Altro che debito in comune, vogliono il fisco

mercoledì 20 maggio 2020


Il motivo vero per cui è ancora tutto fermo sui soldi dall’Europa, non è solo il rifiuto di alcuni oppositori del nord al debito comune, ma le trattative sotterranee sul come garantirlo e alimentarlo, insomma gira che ti rigira una sorta di Patrimoniale, tasse nuove. Per farla breve viene a galla quel passaggio della cancelliera Angela Merkel nei dibattiti sul Recovery fund che è stato largamente e chissà, magari volontariamente trascurato dall’informazione, riguardante la necessità di affrontare assieme al debito condiviso l’idea di una fiscalità mirata e spartita. Sia chiaro siamo alle ipotesi dietro le quinte, alle opzioni, ma l’asimmetria tra una moneta unica e un fisco autonomo è una riflessione che esiste eccome, del resto non è un caso che in Germania e fra i paesi del nord   siano uscite dichiarazioni sulla necessità di patrimoniali per l’Italia. E magari non sarà per caso anche la frase sibillina di Giuseppe Conte sul tema del risparmio e del patrimonio poderoso detenuto dagli italiani “a tempo debito”, così come la promessa altrettanto ambigua del premier, di non mettere patrimoniali.

Perché sia chiaro se l’obbligo a qualche tassa straordinaria, venisse dall’Europa a fronte di erogazioni imponenti a qualsiasi titolo, per garantirle in modo certo, Conte avrebbe buon gioco a dire che non sia dipeso dalla sua volontà ma da quella della Ue. In parole povere un modo politicamente ipocrita per far entrare dalla finestra ciò che non si è fatto entrare dalla porta, come a dire cari italiani noi del governo non avremmo voluto ma dall’Europa è arrivata questa decisione sulla politica fiscale per cui Ubi maior minor cessat. Insomma staremo a vedere se le voci su tasse straordinarie, comuni, su una fiscalità condivisa resteranno tali oppure prenderanno corpo, certo però che con il governo più di sinistra della storia che una patrimoniale venga fuori più che probabile è conseguente. Del resto da mesi in seno alla maggioranza ogni tanto esce qualche riferimento al tema, ed è nota la posizione tanto dei grillini che dei comunisti Leu e dei figliocci di Palmiro Togliatti del Pci-Pds-Ds-Pd, la ricchezza per loro non va generata ma colpita e basta, tassa e spendi, spremi e sperpera in assistenzialismo e statalismo sfrenato.

Insomma è antica la concezione fiscale della sinistra basata sull’invidia per il patrimonio costruito col sudore, sull’utilizzo delle tasse per sperperare in posti fissi inutili e burocrazia statale, per pagare un apparato pubblico costruito ad hoc per il sostegno elettorale anziché sociale, per fare clientelismo al posto dello sviluppo. Per farla breve a sinistra il fisco serve per l’opposto del motivo per cui è nato e cioè per remunerare servizi rapidi essenziali ed efficienti ai cittadini, una struttura di supporto allo sviluppo, investimenti infrastrutturali e garanzie sociali eque e sostenibili nel tempo. Del resto già nei giorni scorsi parlavamo della ragione per cui da noi il fisco sia diventato sempre più persecutorio, visto che il cattocomunismo nei decenni ha messo in piedi un leviatano da socialismo reale, uno stato massimo infilato ovunque, che costa una eresia, non serve, è strabordante e anziché aiutare danneggia e ferisce sia l’economia che la democrazia.

La prima per la sottrazione di risorse da destinare allo sviluppo e agli investimenti che per la leva sono gli unici strumenti, la seconda perché una burocrazia ciclopica e imperante ha trasformato il cittadino in suddito soccombente. Per la sinistra il concetto di sviluppo è concentrato sulla necessità di impoverire i ricchi a favore dell’assistenza e della convenienza elettorale, piuttosto che stimolare e favorire l’intrapresa, creare le migliori condizioni per fare impresa, aiutare chi produce e genera fatturato e occupazione vera. Ecco perché ci preoccupa sul serio ciò che dietro le quinte si discute in Europa e nella maggioranza sul tema fiscale, ci preoccupano le allusioni, ci preoccupa soprattutto l’apparente nonchalance rispetto alla spesa pubblica e agli interventi forti e di dubbia copertura di questi giorni. Ci preoccupa che il governo per fronteggiare la crisi più devastante della storia parli di milioni di cartelle da inviare, affermi che sul fisco sia impossibile intervenire con storni e shock altrimenti non si potrebbe pagare un apparato gigantesco che costa una follia, sperpera, genera debito, e torna indietro poco e male.

È questa la ragione per cui lanciamo un appello non solo al centrodestra perché sia vigile e pronto ma anche a tutti i cittadini, alle imprese, alle Partite Iva, agli artigiani, commercianti, professionisti, ai singoli operatori, per una posizione comune di fronte all’eventualità di una patrimoniale o quel che sia. Anche perché non solo siamo subissati di tasse, ma di patrimoniali sugli immobili, sui Capital gain e sui risparmi, sulle auto e così via ne paghiamo già troppe, per non dire che una tassa sulla ricchezza sarebbe la fine di ogni ripresa, ogni investimento, ogni possibilità che qualcuno metta soldi sull’Italia per produrre, che si generi nuova crescita, nuovi consumi, nuovo lavoro. Un paese intero non può vivere di tasse da pagare per due terzi di un anno, chi produce Pil non può lavorare per oltre 200 giorni per gli sprechi, i super stipendi, i compensi da sceicco dei grandi burocrati, le pensioni d’oro, i costi di enti e di aziende decotte, i posti fissi che non servono, i furbetti, le poltrone, le task force e i consulenti, gli appannaggi più alti dei parlamentari, i finanziamenti per istituti che solo il nome suscita disappunto, basta davvero. Non esiste che in un momento così si garantisca solo l’apparato e dimentichi chi lo sostiene e l’approvvigiona col lavoro produttivo, milioni e milioni di persone che rischiano, il fallimento il licenziamento, il sacrificio di una vita, eppure in questi mesi di crisi devastante lo Stato non ha rinunciato ad un solo euro e sui decreti per i privati procede di lesina, distinguo, ritardi e confusioni. Ecco perché se arrivasse una patrimoniale sarebbe davvero da rivolta generale, a buon intenditor poche parole, a partire da Matteo Renzi che ha sempre assicurato il contrario e che ha finito per far nascere il governo più comunista della storia che delle tasse e della fiscalità da spremitura è il portabandiera.


di Alfredo Mosca