Dilettanti che navigano a vista

Per fortuna che sul fronte sanitario tra medici, infermieri, forze dell’ordine, insomma il mondo in prima linea contro il virus, assistiamo ad un impegno straordinario, perché su quello economico che non è meno drammatico il governo naviga a vista da dilettante e in confusione.

A parte il fai-da-te in ordine sparso che si è concesso a questo e a quello che basterebbe a mettersi le mani nei capelli, perché tra ritardi, annunci improvvidi, pericolosi e sconclusionati c’è stato tutto. Dall’immobilismo dalla fine di gennaio a quella di febbraio, dalla presunta disponibilità di cassa dell’Inps fino a maggio e il flop del click day, per arrivare alle date sulla riapertura, all’uso delle mascherine, agli show su Facebook e sull’indicazione degli stanziamenti, uno zibaldone incredibile.

Per non parlare dei decreti annunciati prima che scritti, delle autocertificazioni modificate in continuazione e in un italiano incomprensibile, delle sovraesposizioni televisive da inno al solipsismo e memoria dell’Istituto Luce; l’esatto contrario di ciò che servirebbe alla gravità del momento. Sembra di assistere all’altro atto della Finanziaria scorsa, quando ogni giorno si cambiava, toglieva, aggiungeva, inventava e distruggeva ogni idea; infatti ancora adesso non c’è una strategia, si procede a zig-zag, per approssimazioni, per ipotesi, sul come, sulle cifre e sugli attori da coinvolgere.

Tanto è vero è che del decreto di marzo di operativo ancora c’è poco o niente mentre su quello d’aprile si discute, ballano gli stanziamenti, gli strumenti, gli enti deputati a intervenire, dall’Inps alla Cdp, da Invitalia alle banche, al Mef alle Regioni fino ai Comuni, una tavolozza a colori. Mentre nel resto del mondo il sostegno garantito ed erogato dallo Stato si è concentrato in capo a un paio di soggetti, banche e fisco, da noi si tira in ballo tutto col risultato che quando si sarà deciso come e quanto dare e fare, inizierà di nuovo il solito festival disastroso della burocrazia e delle carte.

In realtà il festival è già iniziato perché sul dpcm di marzo, molto è fermo proprio per le difficoltà di interpretazione, eppure siamo nel pieno del ciclone, nel mezzo di una crisi di portata devastante nella quale servirebbe concedere all’istante e senza intermediazioni i sostegni necessari. Non solo non c’è tempo da perdere e invece lo perdiamo ancora dietro all’Europa nella speranza che condivida un debito che non condividerà, col rischio di finire incapsulati dentro un Mes che sarebbe esiziale, ma questa titubanza arreca al Paese un ulteriore danno di cui certo non c’è bisogno.

Se fossimo partiti subito seguendo il percorso di un grande prestito non forzoso, magari proporzionale al reddito, garantito dalle proprietà di Stato, sottoscritto dagli italiani, saremmo stati non solo un pezzo avanti ma anche meno soccombenti sui finanziamenti con l’Europa. Qui non si tratta più di 50 o 60 miliardi, per come stanno le cose si tratta di mettere sul tavolo il 6,7 per cento del Pil, come hanno fatto altrove, tra i 100 e i 120 miliardi di euro da offrire subito e con semplicità all’economia reale, senza mille distinguo e clausole per lesinare come si vorrebbe fare.

Oltretutto il prestito interno, eviterebbe la follia di cui si parla, una patrimoniale per ripianare sia gli errori precedenti e sia le necessità correnti, perché non c’è dubbio che questo governo di sinistra coglierebbe l’occasione per una patrimoniale tale da coprire tutte le scriteriatezze fatte anche prima del virus. Sia chiaro, i giallorossi anziché pensare ad uno shock fiscale per stimolare la ripartenza stanno già ragionando sul contrario, a come soffocare ancora di più l’economia, il risparmio, il patrimonio e la produzione di ricchezza. Roba da matti, un’ossessione per loro una persecuzione per i cittadini.

Ecco perché cincischiano sulle misure, vogliono statalizzare anziché semplificare e sostenere le aziende, le Partite Iva, i commercianti e tutti quanti, perché male che vada ci daranno un’altra mazzata in testa con la patrimoniale su tutto quel che resta della fatica di una vita. Per questo serve che il centrodestra vigili molto da vicino l’operato dell’esecutivo e tenga costanti contatti con il Colle che è stato il primo a chiedere unità e collaborazione, ragion per cui non può esserci collaborazione senza partecipazione diretta alle scelte, altrimenti opposizione e basta.

Del resto non si può pretendere dal centrodestra e da milioni e milioni di sostenitori che rappresentano la maggioranza vera del Paese, di collaborare in cambio di un contentino o peggio ancora di fronte a sbagli, errori e omissioni controproducenti e pericolosi. Tanto è vero che il Paese si va divaricando socialmente e se non si interviene subito e nella direzione indicata dal centrodestra e dalla maggior parte degli operatori, esperti e associazioni di categoria, si corre il rischio di indebolire la democrazia, oltreché distruggere l’economia.

Aggiornato il 06 aprile 2020 alle ore 17:05