Lento, confuso e limitato

Quello che sconcerta e aggiunge preoccupazione è il modo lento e confuso del governo, nonostante gli accorati appelli della società reale e produttiva, perché sia chiaro mai come ora l’Italia è spaccata in due sul versante della sicurezza economica. Da una parte c’è l’apparato, gli statali, quell’insieme di strutture messe in piedi nel corso di decenni in larga misura senza una strategia, un fine utile al servizio collettivo e che nonostante il dramma della crisi dorme sereno, dall’altra c’è quello privato e produttivo che rischia il collo.

Per meglio dire c’è un pezzo del Paese che ogni 27, piova o tiri vento, vede il bonifico sul conto, mentre l’altro che produce la ricchezza necessaria per il bonifico statale, non solo non dorme affatto ma vive nell’ansia e nell’attesa che lo Stato gli torni indietro qualcosa di forte e di concreto. Eppure basterebbe il vecchio adagio della gallina dalle uova d’oro per capire cosa fare e subito, perché soffocata quella non resterebbe niente visto che l’improduttivo vive e vegeta sulla pelle del produttivo.

Del resto la regola del buon padre di famiglia non è un’eresia nello studio dell’economia, al contrario è un principio di buon senso di fronte all’emergenza e all’occorrenza, recuperare dal superfluo, l’esagerato, il non vitale per fronteggiare la mancanza di risorse in generale. Ebbene in questi giorni in molte parti del mondo sia spontaneamente e sia obbligatoriamente si va applicando la regola del taglio degli emolumenti, delle spese, dei trasferimenti salariali, per recuperare la liquidità che serve a ristorare il segmento che rischia di più, che sta messo male.

Da noi invece, nessuna parola, un silenzio assordante, sulla possibilità di stornare subito una quantità di spesa inutile, improduttiva e certamente non vitale dal bilancio statale, parliamo di decine di miliardi che tolti al superfluo e usati altrove offrirebbero un tesoretto di risorse nuove. Pensiamo ai 10,12 miliardi l’anno di bonus elettorali, 100 euro in meno a chi è al sicuro del posto e del mensile, per un periodo limitato non sarebbero un guaio esagerato, pensiamo ai 5 miliardi del cuneo che in questa fase è marginale rispetto all’esigenza generale, pensiamo agli F-35.

Pensiamo agli stipendi dei manager, dei super dirigenti, degli alti burocrati, dei vertici di enti ed organismi pubblici, degli amministratori di partecipate, municipalizzate, ai commissari, ai presidenti agli apici dei dipartimenti, insomma a chi prende molte centinaia di migliaia di euro l’anno. Pensiamo alla politica, alle istituzioni, nazionali, regionali, europee, che pesano costi enormi, basterebbe guardare agli appannaggi dei parlamentari nel complesso, per non dire delle strutture di supporto, parliamo di tanto che potrebbe essere ridotto per un tempo programmato.

Del resto chiamare i cittadini ai sacrifici, alle limitazioni, il segmento produttivo ad una rinuncia senza precedenti, col rischio di chiusure e fallimenti, senza offrire in cambio la partecipazione dell’apparto che gli pesa addosso e che spesso gli torna indietro patimenti, sembra il minimo sindacale. Per non parlare dell’esempio che in certi frangenti è più importante delle cifre, che comunque sarebbero imponenti considerata la difficoltà che abbiamo a reperirne in dosi sufficienti.

Eppure non se ne parla, si guarda altrove, si aspetta l’Europa col piattino in mano, si pensa a interventi limitati e successivi, di spaccare il soldo in due, per dosi, mentre si continuano a spendere ogni mese le cifre che sappiamo, col rischio di una divaricazione sociale da rivolta. Qui non si tratta di polemizzare ma di studiare una strategia d’intervento per l’economia, che sia imponente, immediata, senza i mille distinguo della burocrazia e reperibile oltreché sul mercato, col debito aumentato, attraverso l’ottimizzazione della spesa pubblica che vale decine di miliardi.

Si tratta di impiegare al meglio ogni risorsa per dirottarla dove manca e dove serve per evitare il peggio, si tratta di farlo senza vincoli d’accesso almeno adesso, perché di fronte a un’emergenza così grande non si può andare per il sottile appresso alle difficoltà d’ingresso. Ecco perché serve impiegare tutto l’armamentario a disposizione a partire dal fisco che non va solo ritardato ma tagliato in proporzione senza esitazione, trasferire al dopo è sbagliato perché tra qualche mese arriverebbe comunque al collo dell’imbuto e saremmo punto e a capo.

Quali tasse potranno pagare a settembre o quando sia, le aziende, i commercianti, le partite Iva, gli autonomi, chi produce reddito, gli artigiani se sono stati, fermi, inoperosi, inattivi, obbligati per decreto alla clausura, suvvia. Per questo torniamo a Mario Draghi, al tutto ciò che serve, tutto ciò che si deve mettere in campo in ogni modo possibile e sensato, compresi i risparmi sulle spese superflue di Stato, basta esitazioni, lentezze e confusioni c’è di mezzo la sopravvivenza dell’economia e il futuro degli italiani.

Aggiornato il 03 aprile 2020 alle ore 15:48