Di poco si vive, di niente si muore

Che le bugie abbiano le gambe corte è dimostrato dall’affanno con il quale dalle parti del governo ci sia la corsa a modificare il Mes. Eppure qualche mese fa, quando scoppiò il caso, in Parlamento sia il premier Giuseppe Conte che il ministro Roberto Gualtieri lo difendevano a spada tratta. Inutile ripetere le parole solenni sulla bontà dello strumento accompagnate dalla certezza che mai l’Italia ne avrebbe avuto bisogno, insomma una teoria di elogi sul trattato che testimoniava la volontà europea di fare di tutto per garantire il consesso dei Paesi membri.

Sia chiaro la storia del Mes fa il paio con la quantità di annunci che abbiamo ascoltati negli ultimi mesi, dall’anno bellissimo, alla finanziaria espansiva, alla soluzione sull’Alitalia, sull’ex Ilva, sulla solidità dei conti e sul successo per l’elezione della von der Leyen alla Ue. Insomma che tra gli annunci e la realtà ci fosse un abisso si era capito, lo avevano capito gli esperti, le associazioni di categoria, perfino i sindacati, lo aveva capito soprattutto il centrodestra che inascoltato allora come ora, sosteneva la necessità di un cambiamento forte di linea e di programma.

Il risultato delle proteste, degli inviti a non disperdere risorse per concentrarle sugli stimoli alla crescita, per modificare il Mes, per attrezzare il Paese a un 2020 che si annunciava difficile, è stato pari a zero e allora del virus allora nessuna traccia. Per farla breve governo e maggioranza nati per salvare l’Italia dal pericolo di un voto che avrebbe consegnato il Paese a quegli illiberali e antieuropeisti dei sovranisti, si sentivano così bravi, esperti da fare spallucce ad ogni proposta alternativa.

Tanto è vero che questa supponenza si è confermata quando purtroppo l’epidemia si è conclamata, zero attenzione agli appelli per una quarantena anticipata, per un intervento forte e immediato di sostegno all’economia, alla nomina di un coordinatore nazionale già esperto e collaudato. Come disattenzione c’è stata sull’ipotesi di richiamare in servizio Mario Draghi per la guida di un governo in grado di affrontare con l’autorevolezza necessaria i nein della Germania sul Mes e gli eurobond e sul modo di espandere il debito ad libitum per contrastare la crisi.

Insomma il fai da te del governo è stato totale e nonostante gli appelli sacrosanti di Mattarella a stare uniti coinvolgendo nelle decisioni le opposizioni, la risposta è stata ancora zero, tavoli incontri e cabine di regia, ma alla fine tanti saluti e così sia. E siamo a questi giorni nel mezzo di un ciclone impensabile, con la pandemia che grazie soprattutto al lavoro straordinario dell’apparato sanitario assieme a tutto il resto, appare fronteggiata in parte controllata, ma con l’economia che sta ferma e rischia il collasso del Paese.

Eppure nonostante una situazione che si avvia all’insostenibile sociale e finanziario, la risposta è ancora quella dell’annuncio, una cifra enorme e suggestiva, 400 miliardi, fatti passare come fossero già nelle tasche delle aziende, della gente, degli operatori, dell’economia reale. Non è vero, perché il decreto finito solo oggi sula gazzetta, dovrà passare in Europa, in parlamento, non subire cambiamento per essere operativo, parliamo di settimane, insomma è stata annunciata una potenza di fuoco pronta a sparare prima di avere miccia e acciarino.

Ma fosse solo questo, perché tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare dei distinguo e condizioni, soluzioni e opzioni che spetteranno alle banche per erogare, dunque ci sarà da aspettare abbastanza, senza scendere poi nel merito del dispositivo che è parziale e lacunoso. Non c’è fondo perduto, non c’è un tempo sufficientemente lungo per la restituzione dei prestiti, non c’è la certezza del costo zero, né l’indicazione chiara del tempo di erogazione, non c’è nel decreto alcun riferimento all’utilizzo della leva fiscale per il ristoro almeno parziale delle perdite subite.

Eppure il Paese è fermo, l’economia rischia l’asfissia, i costi della chiusura salgono vertiginosamente e si avvicina un bep al contrario, ma nonostante tutto le casse pubbliche continuano ad erogare una marea di soldi come niente fosse per tanto di superfluo che esiste. Insomma né si programma la riapertura delle produzioni, né si assicurano le compensazioni delle perdite in cifre e tempi certi, né si smette di pagare almeno l’esagerato e il non vitale per recuperare miliardi, né si propone una grande sottoscrizione non forzosa e decennale agli italiani per evitare la soccombenza al Mes, ai vincoli della Ue e per avere una totale disponibilità di cassa subito.

Ecco perché diciamo che di poco si vive di niente si muore, c’è il segmento produttivo che ha esaurito la benzina, dai commercianti, alle aziende grandi e piccole, agli artigiani, alle Partite Iva, alla miriade di prestatori occasionali, saltuari, per non dire del sommerso che comunque esiste. Serve un percorso immediato per la ripartenza, serve valutare il rischio della morsa tra due scelte quella sanitaria e quella economica, altrimenti l’operazione è fatta bene ma il paziente muore, parliamoci chiaro il rischio zero non esiste per definizione apposta si fa programmazione. Serve coraggio adesso subito e se l’indecisione iniziale c’è costata assai quella di adesso sarebbe esiziale, ne va di mezzo la salvezza nazionale,ma quella vera e non  quella di settembre.

Aggiornato il 09 aprile 2020 alle ore 10:55