adesso, dopo la preoccupante esperienza innestata dalla pandemia, il presidente del Consiglio ha assicurato e garantito un’ampia disponibilità di risorse e, quindi, è venuta meno la esigenza di non far partire nulla per mancanza di “cassa”. Ora il Governo fra un mese, cioè in assestamento di bilancio, dovrebbe, quindi, modificare questo quadro di coperture previsto nella Legge di Stabilità 2020 per opere infrastrutturali:

Appare evidente che le disponibilità di cassa nel triennio 2020-2022 sono pari a 4.417 milioni di euro e che dal 2023 al 2034 sono programmate, ripeto programmate, risorse pari a 19.202 milioni di euro. Il cosiddetto Decreto Legge “Aprile”, poi diventato Decreto Legge “Maggio”, poi diventato Decreto Legge “Rilancio” è ricco di articoli e di risorse che dovrebbero rendere possibile la copertura di tutte le esigenze in conto capitale del programma degli investimenti decisi da sei anni, sì quelli definiti con la Legge 443 del 2001 (Legge Obiettivo) e mai annullati, mai messi in dubbio per la loro motivata strategicità. Quelle opere contengono interventi che entro l’anno potrebbero consentire, davvero, l’apertura di cantieri per un valore globale di circa 22 miliardi di euro e nell’arco di un biennio di ulteriori 18 miliardi di euro. Ma se il Governo vuole davvero perseguire una simile finalità, se davvero vuole concludere questa fase di annunci, deve seguire un itinerario ben preciso, un itinerario che se non portato avanti denuncerebbe subito un interesse ad usare le risorse sia quelle disponibili, sia quelle della Unione europea, nella stesa logica, con le stesse modalità con cui si è preferito, in sei anni, elargire regalie senza creare posti di lavoro, senza continuare il processo di infrastrutturazione organica del Paese.

Occorre, quindi, seguire questi passaggi obbligati:

1) Predisporre subito, possibilmente entro luglio, la Legge di Stabilità e, per una innumerevole serie di motivi, dare al provvedimento una consistenza strutturale e programmatica triennale. Sono fondamentali le due scelte: la prima quella di anticipare la approvazione del Disegno di Legge di Stabilità a luglio, la seconda quella di dare un respiro triennale alle scelte. È utile infatti allocare subito le disponibilità finanziarie che riusciamo ad ottenere, sia quelle provenienti dal Fondo salva Stati, sia quelle relative ai Fondi Pon e Por del Programma 2014-2020 che l’Unione europea ci autorizza a spendere secondo una nuova rivisitazione programmatica.

2) Sempre nella Legge di Stabilità sarà opportuno chiarire come utilizzare gli altri Fondi comunitari come il Fondo Sure, il Recovery Fund e, soprattutto, come articolare le risorse provenienti del definendo nuovo Programma comunitario relativo al Fondo di coesione e sviluppo 2021-2027.

3) Nella Legge di Stabilità, di intesa con la Cassa depositi e prestiti e la Bei, sarà opportuno trasformare le risorse programmatiche relative al comparto delle infrastrutture per gli anni dal 2023 al 2034 in risorse disponibili e ciò nel rispetto di un provvedimento che consente alle due Banche di effettuare una smile anticipazione.

4) Il Governo, sempre entro luglio, dovrà concordare con la Conferenza Stato-Regioni le modalità con cui allocare una quota delle risorse nelle aree del Mezzogiorno ma solo per l’attuazione di interventi coerenti con un processo di sviluppo integrato definito dall’organo centrale.

5) Infine il Governo dovrà dare mandato ad un organismo della presidenza del Consiglio come Investitalia di gestire integralmente questo ambizioso progetto di “rilancio” e consentire in tal modo una tempestività nelle decisioni in quanto tutte prese, in modo organico ed unitario, presso la presidenza del Consiglio.

So bene che una simile proposta non sarà condivisa dall’attuale compagine di Governo perché sull’accesso alle risorse comunitarie non c’è assolutamente sintonia e, quindi, si preferirà la vecchia procedura, per distinte fasi temporali, nella approvazione dei provvedimenti in modo da evitare o crisi di Governo o voti in aula con il supporto di Forza Italia, che nei fatti si configurerebbe non come una crisi ma come un fallimento della coalizione.

Come dicevo all’inizio, a questo punto il Governo rischia con il fuoco perché il Paese è stanco.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 20 maggio 2020 alle ore 16:13